Lo Sferisterio e il tempo delle cattedrali

L'INTERVENTO - O si percepisce il nostro teatro come una ricchezza , una fonte di reddito collettiva e lo si tratta come tale, oppure meglio desistere dal trovare invenzioni del momento, utili solo a trascinare tutti verso una prospettiva destinata più a distanziare il problema, che portarlo a soluzione
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sferisterio-veduta-dallaltodi Tamara Moroni *

Siamo a metà novembre, è ancora stallo sulla scacchiera  Sferisterio.

Nulla di fatto per la prossima Stagione lirica, mentre il ritardo organizzativo si accumula inesorabilmente: niente Direttore Artistico, solo echi ogni tanto sui papabili e sulle possibili rappresentazioni – ma niente di ufficiale, voci di corridoio – il lavoro ai vertici  della Provincia  ancora in fase liquida sulle nomine del CdA e l’entità dello stanziamento , in  stato di abbandono i lavoratori  dello  Sferisterio.  Di certo finora, c’è soltanto che sarà una Stagione ponte, chi l’abbia decisa non si sa, dove porti ancora meno, e che noi dalla quarta parete, a sipario socchiuso sull’Arena , siamo spettatori involontari di un balletto  tra  le étoiles di prima fila : Pambianchi – Pasqualetti, Carancini – Pettinari, con Pas de deux, Pasqualetti- Corsalini e Grand  pas de deux,   Maulo-Pasqualetti.

Allora come spettatrice attenta, sento  la necessità di intervenire nuovamente (leggi la precdente richiesta) sulla scena del dibattito che si sta sviluppando intorno allo  Sferisterio e la piega che sta prendendo, per dire  ad alta voce anzitutto:

Quale  fare sistema, quale circuito dei  Teatri Lirici, quale Umanesimo,  va sostenendo la  classe politica locale dell’asse Macerata- Ancona, per il futuro della Stagione Lirica ?

Di  che coesione sociale si parla, in quale ambito di  tessuto sociale andrebbe ordita questa trama?   E di quale rete regionale,se ad oggi non si è stati capaci di fare sistema entro i contorni della città stessa, una città di 45.000 abitanti, che tolti i bambini, si avvicina alla lirica  , sì e no,  un trentesimo  della  popolazione? Senza contare il mancato , dovuto coinvolgimento a città e paesi limitrofi. E poi trovatemi per  tutta Macerata, dal centro alle periferie, un locale pubblico, bar o ristorante,  pub o pizzeria, gelateria  o pasticceria,  che offra un aperitivo, una pizza, un piatto, una torta, un gelato, un cappuccino, un caffè,   dedicati allo Sferisterio. Trovatemi un  critico musicale esperto di lirica, nato e cresciuto entro il nostro anfiteatro.  Ma che dico! Trovatemi una riproduzione seriale o artigianale, un gadget, un  adesivo, in vendita  da qualche parte, che raffiguri  il monumento più rappresentativo di Macerata, un’opportunità, che se in mano all’ultima di una qualsiasi altra  città italiana o estera , ne avrebbe fatto motivo di vanto ,  perno di commercio  e turismo.

Ogni  maceratese, dovrebbe andare in giro col  cappello in testa  a forma di Sferisterio e invece la stragrande maggioranza della popolazione, non lo avverte  come un qualcosa di utile e prezioso.   Cosa c’è che non va a Macerata  allora, lo Sferisterio, come certi politici vogliono far credere, elencando solo gli aspetti negativi legati a un dissesto economico più generale e quelli più deleteri dovuti solo a loro , per la pessima conduzione  che ne hanno fatto ? No, certo che no. Quello non è che pietra su pietra, come il Colosseo  o l’Arco di Trionfo o casa mia, se la struttura non viene valorizzata come merita. Quel che non va, è che  c’è in tutta evidenza, un sempre maggiore  scollamento tra  l’elite politica che gestisce  ogni  settore  pubblico, compresa “la cultura” e  le aspettative da parte dei rappresentati, la società civile; C’è, che non si è saputo , o voluto, trasmettere a tutta la cittadinanza, quel senso di condivisione   e orgoglio nel possedere un tale patrimonio; C’è, che la cattiva politica , con tutto anche il surplus di litigiosità da saloon, dopo averlo massacrato a morte , tenta ora  di trascinare fuori del locale il moribondo; C’è , che  finito lo sfruttamento della miniera d’oro per i pochi addetti ai lavori , secondo loro,  ora andrebbe chiusa. C’è  però sopra ogni cosa, e questo lo voglio urlare, no dire, che lo Sferisterio  non è stato mai abbastanza “ divulgato” ai maceratesi, in nessun senso, né per quanto rappresenta a livello di arricchimento culturale, né materiale e quindi la miniera , che ha ancora tutto da dare, va lasciata aperta,  di più, spalancata su Macerata.

Volete per una volta,  politici, addetti ai lavori,  invece di parlarvi addosso, ascoltare finalmente  le cose che  sanno parlare, raccogliere il  messaggio che da queste ci viene dal passato? Guardate  lo Sferisterio.

Non è un caso che  il Monumento – donato alla città da quei 100 consorti nei primi  ‘800 ,- sorga a ridosso  delle Mura, si intersechi  quasi con esse, si faccia tramite, cerniera, fra la parte antica dell’urbe e il suo sviluppo verso l’ esterno, in  perenne   bilico con la   sua struttura possente, tra vecchio e nuovo, tra un dentro e un fuori  il tessuto  urbano; Non è un caso ,  perché quel suo essere lì e non altrove dislocato o diversamente posizionato,  dovrebbe suggerire  anche il senso della sua funzione  sociale,  quella  cioè di un cantiere aperto intergenerazionale, sempre in equilibrio fra tradizione e innovazione,   dove l’impronta della sua specificità, deriva di volta in volta dal susseguirsi dei periodi storici , che portano inevitabilmente cambiamenti di gusto, moda, costume, come in effetti è avvenuto dal suo nascere, per la  sua versatilità, ecletticità di spazio pubblico. Non è una pecca quindi, come generalmente viene vissuta,  quella della  mancanza di una precisa connotazione  per la sua fruizione , ma una sua caratteristica connaturata, fisiologica, la sua virtù originale.

Se questo dunque, cara politica, dev’essere un tempo nuovo per la  Struttura, dopo la   gestione da rottamare  degli ultimi anni  e  data la  crisi economica più generale, non è il momento, né dei campanili, né tantomeno però delle Signorie,  per andare all’inseguimento di   forze centripete che spingono  nella direzione di un’ ulteriore stato di assistenzialismo e politicizzazione  a livello scala più ampia, regionale, ma quello  delle Cattedrali, della valorizzazione  assoluta  cioè entro una data comunità,   dei propri beni comuni , in competizione spinta con altre realtà prossime o meno, così come   ogni città medievale,  col concorso di più generazioni  erigeva la sua cattedrale perché fosse più bella e più alta fra quelle delle città limitrofe , tale da superarle tutte  per   attrarre a sé più pellegrini possibili  da ogni parte , generando allo stesso tempo nuovi indotti, nuove maestranze, nuove tecniche, nuove ricerche di materie prime, più benessere economico diffuso dunque, tra i membri della sua collettività.

“ Le Cattedrali non furono soltanto opera di costruzione di pochi precursori architettonici

e di un ristretto gruppo di operai specializzati. Al contrario, furono il risultato di un

concorso popolare molto ampio. La città concentrò  i suoi uomini ed i suoi mezzi per

un’opera che era, sì, di fede, ma soprattutto di bellezza e di prestigio. “

Stelio W, Wenceslao, “ Le cattedrali gotiche,   libri di pietra. verso il cielo”.

Da questa mia prospettiva, stante anche i suoi prodighi natali, non temo definire lo Sferisterio una cattedrale laica. Le stesse cattedrali medievali, d’altronde, oltre ad essere luoghi di preghiera, erano viceversa spazi aperti alla vita sociale, vi si svolgevano mercati, fiere, transazioni economiche, pubblici  convegni, rappresentavano riparo per i derelitti , rifugio sicuro  per i   perseguitati:   comunque punto di riferimento per la città.

E allora questa è per me, la vera scelta coraggiosa che la politica locale è chiamata a fare oggi, porre lo Sferisterio al centro degli interessi di Macerata nel suo ruolo di fabbrica culturale, non quella di seguire le vie facili , come sospendere una o più Stagioni liriche o fare di questa prossima  una Stagione ponte,   per traghettarla poi  verso altri lidi.

Attuare una di queste due scelte , significherebbe tout court, deresponsabilizzazione  da parte delle amministrazioni locali, Comune e Provincia, e ancora una volta esternalizzazione, appalto esterno di un servizio, con l’aggravante che in questo caso si tratta   di  un bene che ha un carattere suo tutto unico sul nostro territorio, mentre il buon senso, una certa sensibilità nel  cogliere lo spirito dei tempi,  indicano  che  è arrivato il momento di riappropriarsi  pienamente di quanto si ha in dotazione per muovere  economia locale.

I nostri amministratori, dovrebbero quindi approfittare adesso, subito , chiusi i rubinetti che perdono, di  investire quei  finanziamenti pubblici che in questo momento di grave crisi  riescono a rastrellare , per  avviare un piano di rilancio graduale della struttura, secondo un’ottica di gestione privata, quindi più manageriale,    per stare sul mercato in regime di concorrenza qualitativa con gli altri Teatri , andare alla ricerca di nuovi sbocchi, target,  finanziatori privati interessati ad accostare il loro brand all’Arena.

Come ho già avuto modo di esprimere qui occasionalmente nei commenti, e anche come scritto direttamente al Sindaco Carancini, a questo fine e anche per superare  i limiti fisici del teatro, i 3000 posti,   insisto  su questo punto nel  dire che oggi,  l’unica rete a cui ci si dovrebbe affidare con fiducia è il Web, Internet, non solo per fare promozione in generale, ma per  andare in diretta streaming con le serate, cosa che  darebbe la possibilità di moltiplicare gli spettatori dell’Opera, o con la formula dei contenuti aperti e quindi puntando tutto sugli sponsor che godrebbero così di una più ampia visibilità rispetto a quella offerta fino ad oggi, oppure   dietro pagamento del  regolare prezzo del biglietto,  per assistere da ogni parte  d’Italia o del  mondo allo spettacolo trasmesso dallo Sferisterio. Ciò implica naturalmente, un livello di qualità artistica, tecnica, vocale, orchestrale, di regia, di costumi, di scene,  di riprese,  eccellenti e quindi  obbliga a puntare  su poche, ma con tutti i crismi, rappresentazioni liriche per questa Stagione.

E’ questa  la sfida che ci aspetta a partire dal presente, raccogliendo tutte le idee , energie, risorse  migliori intorno questo nostro bene.   Nessun volo pindarico, nessuna fuga in avanti è più consentita alla cieca, verso un altrove dai contorni indefiniti come può essere il vagheggiato circuito dei teatri lirici regionale, che a mio avviso  ,  fra  tre o quattro anni, aderendovi, costringerebbe a fare marcia indietro con  conseguenti cali d’immagine, già compromessa,  per lo Sferisterio .

Ritengo dunque inappropriato  per i tempi che viviamo,  il riferimento all’Umanesimo, che è stato fatto  da qualche politico sostenitore della necessità di  fare rete con altri teatri  marchigiani.  Basti pensare, che quando questo si sviluppa, siamo in periodo di  massimo splendore per le città italiane , la curva dell’economia è in  alto, si è in fase espansiva di mercato,  il nucleo organizzativo civico -politico ha  gambe robuste per poter allargare i suoi orizzonti territoriali.  Oggi no.  L’ordito sociale è sfilacciato, sfibrato, la società destrutturata alla base, perciò   prima di stabilire reti più complesse, dobbiamo ripartire dal legame minimo, dal rinvigorimento dell’atomo sociale, che dopo la famiglia , è la piccola o grande comunità cittadina, e dobbiamo farlo con estrema  concretezza e solidarietà collettiva.  La  crisi attuale almeno questo avrebbe dovuto insegnarci, perché prima di tutto è una crisi di sistema, economico , finanziario ma anche politico.

Le  nostre piazze, le nostre vie, i nostri monumenti, i nostri musei, la nostra storia, i nostri locali  commerciali, i nostri servizi,  i cittadini tutti, sono le vere  e uniche risorse su cui fare affidamento, i protagonisti  della rinascita. Nessun’ altra organizzazione territoriale sovrastante,  può sostituirsi   a tale concentrazione di forze creative, quando orientate da uno  spirito di cooperazione su un obiettivo comune. .

Dunque per me, io sono perché non si porti all’ammasso  regionale il nostro Sferisterio, mossa da cui non avrebbe che ricavarne   un  appiattimento di ordine generale su un livello medio –  se tutto va bene, se  non subirebbe una caduta verso il basso, per non vampirizzare il teatro socio più in difficoltà –  cosa che facilmente potrebbe avvenire , se  andrà a collocarsi  tra Jesi ed Ancona. In   proposito,  a me non rassicura certo, quanto letto nell’intervista a Renato Pasqualetti  (leggi) “ Lo Sferisterio ha identità da vendere”, perché così dicendo, contraddice  tutta la sua  argomentazione a supporto della necessità del fare sistema. Quando si ha identità, immagine da vendere, non la si cede con tanto slancio  filantropico,   non si va a spalleggiare , adottare  o farsi adottare,  da chi ne di ha meno. Si dovrebbe avvertire  al contrario, l’obbligo  di sfruttarla al meglio  negli  interessi della propria città, prima di tutto.

E non  è in ogni caso l’approccio più corretto, nemmeno  pensare – sempre  da quanto esternato da Pasqualetti  – che  “Occorre fare sistema per andare avanti” perché non è affatto necessario fare rete con altri teatri per ottimizzare gli investimenti, eliminare gli sprechi e  i doppioni.   Il punto di vista deve essere un altro:  o si percepisce lo Sferisterio come una ricchezza , una fonte di reddito collettiva e lo si tratta come tale,  oppure meglio desistere  dal trovare invenzioni del momento, utili solo a  trascinare  tutti verso una prospettiva destinata  più a distanziare il problema, che portarlo a soluzione”.

* Una cittadina



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