Rigoletto è un clown, storico affiliato di una banda dedita alla malavita. Un luna park abbandonato rappresenterà il luogo di scontro tra dimensione esteriore e personale dell’uomo moderno. Sarà una messinscena sospesa tra incubo e realtà ad inaugurare domani (venerdì 17 luglio) alle 21 la 51° stagione lirica del Macerata Opera Festival. La prima del Rigoletto sarà raccontata e commentata, come tutte le opere in programma, nella recensione di Maria Stefania Gelsomini che sarà pubblicata sabato su Cronache Maceratesi.
Rigoletto chiude la “Trilogia popolare” verdiana aperta con Il trovatore nel 2013 e proseguita nell’edizione del cinquantenario con La traviata nel celebre allestimento firmato da Henning Brockhaus.
La regia è affidata a Federico Grazzini, che per la prima volta è chiamato a realizzare un allestimento allo Sferisterio. Sul podio dell’Orchestra Regionale delle Marche Francesco Lanzillotta, a tre anni dal suo debutto, con Il piccolo spazzacamino di Britten.
Il trio dei protagonisti vede i ritorni a Macerata di Vladimir Stoyanov e Jessica Nuccio, rispettivamente Rodrigo in Don Carlo nel 2005 e Violetta in La traviata lo scorso anno, e il debutto di Celso Albelo. Nel cast anche Gianluca Buratto, Nino Surguladze, Leonora Sofia, Mauro Corna, Alessandro Battiato, Ivan Defabiani, Giacomo Medici, Rachele Raggiotti e Silvia Giannetti. Con Federico Grazzini hanno collaborato Andrea Belli alle scene, Valeria Donata Belletta ai costumi e Alessandro Verazzi alle luci.
Per il regista Federico Grazzini, Verdi ha costruito una drammaturgia musicale che è sintesi prodigiosa tra realtà e simbolo. Nella messinscena emergono questi due livelli nel conflitto tra la dimensione pubblica (associata alla corte e alla maschera sociale del buffone) e quella privata (associata alla paternità) del protagonista. Rigoletto ha un cuore perché è padre, ma il suo lavoro a corte lo ha deformato. Portando avanti il suo progetto di vendetta diventerà carnefice di sua figlia, ma prima di tutto carnefice di se stesso. «Ci siamo ispirati al mondo della malavita ma soprattutto ai super-cattivi dei film di Tarantino – dice Grazzini – perché c’è una forte violenza che regola i rapporti tra i personaggi. È un mondo dalle tinte fosche fatto di depravazioni, noia e brutalità». L’azione si svolge in un luna park abbandonato. I cortigiani sono una banda malavitosa comandata dal Duca. Rigoletto è un clown, affiliato storico della banda. Poco fuori dal piazzale, in una vecchia roulotte vive Giovanna, guardiana del Luna Park. Sparafucile è un venditore di panini e alcolici, la sua taverna è un furgone. Il luna park è il mondo di questi personaggi, un luogo di doppiezza, finzione, specchi, in cui riso e terrore si intrecciano senza soluzione di continuità. Tutta l’opera è allora un monito sul concetto di reponsabilità. Rigoletto non riconoscerà il suo ruolo nella vicenda. Gilda è l’unica, in tutta l’opera, a farsi carico delle colpe altrui e interrompe, per amore, la spirale d’odio innescata con la maledizione. Nella messinscena di Grazzini, Rigoletto si stacca dal cadavere della figlia e immagina un ultimo dialogo con lei. In questa allucinazione Gilda compare come uno spettro. Gilda immaginerà di ballare con l’oggetto dei suoi desideri. Tutta la scena finale sarà una trasfigurazione della precedente: la concretizzazione del peggior incubo di Rigoletto. Terminato l’incubo, Rigoletto si trova con il cadavere di Gilda tra le braccia. Non c’è conforto. Non esiste assoluzione. Solo la disperazione che travolge la sua coscienza dilaniata. Il padre Rigoletto è svanito, giustiziato dalle sue stesse azioni. Alle sue spalle la maschera del Buffone che fa da cornice all’ingresso del Luna park si staglia beffarda. Ghignante e gigantesca come non mai. Accanto al regista si è mosso Francesco Lanzillotta nella direzione musicale di un Rigoletto giocato sui toni scuri dei rapporti tra i personaggi, rapporto dialettico che trova ragione d’essere anche tra l’orchestra e l’azione sul palcoscenico. Drammaturgicamente è un’opera che ha un senso teatrale molto forte, incentrata sul rapporto padre e figlia in cui tutti i personaggi si affrontanto faccia a caccia e in cui le azioni si susseguono fino al tragico evento finale, in maniera estremamente consequenziale e si sviluppano attraverso un unico filo conduttore.
IL CAST – Nel cast voci sicure: insieme a Jessica Nuccio ci sono Celso Albelo, nel ruolo che nel 2006 lo portò all’ attenzione della critica internazionale, il Duca di Mantova inscenato al fianco di Leo Nucci al Festival Verdi a Busseto, ruolo con il quale ha conquistato il pubblico di molti teatri internazionali. Con lui Vladimir Stoyanov, voce vigorosa e ineccepibile, acclamato a Napoli nel 2012 per Traviata, che ritorna a Macerata dopo tantissime apparizioni su palcoscenici quali Teatro alla Scala, la Opernhaus di Zurigo, il Teatro La Fenice, il Metropolitan di New York, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Real di Madrid, la Wienerstaatsoper, la Deutsche Oper e la Staatsoper a Berlino.
Regia Federico Grazzini, scene Andrea Belli, costumi Valeria Donata Bettella, disegno Luci Alessandro Verazzi, Il Duca di Mantova Celso Albelo, Rigoletto Vladimir Stoyanov, Gilda Jessica Nuccio, Sparafucile Gianluca Buratto, Maddalena Nino Surguladze, Giovanna Leonora Sofia, Il Conte di Monterone Mauro Corna, Marullo Alessandro Battiato, Matteo Borsa Ivan Defabiani, Il Conte di Ceprano Giacomo Medici, La Contessa di Ceprano Rachele Raggiotti, Un paggio della Duchessa Silvia Giannetti, Fondazione Orchestra Regionale delle Marche. Coro Lirico Vincenzo Bellini, direttore Francesco Lanzillotta.
APERITIVI CULTURALI, GIRARDI E GRAZZINI APRONO LE DANZE – Grande attesa per l’arrivo di uno degli appuntamenti storici della stagione lirica: prendono il via domani gli Aperitivi Culturali agli Antichi Forni. L’associazione Sferisterio Cultura si prepara ad accogliere gli ospiti – filosofi, critici musicali e accademici – che fino al 9 agosto guidano il pubblico in una profonda analisi dei temi del Festival e delle opere in cartellone, accompagnata da un rinfrescante buffet offerto dai nuovi locali gastronomici della città. Un’occasione per scoprire l’opera lirica sotto una nuova luce, attraverso linguaggi diversi ed originali. Il critico musicale del «Corriere della Sera» e docente all’Università Cattolica Enrico Girardi apre le danze, accompagnato dal regista del primo titolo in programma Federico Grazzini, con Rigoletto e la poetica di un Ta-tàa, una discussione sull’allestimento dalle atmosfere pulp di quest’anno.
Sabato 18 luglio è invece la volta di Carla Moreni, giornalista esperta musicologa de «Il Sole 24 Ore», e Alessandro Talevi, regista di Cavalleria Rusticana e Pagliacci, che si concentrano sui due melodrammi veristi con il dibattitoCav&Pag, due schegge di vita. Il giorno a seguire, domenica 19 luglio, con La bellezza nei dettagli. Note su Ludovico Einaudi Gilberto Santini, direttore dell’Amat, traccia un profilo del famoso pianista in vista del suo concerto In a Time Lapse allo Sferisterio.
L’aperitivo viene offerto venerdì da Lord Bio, il nuovo locale biologico, vegetariano e vegano dello chef Simone Salvini; sabato da Maga Cacao, la caffetteria-laboratorio del cioccolato e dei dolci fatti in casa e domenica da Si.Gi, l’azienda agricola che fornisce prodotti fatti a mano, secondo la tradizione marchigiana.
NUTRIRE L’ANIMA – DONNE IN CAMMINO – Opera è anche valorizzazione delle imprese femminili e delle eccelleze enoagroalimentari con l’iniziativa di Camera di Commercio, Comitato per l’imprenditoria femminile e azienda speciale Ex.It. Il primo appuntamento è con “Opera Prima, Prima dell’Opera… Rigoletto” domani dalle 17.30 alle 20 alla civica enoteca con l’esposizione di imprenditrici del settore alimentare. A partire dalle 18, brindisi, musica e interviste con Lorenza Natali. Tre cuoche maceratesi racconteranno la cucina rinascimentale mentre il soprano Lin Xiao Zhang e la pianista Cesarina Compagnoni si esibiranno su arie del Rigoletto. Seguirà la degustazione di Pesce dell’Adriatico e brindisi (GAC Marche Sud).
(foto di Afredo Tabocchini)
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Che strazio però ! Anche in una bella serata estiva a teatro, tocca stare inchiodati a temi e scene di quotidiana criminalità. Ma si deve per forza attualizzare , sbattere in faccia la realtà, violentare i protagonisti con letture psicanalitiche – quando è l’introspezione a farla da padrona -per cogliere oggi il messaggio dell’Opera Lirica ? ma dobbiamo per forza pensare e vedere con gli occhi del regista ? ma qual è, poi, il messaggio dell’Opera Lirica ? Trattano l’Opera, questi registi da MinCulPop, come se non bastasse l’universalità del linguaggio musicale e delle grandi composizioni a raggiungere le corde emotive più profonde dello spettatore di ogni tempo ( in questo caso più che mai, come non bastasse già la tragicità di Rigoletto per dover rincarare la dose ) che gli si deve necessariamente trovare un altro, o un nuovo, senso.
Ma se uno vuole vedere rappresentata l’Arte di prima ispirazione e ben confezionata dall’autore del libretto , dove tutto è coerente, musica, testo , scene e costumi, per vedere un’ Opera originale, nel senso di adesione al libretto e non alla visione registica del libretto , dove si deve andare? Allo Sferisterio no sicuro.
Ma questo è Verdi? Ma questo è “le roi s’amuse” di V. Hugo a cui Verdi s’ispira? Larallallà ….larallallà …. povero Rigoletto! Povero Verdi!
Sparafucile ” Er Paninaro, salumi e porchetta ” è diabolicamente geniale. Introspezione, conflittualità, ricerca psicologica e sociologica nelle divergenze post Verdiane, rifacimenti a Tarantino che si rifà a film del nostro ” Monnezza ” il Maresciallo Gerardi e ” tutti sparano, Milano, Roma , Palermo rispondono” e anche questo regista spara non proiettili ma cassate pseudointelletuali che feriscono a morte il povero Verdi, che mai avrebbe immaginato di aver scritto un trattato di psichiatria e non un’opera musicale di grande impatto emotivo e che se ricordo bene mi sembra di aver letto da Verdi giudicato il suo lavoro preferito. Tarantino lasciatelo fare a Tarantino nel cinema a cui credo mai verrebbe in mente di far fare lo sceriffo a Rigoletto vista la deformazione scheletrica sulla schiena. A proposito il Rigoletto al Luna Park è gobbo? E se lo è, ci è diventato dopo un incidente sull’autoscontro? Da Macerata a Civitanova ho notato un incredibile aumento di aperitivi….culturali. Fosse questa la motivazione di tanti artisti visionari che vedono al di là del vetro del bicchiere?
Ah, per ” Cavalleria Rusticana ” si parla di un incontro a fuoco tra Compare Turiddu e Alfio tra le rovine di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale.
Ma la verdura che vendono a piazza Mazzini prima dell’opera può essere portata in arena???
Se si avrei una mezza idea…….
Per cortesia, per cortesia un pò di contegno….
Perchè sempre queste fughe in avanti?????
Cerchiamo di essere coerenti: da sempre a Macerata si spernacchia solo dopo che è andato via, non prima…
Ricordate il Maestro Pizzi??
Appena arrivato genuflessioni, scappellamenti, inginocchiatoi: ma quanto è bravo, un mucchio di idee innovative, ma per fortuna che è venuto da noi, che geniale che è…
Come è andato via: per fortuna, non se ne poteva più, opere banali, allestimenti pessimi, una magra figura….
Per Micheli sarà lo stesso.
Appena arrivato: genuflessioni, scappellamenti, inginocchiatoi: ma quanto è bravo, un mucchio di idee innovative, ma per fortuna che è venuto da noi, che geniale che è…
Pertanto ora NO alle critiche, bisogna attendere che vada via per dire: è andato via: per fortuna, non se ne poteva più, opere banali, allestimenti pessimi, una magra figura….
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Tralasciando l’allestimento di Ferretti, che con 2 lire e 4 teli fece una scenografia magnifica, negli ultimi anni si è sempre visto poco o niente.
Anche i tentativi di “rinnovare” sono sempre naufragati nel ridicolo, nel già visto, nelle idee scopiazzate da quache film o qualche libro.
L’unico “sussulto” pre-gender negli scorsi anni lo abbiamo avuto, a Teatro, grazie a Latella (su wiki c’è scritto che è “considerato una delle figure di spicco del teatro italiano”: emecojoni, mica pizza è fichi!!) che al Lauro Rossi riuscì a far figurare dei manichini con dei piselli al vento niente male…
Si ripaga male un maestro, se si rimane sempre scolari.
Cerasi
hai ragione, ma le novità sono tali ,e qualche volta apprezzabili, finchè non scadono nel manierismo, che fu l’errore di Pizzi e adesso di Micheli. Quando l’originalità diventa a suo modo ripetizione di un cliché, si dà vita a un nuovo stereotipo che alla lunga stanca. Oramai sembra più diventato un vezzo rileggere tutte le stesure operistiche, più una necessità espressionista del regista che mette il suo egotismo in primo piano, piuttosto che vera ricerca artistica dall’interno del linguaggio specifico dell’Opera classica. Siamo al” Gender lirico”, in sostanza, tra contaminazioni, sperimentazioni e via discorrendo. E tutto questo, secondo me, è sintomo di inadeguatezza nel riuscire a formulare una rappresentazione tradizionalmente ferma ma rinnovata.. Vuoi mettere quanto è più facile demolire tutto e tirar su una cosa diversa, irriconoscibile da quella prima, che farlo mattone su mattone per dargli un’aria nuova ? Peccato solo ,che in Arena uno non possa sedersi con le spalle rivolte al palcoscenico per potersi godere esclusivamente voci e orchestra dal vivo,altrimenti lo farei come forma di contestazione a questo tipo di regie che caricano un testo di significati “altri” che non possono sopportare. Avranno pur letto anche loro U. Eco, ” I limiti dell’interpretazione”.
@ Tamara Moroni
Io non sono un melomane e, nella mia somma ignoranza lirica, ritengo che se hai un cantante con le contropalle e un’orchestra di livello (e una scena povera) l’Opera è comunque un successo.
Ma se hai una scenografia da paura e una regia eccezionale (ma un cantante che non vale due soldi e l’orchestra è da luna park di periferia) l’Opera fa comunque schifo.
http://www.ebay.it/itm/like/331346254144?lpid=96&chn=ps
Vale anche per me Gianfranco, mi piace la lirica ma non posso dirmi esperta. Però se pensi che fin dalle origini il melodramma si rivolge al pubblico più largo , non serve essere tanto formati per recepire tutta la sua bellezza, i cui fondamentali sono certamente, come dici tu, Il bel canto e la buona esecuzione musicale ,che si riconoscono ad orecchio e si sentono a pelle. Poi , anche l’occhio vuole la sua parte – specie nella” società dello spettacolo” – e una bella scenografia aiuta, ma non basta. Così la regia. Se poi questa arriva a stravolgere ” la storiella”, che è il pretesto per la messinscena del dramma lirico, per raccontare tutta un’altra storia, addio, si può solo sperare su orchestra e voci. Siccome andare all’Opera costa ” un pò più” dell’ottima indicazione d’acquisto data da Pavoni , in definitiva, penso che il rispetto per il pubblico pagante possa essere un forte motivo di inibizione per certi impulsi di regia non proprio ortodossa.
Condividendo le osservazioni, “dulcis in fundo” ci possiamo consolare con il fatto che gli autori non avranno la possibilità di vedere stravolte le loro opere. Basta passare in Via Mugnoz dove sono effigiati sul murales coperto dal verde (erbacce). Che vogliamo dire? Sono stai pure spesi 3.500 Euro e arriva la Lirica non ce ne ricordiamo più? Fosse solamente questo, ma!