di Maria Stefania Gelsomini
Difficile quest’anno tracciare un bilancio della stagione lirica appena conclusa, una stagione fatta di luci e ombre, sospesa tra i risultati conseguiti (innegabili) e l’attesa di riconferme vitali per la sua sopravvivenza. Un paio di settimane soltanto dallo spegnersi delle ultime note all’interno dell’arena Sferisterio, ma sembra già trascorsa un’eternità. Difficile, perché in realtà questa stagione non si è conclusa del tutto, portandosi dietro gli inevitabili, odiosi e preoccupanti strascichi dell’incertezza. Non è ancora tempo di archiviare questa annata di passaggio, non è consentito andare avanti a spron battuto con la programmazione per il 2016, la quale già risulta misteriosamente monca di una delle tre opere svelate qualche tempo fa: sembrano sicure Otello e Norma, mentre Carmen risulta al momento dispersa tra Siviglia e la Sinigaglia (che non è una regione spagnola ma la regista dell’edizione 2012 che si doveva riproporre il prossimo anno).
L’impressione è quella di una relativa quiete dopo la tempesta annunciata e ora, nella fase del “chiuso per ferie”, anche le voci, le polemiche e le reazioni seguite alla ferale notizia del taglio ministeriale dei finanziamenti da parte del Fondo Unico per lo Spettacolo si sono sopite in attesa di riesplodere al ritorno dalle vacanze. Col dovuto beneficio del dubbio, perché con i maceratesi non si sa mai. Non è che siano state poi così veementi le proteste in città, a parte il grido d’allarme lanciato dal direttore artistico del Mof Francesco Micheli in anticipo rispetto all’annuncio che avrebbe confermato i suddetti tagli (quasi 100 mila euro), e a parte le dichiarazioni a caldo del sindaco di Macerata Romano Carancini.
Ha tuonato, e giustamente, Micheli, che vede mortificati gli sforzi titanici fatti negli ultimi quattro anni per risanare il bilancio e far quadrare i conti, e che ha minacciato sulle prime di rinunciare all’organizzazione della prossima stagione lirica in mancanza delle condizioni economiche necessarie (leggi l’articolo), per poi tornare sui suoi passi e promettere dura battaglia contro questa eventualità. È intervenuto, doverosamente, Carancini, facendo appello alla Regione Marche e ai parlamentari nostrani affinché difendano a Roma un patrimonio definito inestimabile, e annunciando la possibilità di un ricorso contro la decisione del Fus. La deputata Pd Irene Manzi, chiamata in causa, ha subito assicurato il suo interessamento e il suo impegno. Per il resto, silenzio assordante da parte di tutto il circo politico locale, di sinistra, di destra, di centro, di qualsiasi direzione e qualsivoglia colore. Gli unici rappresentanti della politica cittadina a far sentire la loro voce, così pochi da potersi contare sulle dita di una sola mano, lo hanno fatto stuzzicandosi a distanza sui social network, non offrendo nulla di meglio che un infuocato battibecco fra melomani più o meno consumati. Colpa del sole d’agosto, chissà.
E gli altri esponenti della maggioranza, e quelli dell’opposizione dove sono finiti, tutti in vacanza? L’amministrazione comunale in carica non può essere lasciata sola in questa faticosa azione di salvataggio, sarebbe scandaloso. L’affare Sferisterio è un affare che interessa la città intera, nessuno escluso, e che senza il sostegno di tutte le forze politiche e di tutti i maceratesi può essere condannato a una fine prematura. In questo clima infuocato ma non troppo, Micheli ha pensato bene di affondare il colpo, e per difendere il suo operato ha tirato in ballo gli sprechi del passato puntando il dito contro il sistema italiano degli anni Novanta, reo di aver favorito, a suo dire, tangenti e furti (leggi l’articolo). Accuse gravissime, apriti cielo! Apriti cielo? Mica poi tanto. Gli unici a rispondere, carichi di indignazione, sono stati l’attuale consigliere comunale Pd Paolo Micozzi e l’ex assessore comunale Luigino Craia. Ma a parte questi sparuti interventi, silenzio di tomba. Il pericolo però non è passato, solo accantonato. Lo sanno bene i lavoratori dello Sferisterio, tecnici e operai, che hanno espresso una forte preoccupazione per la mancanza di coperture economiche che potrebbe compromettere la loro già precaria e sacrificata posizione.
Le risorse pubbliche ridotte all’osso, che impongono budget risicatissimi, non consentono di invitare sul palco dello Sferisterio i grandi nomi della lirica, le grandi voci, quelle che da sole bastano a ripagarsi il biglietto, quelle che con un acuto fanno dimenticare una scenografia insignificante e costumi poveri ma non belli, che fanno perdonare una regia priva di idee. Già quest’anno si sono fatti miracoli, impossibile negarlo. Le critiche si possono fare, sono opportune a volte, certamente anche salutari se costruttive e circostanziate, ma possono e devono essere fatte sulle scelte registiche, su un allestimento che può o non può piacere, su un interprete che può essere fuori ruolo, che può risultare troppo acerbo o fuori forma. Ma mai si potrà dire che con quel budget a disposizione si poteva fare di più. Non si poteva fare di più, magari qualcosa si poteva fare diversamente, ma non di più. Non c’è niente di più sbagliato che confondere il giudizio estetico e stilistico con l’utilizzo più o meno corretto delle (scarse) risorse a disposizione. Da questo punto di vista la gestione Micheli è inequivocabilmente virtuosa e bisogna dargliene atto.
Un esempio lampante la stagione di quest’anno: ottimi incassi, teatro sempre pieno (il che non è un fatto scontato in questo momento in Italia, anzi) per tre titoli ultra popolari ma, d’altro canto, una qualità generale senza infamia e senza lode, con qualche raro picco qua e là (vedi la soprano Anna Pirozzi, vedi il collaudato e premiato allestimento della Bohème di Leo Muscato), ma tutto il resto forse ce lo siamo già dimenticato. Di memorabile, nulla. E comunque, nemmeno il rigore nella gestione dei bilanci e la sperimentazione sono bastati, a giudicare dai parametri di conferimento dei fondi adottati dal ministero (dimensione quantitativa, qualità indicizzata e qualità artistica), che non permettono alla nostra arena di restare nel “primo gruppo” e quindi di accedere a finanziamenti più elevati, nonostante abbia un punteggio superiore per qualità artistica ai teatri che ne fanno parte.
Perciò questa città dovrebbe svegliarsi, e mobilitarsi in massa per difendere a oltranza la sua risorsa turistica e culturale più preziosa. E invece niente, nessuno si fa sentire. Se il Comune promuovesse un sondaggio per conoscere l’opinione dei maceratesi sull’opportunità o meno di tenere in vita la stagione lirica, Carancini, Micheli e ilCdA dell’Associazione Sferisterio avrebbero probabilmente delle brutte sorprese. Sono numerosi coloro che non amano la lirica in questa città e che suggeriscono ogni anno di chiudere baracca e burattini, senza comprendere l’importanza di un tale monumento e le opportunità che potrebbe offrire per lo sviluppo della città, come ritorno d’immagine e come creazione di posti di lavoro. Preferirebbero fermare per sempre quello che considerano uno svago per pochi, un inutile baraccone che succhia risorse alla città sottraendole a necessità (secondo loro) più concrete e impellenti. Ce ne sono troppi di questi maceratesi, a tutti i livelli, sociali e culturali, ed è anche contro questa mentalità che bisogna lavorare per il futuro.
E puntare di più sul glamour, sulla presenza alle serate di ospiti famosi, sui nomi da copertina: manca da qualche anno la cornice mondana che tanto ha fatto parlare di sé nelle stagioni d’oro dello Sferisterio e che ridarebbe smalto a stagioni improntate a un soporifero low profile. Una considerazione infine sulla Notte dell’opera: sarà pure stato il Rinascimento per una notte a Macerata, come ha dichiarato Micheli (leggi l’articolo), ma il rinascimento sarebbe auspicabile prima dentro l’arena, e poi magari anche fuori. La musica ha avuto più spazio quest’anno, dopo il bagno di autocritica fatto rispetto alle edizioni precedenti, ma anche stavolta il fumo della carne arrosto si è insinuato inarrestabile tra le vie della città inondandole senza pietà. Non c’è scampo, la Notte dell’opera non riesce ancora a scrollarsi di dosso la veste di Notte dell’opera-zione magna magna che la ricopre: urge restyling, o uno spostamento nel periodo più consono di Carnevale, così magari si destagionalizza anche la lirica, hai visto mai? La cinquantaduesima stagione si farà o non si farà? A settembre ne sapremo di più, e ci arriveremo con un’unica certezza: la speranza di salvezza sono gli sponsor privati. È aperta la caccia.
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Maria Stefania Gelsomini centra il bersaglio ha ragione in pieno; e non è solo questione di MOF e lirica.
Se fai l’accesso a determinati fondi e sbagli domanda (oppure, peggio, non presenti proprio domanda), i fondi NON vengono tagliati, ma non vengono proprio erogati….
Fermo restando che condivido il calore dell’articolo della Gelsomini nel suo richiamo ai maceratesi perché si Interessino delle sorti presenti e future del proprio Teatro Lirico ( e come non potrei, per chi dimentica presto e facilmente):
https://www.cronachemaceratesi.it/2011/10/08/datemi-lo-sferisterio-e-lo-faro-rinascere/109115/; https://www.cronachemaceratesi.it/2011/11/13/lo-sferisterio-e-il-tempo-delle-cattedrali/120633/
e di massima anche il colore , specialmente in alcuni passaggi finali , voglio però aggiungere ulteriori riflessioni. La prima e più urgente. Leggo che nel prossimo cartellone si danno per certe due opere, Otello e Norma, mentre resta in forse la Carmen. Ma come è possibile se, in una recente intervista, Francesco Micheli afferma che per legge ministeriale i titoli in programma devono essere tre? La seconda, sempre in ordine di priorità. C’è qualcosa che non torna nei numeri. Sempre per affermazione di Micheli, infatti, di anno in anno è cresciuto il pubblico dell’arena , gli sponsor, e le esportazioni delle sue sperimentazioni registico-teatrali, mentre tutti i costi sono stati tenuti sotto soglia, come per i cantanti che , dice, vengono a cachet dimezzato, poco più di un gettone di presenza; se a tutto questo si aggiunge che , il biglietto costa tanto quanto altri teatri lirici di maggior prestigio e offerta qualitativa in tutti i sensi, e che nella stagione Micheli su tre opere in cartellone una viene sempre riproposta ( a partire dal 2011 con Traviata degli specchi, poi ancora Traviata nel 2014, poi Bohemè quest’anno, poi ancora Carmen prossimo anno) con notevole risparmio sulle scenografie affidate all’Accademia locale, date le proporzioni dell’ Arena, e fatti i debiti rapporti con altre realtà che offrono lirica, i 100 mila euro tagliati dal Ministero non dovrebbero affatto rappresentare un ostacolo tale da mettere a rischio la prossima stagione operistica.
Ma il problema è un altro ed è a monte, e non lo dico ora, lo sostenevo da subito e lo porto avanti da anni. Il problema è, che c’è un vizio d’origine, un peccato originale, che adesso comincia a farsi sentire, ed è quello che Francesco Micheli è stato caricato di una doppia veste: di Direttore Artistico del Teatro Lirico e contemporaneamente di promotore dello Sferisterio in tutte le sue sfaccettature e ricadute sulla città in cui esso sorge. Cosa quanto mai sbagliata da ogni punto di vista. Sarebbe come se nel commerciale , chi si occupa di produzione allo stesso tempo farebbe l’addetto alle vendite e si occuasse anche di pubblicità e marketing.
In un’impresa individuale, certo, di necessità virtù, ma in un’azienda strutturata va fatta una divisione di ruoli in cui ognuno fa il suo e gestisce il suo budget. Poniamo il caso che Micheli fosse stato solo direttore artistico dello Sferisterio, affiancato da un’altra figura addetta alla promozione e che con lui avrebbe agito nella stessa direzione: oggi, chi verrebbe penalizzato dai tagli ministeriali nelle sue spese esterne alla lirica in quanto spettacolo lirico dentro lo Sferisterio? Facile la risposta. E’ quanto avviene in ogni azienda che si rispetti: quando ha problemi di liquidità, prima di toccare la produzione va in cerca di forniture più economiche, riduce le spese pubblicitarie e marketing, non va alle fiere di settore, ma cerca di risparmiare il possibile facendo leva su ogni fonte di risparmio, procedendo contemporaneamente nella ricerca di nuove soluzioni creative e nuovi sbocchi di mercato. Per questo, alla domanda precedentemente posta su questo giornale: pro o contro Micheli? Dipende, è la mia risposta: quale Micheli? Micheli in quanto D. A. dello Sferisterio o il Micheli a tutto campo , mattatore, animatore, divulgatore, promotore a tutto campo, come il” factotum della città”? Al primo, darei un punteggio piuttosto basso e risicato; al secondo il massimo dei voti, ma con le riserve del caso, oOvvero, di chi è arrivato qui senza infamia e senza lode,e che ha trovato la sua America, prima col capire il carattere dei maceratesi provinciali a prescindere, poi conoscendo per primo ciauscolo , trattorie locali e freqentando poi la cerchia politica locale che conta. . Furbo lui, un pò cojoncelli voi maceratesi. E allora, per stare nel concreto, Micheli prima di fare il suo pianto greco, dovrebbe dire pubblicamente quanto spende per la Notte dell’Opera, evento del tutto estraneo a quanto deve accadere sul palcoscenico. Dire cioè , quanto si spende per mantenere il giro sulla giostra per stare nella critica favorevole di giornalisti , scrittori e filosofi di area di sinistra che intervengono agli aperitivi culturali; dire quanto costa mantenere tutto quel mondo che gira intorno al luna park della “ cultura”di sinistra e maceratese. Dire infine, perché negli ultimi due anni, contravvenendo a quanto previsto per legge “ Decreto cultura-valore” , l’orchestra FORM viene assoldata senza dovuto bando di gara. Chissà che risparmiando 10.000 euro qui, 10.000 là, non si riesca a fare, almeno, quanto fatto finora? E poi idee, Micheli, servono idee nuove!
Anche in questo articolo le foto parlano da sole. Se poi fate sempre gli stessi film, che soldi andate cercando. Tanto alla fine a rimetterci sono i lavoratori manuali. I cantanti, in qualche piazza un ingaggio lo trovano sempre così l’orchestra e il direttore artistico potrebbe andare a fare il Pi erre per qualche discoteca. Provatevi ad immaginare il grande Pavarotti che fa Rodolfo in questo replay della Boheme o il Duca-boss-ultrà nel Rigoletto. E già si parla di replicare Carmen. Ma andate al cinema e ricordatevi che un costosissimo vestito da sera non sempre fa il monaco cioè il melomane.
Anche se in ritardo, causato da una lunga meditazione se esternare o non il mio pensiero, mi sia concesso di dirlo, in breve.
Concordo con quanto detto dalla Gelsomini e dalla Moroni: lo Sferisterio è l’unica risorsa di valore che Macerata ha e che Macerata deve difendere. Scomparso lo Sferisterio, Macerata scomparirebbe dal corollario delle belle città italiane che offrono cultura, spettacolo ed arte.
Ed è giusto dire che bisogna salvare questo teatro unico nel suo genere, è doveroso ricordarlo ai maceratesi che, al termine della stagione lirica, tornano nel loro limbo di indifferenza e di apatia come è nel loro DNA.
Ma come salvare lo Sferisterio?
Dopo aver vissuto ed operato nel campo dello spettacolo, io ho la mia ricetta ed è questa:
i maceratesi, tutti, mettano la mano in tasca e creino un fondo che consenta all’ente lirico di proseguire la sua attività, in sicurezza. Basterebbero 10 euro per ogni abitante.
Quale sarà la figura giuridica che dovrà scaturirne, si potrà facilmente arrivarci.
E’ vano sperare nella Provvidenza Divina.
Ho detto la mia in modo forse troppo semplice.
Attendo gli insulti.