Fughe dalla Pars? «No, allontanamenti volontari. Nostro compito non è trattenere le persone». Così la comunità in una nota dopo i recenti articoli e allontanamenti, anche dagli arresti domiciliari, di un 34enne che ora si trova in cella (leggi l’articolo). La comunità di Corridonia spiega che «Alcuni episodi di allontanamento volontario, cosiddette “fughe”, di ospiti dalle comunità Pars, compreso quello di Pamela, vengono a volte richiamati sulla stampa con commenti fuorvianti o tendenziosi; per questo riteniamo opportuno fare chiarezza. Questi episodi vanno inquadrati nel contesto del nostro compito, che non è quello di trattenere in modo coatto delle persone; le nostre comunità non sono un carcere e neppure un ricovero coatto, come possono essere altre strutture. Da noi si accede e si permane solo in maniera volontaria e qualunque forma di costrizione (fisica, psichica o morale) è esplicitamente vietata dalla legge; praticarla sarebbe un reato perseguibile d’ufficio, non solo in base ad una denuncia di parte». La Pars spiega ancora che «questa adesione volontaria è richiesta anche a coloro che sono in comunità in base a provvedimenti giudiziari (arresti, affidi, domicilio coatto, tutela legale); se vogliono andarsene, cerchiamo di dissuaderli, ma in caso di allontanamento possiamo solo avvisare prontamente le forze dell’ordine. Certo, la permanenza da noi è un elemento di sicurezza e tranquillità per le famiglie; tuttavia, il nostro compito è solo educativo e terapeutico, mai quello della coercizione». La comunità aggiunge che «tra adulti e minori, in diverse comunità terapeutiche o educative, ogni giorno ospitiamo oltre 120 persone, tutte con gravi problemi di comportamento, diverse con disturbi psichici, si capirà come questi episodi possano accadere».
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