Al grido di assassino, mostro, alle 8,35 di questa mattina Innocent Oseghale è arrivato al tribunale di Macerata per l’udienza preliminare in cui è accusato dell’omicidio di Pamela Mastropietro. Altri hanno gridato: «Fuori i mostri dall’Italia». «Gli dobbiamo pure pagare il carcere», «Ha ragione Salvini, fuori dall’Italia». E ancora «Giustizia per Pamela», «No rito abbreviato», «Ergastolo».
Oseghale è sceso dal furgone della polizia penitenziaria dopo un altro detenuto che si è coperto il volto con una cartellina rossa. Una quarantina, forse anche di più, le persone che si sono trovate davanti al tribunale di Macerata e hanno esposto striscioni. Altre grida verso i legali di Oseghale (gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramentzi) «Vergogna» e pure sputi. E altre «Giustizia per Pamela» e «Pamela grida giustizia e noi siamo la sua voce». Una delle manifestanti, con il braccio alzato, ha urlato: «Io sto con Luca Traini». È arrivato anche il sindaco Romano Carancini (il Comune si è costituito parte civile al processo), grida pure verso di lui: «Dove sono i cittadini di Macerata? Pamela è un problema per Macerata». Carancini prima di entrare aveva sottolineato: «Di ultrà non abbiamo bisogno». Una quarantina i manifestanti da Roma: «Ma aspettiamo altri due pullman – dice l’organizzatrice, Maricetta Tirrito, presidente della onlus “Una donna per la tutela dei diritti delle donne”. – Ci fa schifo che non ci siano i cittadini di Macerata». In tribunale anche i familiari di Pamela Mastropietro.
(Gian. Gin.)
(foto di Federico De Marco e Fabio Falcioni)
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“Dove sono i cittadini di Macerata?”, gridano verso il sindaco. Lui saggiamente risponde che non abbiamo bisogno di ultrà.
Ma è anche meglio, di così: i maceratesi non amano le piazzate; gustano la battuta, il motto di spirito, quando sono occasioni di allegria di gruppo: e allora sì, possono anche vociare. Ma non è nel loro DNA il processo di popolo: un po’ per ritegno, un po’ per vigliaccheria forse, ma è molto meglio così. E’ una lezione di civiltà. L’accento dei vocianti davanti al tribunale non era maceratese, e difatti – come riportato nell’articolo – si chiedevano dove fosse la città di Macerata.
Era a lavorare, rispondo io. O a studiare. O a cucinare. Comunque a portare avanti con l’esempio una diversità che è fatta di piccole cose, di grandi tenacie, di solida serietà. Una diversità semplice, che è poi quanto di meno diverso possa esservi. Una diversità che non fa rumore, ma che costruisce, risana, ripiana, rilancia. Solo così abbiamo eliminato l’orrore di dieci mesi fa, senza per questo dimenticare Pamela e l’importanza che sia fatta Giustizia.
Certo che per molte persone l’odio di parte, l’ideologia accecante e le convenienze politiche e soprattutto economiche, portano a crearsi un mondo surreale, che va al di fuori di ogni evidente realtà dei fatti che stanno distruggendo la convivenza civile delle nostre città e che le porta, purtroppo, ad agire di conseguenza. Poveri noi. gv p.s.: le urla nei confronti dell’imputato africano, poi, per me sono anche troppo poco.
Urla verso Innocent, verso il sindaco e verso gli avvocati. Perfettamente d’accordo sui dissensi come le urla contro Oseghale e il sindaco seppur per motivi diversi e per certi versi anche accostabili per la rappresentazione del susseguirsi degli eventi conclusosi poi per la parte più scenografica, attiva, e mnemonicamente fissata indelebilmente dagli spari di Traini. Ma non per gli avvocati. Andateci voi ad un processo dove non potete essere difesi da un avvocato. Evito di dirvi dove avvenivano e ancora avvengono certe mostruosità. Come detto, pieno appoggio alle urla contro Oseghale e il sindaco, ma la difesa di un imputato non va mai messa in discussione, nemmeno se catturato durante il la realizzazione del reato. Va da sé che la condanna se c’è deve essere comparabile sempre e comunque al reato. Che il processo deve essere giusto e non deve essere controllato insomma manipolato per interessi privati che nulla hanno a che vedere col senso di giustizia. Poi sarà il nostro grado di civiltà, quello che ci diamo da soli non quello imposto, suggerito o consigliato a determinare i nostri pensieri. Se determinassero anche i nostri gesti, va da se che sul tavolo degli imputati un posto libero lo troviamo sempre.
Secondo me le manifestazioni eventualmente si fanno dopo la sentenza, non prima.
Quel:” Ci fa schifo che non ci siano i cittadini di Macerata “, ci sta tutto. Poi per quanto leggo in un commento sugli ultrà, forse non ci si ricorda più delle manifestazioni anti non ho mai capito che, organizzate dal sindaco e chiamiamole “forze”
o sarebbe meglio dire ” debolezze ” politiche a lui affini.
“Ci fa schifo che non ci siano i cittadini di Macerata”, ci sta tutto ?????
Andare davanti ad un Tribunale a insultare, sputare e gridare, con il crocifisso in mano, frasi farneticanti all’indirizzo di professionisti che lavorano e al sindaco della Tua città, era esercizio che spettava ai Maceratesi?
Un’azione addirittura dovuta?
Organizzare una trasferta a Macerata per ritrovarsi la mattina presto davanti ad un Tribunale per insultare, sputare e gridare, con un crocifisso in mano, frasi farneticanti all’indirizzo di professionisti che lavorano e al sindaco di un’altra città si chiama manifestare?
Manifestare per Pamela?
Manifestare contro la violenza sulle donne??
Se tutto questo è diventato normale e comprensibile allora siamo messi peggio di quanto credevamo.
Ha perfettamente ragione Filippo, Macerata non ha dimenticato Pamela, Oseghale pagherà per quello che ha fatto, in questo e nell’altro mondo (lo dico per l’uomo con il crocifisso), ma fare giustizia è compito dei Giudici preposti di nessun altro.
Per Ponzelli. Infatti si manifesta dopo e solo nel caso in cui si presume che ci sia stata una condanna errata, non prima. I pregiudizi non pagano mai.
Sig. Aldo in quei modi e con quei toni non si deve e non si può manifestare in nessun caso.
Se una delle parti del processo, che conosce le carte del procedimento, non gradisce per qualche motivo la sentenza, può sempre impugnarla in appello, l’opinione pubblica si deve adeguare.
Nel caso di specie è evidente e normale che, in ogni caso, verranno esperiti tutti e tre i gradi di giudizio disponibili.
Quel:” Ci fa schifo che non ci siano i cittadini di Macerata “, ci sta tutto.
Sig. Micucci fossi in lei a questo punto, per dare forza al concetto, aggiungerei anche “Pappapero”.
Giusto. Paolo Ponzelli Pappapero