di Alessandro Trevisani
(INCHIESTA, SECONDA PARTE – LEGGI LA PRIMA PUNTATA)
Lo chiamano “il resort dei russi”. Anche se da sabato scorso il progetto di resort a 5 stelle superior sul Burchio di Montarice ha un nome di battesimo: Gran Resort Porto Recanati. Glielo ha dato Lidya Karmalyuk, la 79 enne immobiliarista di San Francisco che della Coneroblu Srl, nata ad Ancona il 5 dicembre 2012, è in effetti la “madrina”, e dal 13 maggio scorso procuratore generale.
La signora, a Porto Recanati, dove vive a 100 passi dal portone del municipio, la chiamano “la russa”, anche se è un’ucraina naturalizzata americana dal 1984. Ma chi sono, se ci sono, e che storia hanno “i russi”, nell’affare che tra campagne mediatiche, gruppi Facebook e pressioni e avalli politici – soprattutto indirizzati al Sì – da 11 mesi fa girare la testa ai portorecanatesi e a metà Marche? Chi li porta da queste parti? Sono loro a metterci quei 70 milioni che mettono l’acquolina a chi sogna un lavoro al Burchio per sé o per i figli? O è qualcun altro? E in che consiste il business di un 5 stelle il cui hotel si affaccia sulla A14, tra una frana superficiale e una frana in scivolamento, secondo le carte geologiche nazionali?
Processo Ballena Blanca, alla sbarra per riciclaggio c’è, a destra, Irina Goulko, che sarà assolta in via definitiva
Vediamo. Coneroblu nasce come società che gestisce “terreni agricoli e non”, e inizia l’attività il 1 febbraio 2013. Due settimane dopo, il 16 febbraio, Coneroblu acquista da Proton Srl le 38 particelle che finiranno nell’accordo procedimentale del novembre successivo, e per cui il Consiglio Comunale voterà la variante che permetterebbe al Burchio di diventare l’eden del turismo di lusso in arrivo – e in crescita, almeno dalle parti di Rimini – dall’est Europa, con 78 mila metri cubi tra 40 villette, palazzo dei congressi, hotel 82 stanze, spa, centro fitness, piscina e 9 campi sportivi, più 17 ettari lasciati a verde. Ma partiamo dai “russi” che abbiamo già stabili in casa: socio di spicco in Coneroblu è Doniyor Bathtiyorovich Arifdjanov, che in realtà non è russo, bensì uzbeko, e risulta proprietario a metà della Srl con 1250 euro di capitale versato. 38 anni, capelli grigi, ha già concluso il 21 gennaio 2013 la sua carriera di presidente della prima banca commerciale dell’Uzbekistan, la Turon Bank, in crescita esponenziale come il Pil di questo Stato dittatoriale, al numero 168 su 177 stati nella classifica 2013 di Transparency International, che appartiene dal 1989 a Islam Karimov. Uno che si fa rispettare a forza di impiccagioni e massacri – come quello di Andijan nel 2005, quando migliaia di manifestanti contro la corruzione furono decimati a fucilate e inseguita fin dentro i confini kazaki – con un concetto dell’economia particolare: quando non manda i bimbi sopra i 6 anni a raccogliere cotone nei campi d’estate Karimov emana decreti che impongono la ricapitalizzazione delle banche. In una di queste occasioni Arifdjanov firma un aumento del capitale della Turon pari a 3 milioni 270 mila dollari, un “aiutino” della coerana KDB.
I PROMOTORI – Lidya Karmalyuc (procuratirce generale della Conera Blu), Luciano Pantanetti (legale della Conero Blu), Antonio Pettinari (presidente della Provincia di Macerata) e Rosalba Ubaldi (ex sindaco di Porto Recanati)
Per il poco di informazioni che si ricavano online traducendo dal cirillico, di Arifdjanov si dice che era un semplice impiegato della Turon, che si è poi imparentato con un membro del governo uzbeko, sposandone la figlia. In ogni caso scrive UzDaily.com che nel gennaio 2013 Arifdjanov si dimette di sua volontà da quella che per la rivista inglese The Banker è la prima banca del suo paese. Nove giorni dopo Coneroblu apre l’attività, ne passano altri 15 e incamera i 38 terreni del Burchio. A dicembre, tra la conferenza dei servizi che dà il disco verde alla variante e il consiglio comunale del 30 che vota il primo ok al resort, Arifdjanov fa un’altra mossa: da direttore molla la londinese Paladium Holding ltd, che mette insieme 12 immobili per 12 milioni e rotti nel quartiere chic di Knightsbridge. Coincidenze che non bastano per dire che Doniyor ha rotto il porcellino apposta per fare il Burchio, ma insomma, se vuole, proprio a mani vuote a Porto Recanati l’uzbeko non si presenta.
Ma in Coneroblu c’è pure Vladimir Galperin, 61 anni, che da visura camerale quand’è citato come comproprietario è cittadino olandese, mentre come amministratore risulta cittadino russo domiciliato a Mosca. Galperin è un aficionado dello shopping in corso Matteotti a Porto Recanati, ma pare che soggiorni a Sirolo, quando non compare in qualche riunione privata, o a casa della signora Karmalyuk, mai comunque negli incontri pubblici della Srl. In ogni caso con Lidya fa coppia da anni: sono insieme in Portogallo, dove sono soci in Orquideas Park Sl e in Dunas de Cabopino Beach Resort Sl, e in Spagna, dove per 10 giorni, nel gennaio 2011, sono amministratori in solido in Terra Nucia Sl, un’altra immobiliare che ha sede a La Nucia, la cittadina a 7 km da Benidorm che Karmalyuk cita ad aprile come sede della sua più riuscita impresa turistica. “La Nucia” è pure il nome che l’avvocato-assessore Luciano Pantanetti scrive in un biglietto, alla fine dell’incontro al Mondial, a un portorecanatese curioso di saperne di più.
Ad ogni modo in Terra Nucia Karmalyuk rimane come amministratore unico da quel gennaio 2011 al 18 ottobre 2013, per poi “mollarla” a Josè Miguel Mestre Palacio, un jolly che ad oggi conta 51 incarichi diversi in 29 diverse imprese agricole, immobiliari e turistiche. Così come da anni Karmalyuk non è più amministratrice delle immobiliari Manilva Beach Resort, Woodacre Investments e Manilva Royal Highs. Le ultime due sono citate nella sentenza di cassazione penale spagnola del 5 dicembre 2012 (giorno in cui per coincidenza nasce Coneroblu), andata in giudicato il 20 novembre 2013 (giorno in cui Coneroblu propone la variante), perché con l’una e per l’altra ha lavorato, scrive il giudice Antonio del Moral Garcìa, Irina Goulko, l’oggi 48 enne manager russa (lei sì) che nel processo-monstre sul riciclaggio in Costa del Sol, denominato Ballena Blanca, viene assolta da ogni accusa, qui per la seconda volta e definitiva.
Delle realizzazioni di Galperin e Karmalyuk in giro per il mondo, in realtà, nonostante le nostre ripetute e mal sopportate richieste, a Porto Recanati non è mai giunta una cartolina, anche se alcuni bagnini raccontano con convinzione che il costruttore che offriva 5 milioni in scogliere pur di vedere approvato il Burchio sarebbe stato condotto in visita guidata a un bellissimo resort a Madrid. Del resto il voluminoso plico di oltre 200 pagine in russo e in inglese, mostrato dall’ex sindaco Rosalba Ubaldi al consiglio comunale del 30 dicembre 2013, è diventato un report di 40 pagine, se non altro in italiano, che il 16 aprile scorso l’allora primo cittadino consegnò ai consiglieri dell’opposizione tenendoli per iscritto al “rispetto pieno della privacy”. Ma ci conferma uno dei destinatari: “Lì dentro non c’è nulla di più del poco che si sa, se non un progettone di resort 5 stelle in Andalusia, pronto e abbandonato, perché, scrivono gli stessi investitori, furono avvertiti dell’incombere della crisi del credito”. Il che è confermato dalla stessa Karmalyuk nella conferenza stampa del 3 aprile scorso, con un dettaglio in più: prima della crisi erano pronte da fare 1600 villette.
Via del Burchio si dirama da via Montarice direzione sud est. Dall’incrocio si vedono la fermata del bus e il Conero
Ma poi, nel romanzo del Burchio, non è detto che i “russi” siano i protagonisti. Anche perché giorni fa il Comitato No al Burchio ci avverte del fatto che “già nel 2008 è stato presentato un progetto dal nome ‘Parco del Burchio’, che prevedeva la realizzazione di 80 ville e nessun albergo”. E in in Comune c’è proprio un faldone con queste caratteristiche, commissionato da quella Proton Srl che 5 anni dopo venderà i terreni ai “russi”, e firmato dall’architetto Giancarlo Biagioli, ex assessore margheritino all’Urbanistica del Comune di Recanati, lo stesso che oggi funge da portavoce e contractor per la Coneroblu Srl. Ancora Biagioli spende belle parole per il nuovo progetto aggiornato e il marciapiede delle polemiche, che ha occupato un frustolo di suolo di Opere Laiche, e che in preventivo costa oltre 480 mila euro, ma è incompleto in una miriade di aspetti, dall’illuminazione a led ai pali di iGuzzini, che sarebbero 64 invece dei 78 previsti, e quindi, in caso di No e successivo indennizzo pagato dal Comune alla ditta, sarebbe fortemente da scontare.
Ma restiamo al 2008 e concentriamoci su Proton. Da visure camerali è una immobiliare che ha 6 proprietari, dove il più ricco di tutti, col 50%, è la Mare, Srl anconetana fondata nell’autunno 2005, che ad ottobre 2010 trova questo assetto: 2% Vladimir Galperin, 98% Delta Properties. E indovinate chi c’è tra i consiglieri? Lidya Karmalyuk, nominata nell’ottobre 2012. Quindi i “russi” entrano in scena 4 anni fa. E la Delta che cos’è? È una Private limited company, nasce anche lei a fine 2005, a Southend on Sea, città costiera dell’Essex, 160 mila abitanti a un’ora di macchina da Londra. La dirige il signor Leslie Hugh Lesser, 80 anni, e la segretaria è la signora Joyce Clara Lesser, 78 anni. Entrambi risiedono a Southend. Come dire, metà Burchio, fino al 2013, era in gestione a una coppia di canuti vegliardi degni di un Dylan Dog di ambientazione marittima. E l’altra metà del tesoro? Ci sono ancora cinque nomi. 6% ciascuno per Sauro Di Nardo e Nadia Duchi. Ma anche 8% per Claudia Petrini e 2% per Pierluca Milletti: la prima ricorre in quasi tutti i CdA di queste società, il secondo, che è un commercialista di Poggio San Marcello, fornisce loro la PEC e riveste qualche incarico. Ma Milletti è presente in 7 diversi CdA (tra cui Edil Cemil) ed è revisore dei conti in 9 tra enti e aziende. È anche presidente di Aequa Srl, società anconetana di mediazione che fa incontrare le parti di processi civili e commerciali, che collabora con Sole 24 Ore e Ministero della Giustizia e ha 60 mila euro di capitale versato. Rimane un nome: la Collina Srl, che ha il 28% di Proton Srl, cioè il 28% dei terreni poi venduti alla Coneroblu. La Collina appartiene per metà a società gestite dai soliti Milletti e Petrini, e per l’altra metà a Cristina Vergari, che è la moglie di Arturo Maresca, il costruttore originario di Castelfidardo, che lunedì ha diffidato il Comune dal bocciare il progetto del resort, in quanto comproprietario, con la prima moglie Madiva Buldorini, di 0,25 ettari sul Burchio. Un fazzoletto di terra che Maresca ha venduto a Coneroblu a condizione che passi, entro il 2015, la delibera di variante che Sabrina Montali sta facendo annullare.
Arturo Maresca ha posseduto in proprio fino al 1986 i terreni del Burchio, e si proclama regista dell’operazione immobiliare del resort 5 stelle
Ma è tutto qui l’interesse di Maresca sul Burchio, vendere una superficie equivalente a una trentina di trilocali? No, perché la Collina Srl, quindi Cristina Vergari in Maresca, firma, nel fatidico febbraio 2013, un contratto di permuta di cosa futura con Coneroblu. Cioè cede 10 terreni e 7 fabbricati, tra cui la chiesetta del Burchio, in cambio della proprietà di un “pezzo” di resort, del valore di 1 milione 950 mila euro. Insomma, il fidardense Maresca, che tra l’altro risiede proprio a Montarice, al Burchio ci tiene e ben più che per quel fazzoletto. Così come ci tengono con tutte le forze gli avventori di ripetute cene al ristorante, tra cui Lidya Karmalyuk e l’avvocato fidardense Giovanni Ballone Burini, specialista in real estate con master a Londra e uffici in Brasile e nel Regno Unito. E con Ballone, anche lui come Pantanetti legale della Coneroblu, siamo alla terza coincidenza britannica: che vorrà dire? Forse niente; l’Inghilterra è terra di affari, può capitarci un uzbeko, un marchigiano, un pezzo di Burchio in libera uscita.
Rimane da capire chi ci mette i soldi, quelli grossi. Arifdjanov? Può darsi, ma com’è arrivato al Burchio? Se “dopo” vuol dire “sicché” lo avranno contattato i soliti “russi”. Ma l’affare qual è? Con le frane a macchiare di arancione e giallo le cartografie digitali del Pai, col boato dei tir sulla A14 a portata di orecchio dal sito dell’hotel, col crollo del rublo che potrebbe togliere un po’ di passione per i viaggi anche ai nababbi moscoviti. Con 70 milioni da mettere sul tavolo per una struttura da tenere aperta, in questo contesto, 12 mesi e 24 ore su 24. Una cosa è certa: Maresca c’era nel 2008 e c’è oggi, in questo affare. Prendiamo una particella a caso, sul Burchio, la 41 del foglio 15: nell’81 è di Maresca, dall’86 della Collina del Burchio Srl, dal 2005 è della Proton e dal 2013 è Coneroblu. E poi. Maresca ha due figli a San Francisco, tra cui Angelo, cineasta che ha sposato Debora Caprioglio. Anche Lidya Karmalyuk risiede a San Francisco, e del resto già lo scorso dicembre, in un’intervista, Maresca si proclamava “regista” dell’operazione resort, cioè colui che ha fatto incontrare i soci. E oltre due anni fa un personaggio noto dello sport portorecanatese lo vide, Maresca, ai tavolini del Deep Blue, al Borgo Marinaro, proprio con la Karmalyuk. La quale scolora e diventa irascibile, solo a sentirlo nominare, con una domanda, in conferenza stampa. E poi, 3 giorni fa, arriva la diffida al Comune. Per 22 are. Come per dire: guardate che ci sono anch’io. E are o centiare che siano mi basta farvelo sapere. Senza troppo togliere la scena ai “russi”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati