di Maria Stefania Gelsomini
(Foto di Lucrezia Benfatto)
Una chiacchierata con il direttore artistico del Macerata Opera Festival Francesco Micheli sulla stagione lirica in corso, che sta volgendo al termine tra buoni risultati e grosse difficoltà. Un festival carico di vitalità che a causa del taglio dei fondi pubblici rischia concretamente la chiusura nel 2016, edizione a cui si sta già lavorando con tre opere ispirate al tema del Mediterraneo. E sul futuro della Notte dell’Opera le idee sono chiare: più musica e meno improvvisazione dei commercianti.
Siamo ormai a tre quarti del Festival: non è ancora tempo per un bilancio definitivo, ma qualche considerazione sul percorso fatto finora si può fare:
C’è un buon livello di soddisfazione, perché anzitutto dopo quattro anni di alacre lavoro siamo arrivati a una manifestazione con un’identità precisa e che si declina in diversi eventi, che sono le opere ma non solo. E le stesse opere non sono semplicemente degli spettacoli ma delle occasioni di incontro, di confronto e di dibattito da cui poi si diramano le manifestazioni che innervano il festival off. Quello che ormai il pubblico di appassionati e degli addetti ai lavori ci riconosce è un’atmosfera, un sapore tipico di questo festival che si può definire in base a una serie di qualità: vitalità, ricerca, passione, rapporto col territorio, che gli danno una fragranza riconoscibile da tutto il pubblico nazionale e internazionale.
Quindi dopo quattro anni è riuscito a centrare l’obiettivo che si era prefisso?
Si, essendo anche la prima volta ho lanciato delle sfide perché avevo delle esigenze chiare ma che non avevo mai soddisfatto non avendo mai fatto questo lavoro. Per cui non mi ero dato dei tempi, non avevo chiarissimo cosa volesse dire realmente. Sono caratterizzato da uno spirito significativamente autocritico e ho goduto quest’anno di un riconoscimento che veniva dall’esterno, sin dalle varie manifestazioni che aprono il festival. Penso alle anteprime per gli studenti, alle prime, all’off che quest’anno è sempre esaurito mentre fino all’anno scorso ha sempre stentato a ingranare: i primi appuntamenti erano sempre poco seguiti perché non era chiarissimo che c’erano, cosa fossero, c’era un problema grosso di informazione. Non è che quest’anno improvvisamente non c’è più, ma c’è ormai un’acquisizione diffusa delle caratteristiche del nostro festival, per cui non è più tanto un lavoro nostro di divulgazione, marketing e comunicazione ma di dialogo tra noi e il nostro pubblico. La gente ci riconosce il piacere di essere qua in un festival che ha dell’unico nella sua briosità, freschezza, passione e professionalità.
A proposito del festival off, c’è un grande evento domani sera allo Sferisterio (leggi l’articolo).
È il coronamento della 51ma stagione, legato all’intento che avevamo di connettere il nostro festival con l’Expo milanese, conservando le dovute differenze di due eventi estivi uno legato all’opera e l’altro all’alimentazione ma con la medesima funzione: il cibo nutre il corpo e l’opera nutre l’anima. E poiché Expo chiede a chi vi partecipa di concentrarsi sulla sperimentazione, proprio perché il mio lavoro allo Sferisterio ha consistito fortemente nel coniugare, rispetto a un genere storicamente definito e con dei canoni intoccabili come l’opera l’innovazione, la sperimentazione e la ricerca di nuove esecutive, ci sembrava che Expo facesse al caso nostro. Quindi ci connettiamo all’Expo sia a distanza, facendo della 51ma stagione una sorta di manifestazione parallela rispetto a quella meneghina, sia direttamente creando uno spettacolo, un’esperienza che nascesse qui e che fosse replicabile a Milano: ed è venuta fuori questa serata, la Festa marchigiana da Sesto Bruscantini a Giacomo Leopardi. In scena domani sera ci saranno 400 persone perché, se parliamo di nutrimento, ci permettiamo di dare la nostra ricetta di cucina locale marchigiana che però ha sbaragliato il mondo, che coniuga l’eccellenza nella parola e nella musica con Giacomo Leopardi e Gioacchino Rossini, due numi tutelari, e declina il genio di Sesto Bruscantini tramite vari artisti a partire da Alfonso Antoniozzi che è stato suo allievo fino a Celso Abelo che canta quest’anno allo Sferisterio, beniamino di Alfredo Kraus che fu amico di Antoniozzi.
Un lungo programma ricco di interventi.
Di lì in poi decliniamo anche il modello della vita marchigiana portando le cosiddette eccellenze: dall’orchestra di fisarmoniche di Castelfidardo, la Fisorchestra, alla Junior Band della Fondazione Marchesini, a una rappresentanza di tutti i gruppi folcloristici marchigiani, a 70 mamme maceratesi che allattano i loro bambini, a un rappresentante per ogni Comune della provincia di Macerata, ad alcuni tra i più anziani del villaggio, a raccontare che le Marche sono la regione d’Europa di massima longevità e Macerata è la città più longeva delle Marche. Si sta bene, il nutrimento di anima e corpo qua fa bene alle persone, e lo vogliamo cantare. Gli chef stellati scandiranno le quattro stagioni della vita attraverso dei piatti adatti a quelle fasi; Lella Costa e Maria Paiato leggeranno i canti, lo Zibaldone e un’operetta morale (Il dialogo della Terra e della luna) a celebrare le bellezze, le sublimità e gli orrori della vita nel nostro pianeta; la schermitrice Elisa Di Francisca duellerà sulle note di Rossini, e infatti sarà anche la serata che lancia in qualche modo la collaborazione del Macerata Opera Festival con il Rossini Opera Festival di Pesaro, e nella serata che faremo a Expo in qualche modo lo Sferisterio guiderà la narrazione dell’intero territorio marchigiano. Tutto questo ha una finalità benefica, perché il nostro compagno di viaggio quest’anno è la Lega del Filo d’Oro, altra eccellenza nostrana, e tutti i fondi che stiamo raccogliendo tra le serate operistiche, i Mercoledì mania e soprattutto la serata di giovedì, anche grazie a una importante donazione che farà Germano Ercoli, saranno devoluti per la costruzione di una sala di musicoterapia nel centro di Osimo. Il vero successo quindi non sarà solo e tanto sul palcoscenico ma in sala: quanti più saremo a far sentire la nostra vicinanza tanto più faremo vedere come il modello marchigiano è diffuso.
Quando si farà la serata milanese?
Dovrebbe essere l’11 ottobre, ma uso il condizionale perché le variabili a Expo sono tante.
Come va la prevendita dei biglietti per gli spettacoli dell’ultimo weekend?
Finora le tre repliche sono andate molto bene, con una media di 2.000 spettatori a recita e per l’ultimo fine settimana le tre si stanno tutte avvicinando al sold-out. Non so se saremo in grado di eguagliare i record dell’anno scorso, però il cinquantenario accade una volta sola e nel 2014 abbiamo battuto tutti i record di pubblico da quando la sala del teatro ha i numeri di adesso.
Un suo resoconto sulla Notte dell’Opera 2015?
Questa è la prima Notte dell’Opera che mi ha visto più spettatore che attore, ho seguito tutta l’organizzazione e ho dato le linee guida, ho controllato il lavoro della commissione ma l’asse organizzativo e creativo si è spostato più verso le amministrazioni, le associazioni e tre figure di riferimento: Gianfranco Stortoni per la parte musicale, Franziska Kurth per la parte organizzativa e Michela Fulvi da parte dell’amministrazione per gestire i rapporti con commercianti e associazioni. Da un lato vedo come l’evento sta maturando, quindi per certi versi è il primo anno di una seconda fase, che dopo una sperimentazione inizia ad assestarsi con alcune regolarità. Indiscutibilmente si deve e si può fare sempre meglio per un pubblico che è ovviamente molto composito (chi viene appositamente, chi viene perché è curioso ma non ha idea, e chi viene perché si accoda), e bisogna lavorare perché sempre di più al centro dell’attenzione ci sia la musica, bisogna riuscire a fare nelle piazze e nelle strade delle vere e proprie sale da concerto a cielo aperto dove regna l’ascolto.
Quella di quest’anno è stata una fase ancora un po’ ibrida che a me piace molto, perché c’è una vitalità che serpeggia tra il pubblico e i vari artisti che è unica, e fa sì che ogni anno i cantanti che vengono a cantare nelle produzioni e che quella sera partecipano da spettatori rimangano allibiti. Il direttore della Deutsche Oper Cristoph Seuferle è rimasto ammirato, perché una cosa così non l’aveva mai vista in tutto il mondo. Questo ci riempie di gioia, ma lo sprone l’anno prossimo è sicuramente più musica e i commercianti sempre più partecipi da subito, più coinvolti, meno improvvisati, con più organizzazione.
Forse non basta appendere una striscia di stoffa bianca in vetrina per entrare nella corte di Rigoletto…
Sappiamo tutti che i mezzi economici non ci sono, le scenografie sono nelle mani dell’Accademia ma non si può delegare tutto a loro: infatti la differenza nelle varie piazze e nelle varie zone si nota dove la nostra iniziativa si sposa con quella dei commercianti, allora si dà l’idea di un grande spettacolo. Laddove invece siamo noi coi nostri musicisti, da soli di fronte a un negozio chiuso o che è aperto giusto per esserci non funziona più e ormai non ha più senso.
Una bella sorpresa che ha ricevuto da questa edizione del Festival?
In generale, sono arrivato qua con l’insoddisfazione di non vedere una tendenza chiara della regia lirica italiana in questo momento. E quello che a me sta piacendo molto è che Macerata è un luogo dove i giovani talenti in ambito figurativo, teatrale hanno occasione di misurarsi, con uno spazio che chiede loro molto, perché è un teatro di fama internazionale e perché è uno spazio molto atipico, ma che dà loro grande visibilità e l’occasione di osare, perché qui non si può concepire uno spettacolo secondo le convenzioni del teatro al chiuso. Mi piace vedere il clima di bottega, quasi rinascimentale, che coinvolge i giovani registi, e ci metto dentro anche Leo Muscato, che quando è arrivato qua era un affermatissimo regista di prosa ma aveva fatto credo un paio di regie d’opera che ai più erano passate inosservate, e da quel momento l’Italia e non solo non ha potuto fare a meno di constatarlo. Questo spirito a me piace molto ed è stata anche una sorpresa, perché è stato il primo anno in cui mi sono trovato spesso fianco a fianco dei registi a dialogare sulle soluzioni, a proporre, a stupirmi del talento di questi ragazzi.
Invece una delusione, o una brutta sorpresa?
I soldi. Questo è un grosso problema, oggi io non so il Fondo Unico dello Spettacolo quanti soldi mi darà. E se taglierà io cosa farò? Ormai i soldi su cui faccio affidamento da parte loro li ho spesi, quindi se taglieranno chiuderò in deficit ed è un peccato mortale, di cui è sì responsabile chi gestisce un bilancio, però già sono pochissimi da diversi anni, da prima che arrivassi c’è un trend di contrazione dei contributi istituzionali, a cui il mio predecessore ha cercato di porre rimedio e anch’io, e ce l’abbiamo fatta. Per certi versi anzi quest’anno il festival off, che ha subito dei tagli drasticissimi perché a malapena avevamo i soldi per fare l’attività istituzionale, forse è il migliore che abbiamo fatto. Però oggi ormai abbiamo grattato il fondo, ogni euro è indispensabile. Non è: se ce li abbiamo lavoriamo un po’ più tranquilli, perché basta tagliare un euro e vuol dire cominciare a non avere i cantanti che oggi ci possiamo permettere.
La situazione dei contributi pubblici è drammatica: la Provincia ha ridotto da 400 a 50mila euro e probabilmente presto sparirà, la Camera di Commercio da 200 a 36mila euro, la Regione dava 300mila euro ma ha annunciato di poter garantire solo un quinto della cifra, infine i 900mila euro erogati dal Fondo Unico per lo Spettacolo non si sa se verranno confermati. Il Comune fa un grosso sforzo ma da solo non ce la può fare…
Lo Sferisterio scoppia di salute, perché i numeri sono in costante crescita, abbiamo tomi di rassegna stampa, dove al di là delle produzioni che possono piacere o meno c’è un oggettivo riconoscimento da parte della critica del nostro lavoro. Il pubblico viene sempre più numeroso, sempre più da lontano, sempre più entusiasta, gli sponsor aumentano in maniera esponenziale e ormai siamo vicini alla soglia dei 500mila euro, ma ciò nonostante, se il bilancio dell’anno prossimo fosse quello di quest’anno io non ho le premesse per poterlo fare il festival. Rispetto a tanti miei colleghi che devono tutto alla cattedra che occupano, io sono qui perché ho voglia di esserci non perché ho bisogno di esserci. E quindi se non ci sono le condizioni io non ci sto.
Quindi c’è il rischio concreto che l’anno prossimo il festival non si faccia?
C’è, anzi ne approfitto e suono un campanello d’allarme sulla sopravvivenza del festival. Finora abbiamo tirato la corda e a fronte di tagli sempre crescenti abbiamo rilanciato con un festival comunque sempre migliore, perché i tre anni appena trascorsi hanno visto un trend sempre in crescita del pubblico, un’offerta artisticamente sempre migliore e sempre più mirata, chiara, forte, un carattere di sperimentazione sempre più riconosciuto ed esportabile. Col 2015 abbiamo toccato il fondo, più di così non si può tagliare, salvo rivedere le leggi ministeriali che ci obbligano a fare tre titoli per esempio, ma nel 2013 che è stato l’anno di due opere “e mezzo” allo Sferisterio, è stato molto interessante però non l’ideale dal punto di vista numerico: tre opere creano dialettica, offerta, il pubblico viene di più, è un’altra cosa, è così che deve essere, sennò è troppo poco per un festival.
Anticipazioni per la prossima stagione?
La stagione 2016 ormai è nota, il tema sarà il Mediterraneo, le opere saranno Carmen (la ripresa del 2012) e due nuove produzioni in coproduzione con altri teatri, Otello e Norma, che non è mediterranea come ambientazione ma lo è il suo compositore Bellini. Lavoriamo sempre di più d’anticipo, abbiamo pochi soldi e i cantanti di nome vengono a un cachet dimezzato rispetto a quello cui sono avvezzi, ma il valore aggiunto che noi diamo è inestimabile. Però vorrei avere cantanti sempre più prestigiosi e soprattutto prenotati sempre più in anticipo, quindi sto già lavorando sulla stagione 2017. Sono stato i giorni scorsi in Spagna a Peralada per il debutto dell’Otello che faremo da noi il prossimo anno. Peralada è un festival di rango stra-internazionale che quest’anno ha in programma un recital di Juan Diego Florez, l’anno scorso di Jonas Kaufmann, e ha avuto in scena il baritono Carlos Alvarez, quindi il top, e nel discorso inaugurale ho sentito il mio collega Oriol Aguilà, direttore artistico del festival, dire parole di autentica soggezione nei confronti del MOF, quindi noi siamo pronti. Sarà una bella occasione di riflessione su quanto il nostro territorio nell’area mediterranea abbia un peso centrale, non solo geograficamente ma anche culturalmente.
Da sinistra: Matteo Zallocco direttore di Cronache Maceratesi, Marco Ferullo ufficio stampa del Mof, Francesco Micheli direttore artistico del Macerata Opera Festival e Maria Stefania Gelsomini giornalista di CM
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Quando è così, se i tre titoli non si possono ridurre, dispiace per gli sforzi fatti fin qui, ma occorre tagliare l’extra e concentrarsi sulle Opere, sempre in attesa di tempi migliori. Parlare di rischio chiusura in blocco perché non ci escono più gli eventi collaterali , mi sembra eccessivo. il pubblico della lirica, quello che vuole è l’Opera., e possibilmente, una buona esecuzione operistica dato il prezzo del biglietto. Il resto è corollario e ne può fare a meno.L’aspetto economico denunciato da Micheli, però, ha un altro sfondo , sostanziale per la sua direzione artistica, e cioè, i tagli faranno capire se in questi quattro anni sotto la sua direzione è stato fatto crescere il pubblico della lirica al punto da andare all’Opera per vedere l’Opera senza essere sollazzato da altro esterno all’opera. Questa è la prova del nove per Micheli Se tiene la vendita dei biglietti , ha superato l’esame, altrimenti significa che non ha trasmesso la passione per la lirica ma ha fatto l’organizzatore di eventi intorno alla lirica, che è un altro mestiere dall’essere Direttore Artistico di un Teatro Lirico.
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Caro Direttore Micheli, anche se non ho condiviso in parte la regia delle opere in cartellone nelle varie edizioni da Lei gestite, (la lirica è TRADIZIONE) riconosco le sue qualità organizzative, tecniche sopportate da un entusiasmo……Veneto trapiantato in un suolo arido e apatico qual’è quello maceratese.Pertanto la ringrazio per quello che ha fatto e quello che ancora sarà in grado di fare per lo Sferisterio e per Macerata.
MIcheli lei ha reso amico lo Sferisterio anche alla maggior parte di chi lo voleva chiuso da anni.Con il festival Off ha avvicinato all’opera lirica ed alla musica in generale tanta gente che non la conosceva e con le sue idee ha trasmesso amore ed entusiamo per questa grande musica anche alle nuove generazioni.Continui cosi’ e noi non potremo che ringraziarla,la notte dell’Opera poi e’ stata una trovata geniale che sta attirando gente e ritorni economici anche da fuori regione.Grazie ancora per il suo operato e aspettiamo le opere del prossimo anno.
Tutti gli anni i soliti piagnistei…si vantano per gli incassi e poi piangono miseria…dove andranno a finire i soldi? Pensare che una volta venivano artisti del calibro Domingo e Carreras……mah?!
C’era una volta lo Sferisterio di Macerata (non si chiamava Sof o Mof o Sbaf o Scranc) arena riconosciuta in tutto il Mondo per il livello qualitativo di cantanti, orchestre e direttori…
Poi vuoi le promesse non mantenute, la crisi…
Vuoi i minori introiti, i tagli che pesano (magari anche alcune scelte poco azzecate)…
Vuoi la programmazione fatta non benissimo, vuoi la pubblicità fatta nei posti sbagliati…
Vuoi dei Direttori Artistici che sono partiti bene ma arrivati male…
Vuoi tutte queste cose (e di più ma), negli ultimi anni, la platea internazionale è diminuita ed è cresciuta la platea locale.
Cresciuta llocalmente tanto che, adesso, molta parte della pubblicità (manifesti, locandine, ecc.) e spinta in Regione e, sebbene ci siano alcune “puntate” pubblicitarie all’estero, il ritorno d’immagine fuori dall’Italia è pressochè nullo..
E per adattarsi ai cambiamenti, negli ultimi anni, si sono creati degli interessanti eventi (di controrno) appositamente pensati/realizzati per il pubblico locale…
Ma questi eventi (ed un Direttore Artistico), con l’Opera in quanto tale, c’entrano poco come giustamene ricorda Tamara Moroni.
Il 2016 sarà un altro anno di tagli, lacrime e sangue??
Probabile…. Anche perchè fuori da Macerata (in Regione e in Italia) ci sono tanti interessi in gioco, tanti che chiedono, tanti altri Teatri che ricevono molto più di noi, tante situazioni che soffocano lo Sferisterio.
Ma invece che cominciare con i pianti preventivi forse sarebbe meglio che tutti i soggetti interessati (Comune, Sponsor, Commercianti, Cittadini, ecc.), fin da subito, cerchino di trovare sluzioni, battere nuove strade, inventarsi qualcosa…
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Diversi anni fa venne interessato uno dei “big” tra gli imprenditori del maceratese con una proposta semplice semplice: perchè non legare lo “Sferisterio” (come brand) ad una serie di prodotti (vino, cucine, scarpe, occhiali, vestiti, gtadget, ecc. ecc.) affinchè il brand potesse andare in giro (in Italia e nel Mondo) ed avere così un ritorno di pubblicità??
Certo, all’inizio dovevano essere gli imprenditori che “spingevano” (con finanziamenti) il marchio perchè una volta che il marchio, fosse stato riconosciuto, sarebbe stato un valore aggiunto da poter utlizzare dagli stessi imprenditori per i propri prodotti…
Insomma una sorta di scambio che, se ben fatto, avrebbe portato buoni frutti a tutti.
Allo Sferisterio perchè legava il suo nome a tutta na serie di prodotti di quaità.
Agli imprenditori (sponsor) pechè il marchio avrebbe girato anche nel mondo della Lirica, avendo così una platea sterminata per i propri prodotti…
il “big” rispose che il marchio doveva essere inizialmente “spinto” dal pubblico (Comune, Provincia, Regione), affinchè potesse essere riconsociuto a livello planetario.
Poi, una volta he il marchio avesse assunto la stessa importanza dei marchi “famosi” (Apple, Microsoft, ecc.), allora e solo allora gli imprenditori locali avrebbeero potuto farci un pensierino e usare tale marchio….
Avoja e arivoja a far capire al “big” che, se il marchio avesse assunto (con notevole dispendio di soldi pubblici) notorietà internazionale (come il baffo dela Nike) DOPO lo “Sfertisterio” sarebbe stato così famoso, conosciuto ed importante che i nostri imprenditori sarebbero stati PICCOLI, per potersi permettere l’utilizzo del nome per i loro prodotti… E che quindi sarebbe stato meglio farlo crescere assieme..
Avoja e arivoja a far capire al “big” che se il marchio in futuro fosse diventato famoso (ad esempio come la CocaCola) poi i nostri imprenditori non sarebbero nemmeno stati interpellati (in quanto sarebbe poi stato proposto, il marchio, a imprenditori MOLTO più grandi dei nostri locali che, al confronto, sarebero diventati piccoli)
Ovviamente non se ne fece nulla