Alessandra Verni di fronte alla lapide in memoria della figlia Pamela Mastropietro
di Federica Nardi
(foto di Andrea Del Brutto)
Una lapide a forma di fiore di loto per ricordare Pamela, lì dove il suo corpo è stato trovato. Una mattina di applausi e commozione a Casette Verdini di Pollenza, dove oggi a scoprire il piccolo monumento commemorativo per la 18enne uccisa lo scorso 30 gennaio a Macerata, sono stati i genitori. Il 31 gennaio il cadavere di Pamela Mastropietro era stato trovato in due trolley, abbandonati in un fosso lungo la strada che prosegue dalla frazione di Pollenza.
Da sinistra Stefano Mastropietro, Alessandra e Marco Valerio Verni
È in quel punto che la Pro loco ha deciso di innalzare una lapide, a memoria della tragedia che ha colpito la famiglia e la comunità. I genitori di Pamela, Alessandra Verni e Stefano Mastropietro, hanno svelato l’opera dopo una breve preghiera affidata al vescovo di Macerata Nazzareno Marconi, che ha chiesto che il ricordo della 18enne «non sia di odio e vendetta ma per fare del bene». Con loro anche la nonna di Pamela, Giovanna Rita Bellini, e lo zio Marco Valerio Verni. «Qui sono state trovate le valigie – dice la madre, prendendo il microfono di fronte a decine di persone arrivate per starle vicino -. Grazie per non dimenticare. E per favore aiutateci – aggiunge -, perché qua mi sembra che tutto sia morto qui. Che ci deve essere un’altra Pamela? Volete questo? Allora aiutateci a tirare fuori la verità e a fare giustizia». Il fratello, avvocato, ha colto l’occasione per appellarsi a forze dell’ordine, procura e a chi sta seguendo anche dall’esterno la vicenda della nipote uccisa. «Aiutateci ad abbattere i muri e a capire la verità – chiede lo zio -. Siete una magnifica comunità che non merita quello che è accaduto. Spesso riceviamo messaggi di maceratesi che ci dicono di provare vergogna. Ma non dovete provare vergogna a essere di Macerata: piuttosto vergognatevi che certe persone lo siano. La vostra vicinanza di dà molto sostegno e forza». Il presidente della Pro loco di Casette Verdini, Gabriele Ranzuglia, si è augurato che «i nostri giovani ricordino sempre questa vicenda».
Il progettista Leonardo Annessi ha poi spiegato il senso dell’opera, che riporta anche una dedica: “Il fiore di loto è in grado di sbocciare in tutta la sua bellezza nonostante viva nel fango. A te Pamela che sarai per sempre il simbolo della rinascita e della purezza in un mondo contaminato dalla violenza”. Intervento anche di Angelo Bertoglio dell’Osservatorio nazionale sostegno vittime. «Mi auguro – dice in conclusione -, che questo luogo diventi un posto di riflessione. I suoi 18 anni non andranno mai via. Bisogna chiedere diritti, giustizia e dignità per le tante Pamela che non sono diventate un caso mediatico. Pamela sta aprendo uno squarcio dentro questo paese». Alla cerimonia presente anche il sindaco di Pollenza Luigi Monti, che ha invitato a dedicare il monumento alla sensibilità e diversi esponenti politici: il deputato Tullio Patassini, la consigliera comunale di Macerata Deborah Pantana e Martina Borra di Forza Nuova. A cerimonia in corso il fratello di Luca Traini, 28enne autore della sparatoria a sfondo razzista che ha sconvolto Macerata lo scorso 3 febbraio (Traini sparò anche in un bar poco distante dal luogo del ritrovamento del cadavere), ha portato un mazzo di fiori da parte del fratello incarcerato e l’ha posato insieme agli altri mazzi di fronte alla lapide. Poggiato accanto alla lapide e poi rimosso alla fine della mattinata anche uno striscione con la foto di Pamela e la scritta: “Mi hanno ucciso ma vivo insieme a voi”.
I familiari di Pamela insieme a Deborah Pantana in via Spalato
Dopo la cerimonia i familiari, accompagnati dalla consigliera Pantana, sono andati a Macerata, in via Spalato, nell’area verde di fronte alla palazzina dov’è morta Pamela. Un momento di raccoglimento nel giardino, dove già c’erano diversi ricordi lasciati in memoria della 18enne. «La famiglia chiede che questo spazio si chiami “Il parco di Pamela “ – dice Pantana, che insieme alla consigliera Anna Menghi ha presentato una proposta in assise -. Speriamo che la mozione presentata in Consiglio comunale venga approvata all’unanimità».
Marco Valerio Verni
Da sinistra Gabriele Ranzuglia e il vescovo Nazzareno Marconi
Il sindaco Luigi Monti con la nonna di Pamela
Tutte le volte che devo passare a casette nel punto del ritrovamento e in via Spalato davanti al parco...il mio pensiero và sempre a Pamela e un brivido freddo mi scorre lungo la schiena !! Noi non dimentichiamo.non possiamo Giustizia sia
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Particolarmente belle e toccanti le foto del sindaco e della giunta del comune di Macerata. Si vede chiaramente la loro grande partecipazione emotiva anche se mai come quella che traspariva dalle foto scattate alla marcia antifascista
Per Spalletti. Forse si sono offesi perché la mamma di Pamela si è rifiutata di stringere la mano al presidente del GUS.
Quanno che er Zanto Padre passò jjeri
pe Ppasquino ar tornà da la Nunziata
stava cor una sciurma indiavolata
peggio d’un caporal de granattieri.
E ffasceva una scerta chiacchierata
ar cardinal Orioli e a Ffarcoggneri,
che jje stàveno a ssede de facciata
tutt’ e ddua zzitti zzitti e sseri seri.
La ggente intanto strillava a ttempesta;
e llui de cqua e de llà ddar carrozzone
‘na bbenedizzionaccia lesta lesta.
Poi ritornava co le su’ manone
a ggistí a cquelli; e cquelli co la testa
pareva che jje dàssino raggione.
Ora PAMELA ha il suo monumento.
Relativo al commento di Spalletti.
Fino ad ora sono stato molto critico con l’operato del sindaco e della sua giunta.
Leggendo il tuo commento ho sentito un forte senso di rabbia e di ribrezzo.
Due cose non ho capito:
1) Carancini dove stava?
2) Motivo rimozione serale del mazzo di Traini (o ho capito male?).
Questa rimozione del mazzo di Traini, non ho capito bene neanch’io se c’è stata.
Caro Banci, veramente se il comune di Pollenza organizza una cerimonia senza invitare il sindaco di Macerata non è facile per quest’ultimo presentarsi correttamente, diverso è il caso del vescovo che era stato invitato e ha ritenuto opportuno apparire per pochi minuti, pronunciando poche poco memorabili parole e poi è sparito senza aspettare e salutare i familiari di Pamela, arrivati proprio nel momento in cui lui faceva retromarcia:
http://247.libero.it/focus/45273390/1/lo-sgarbo-del-vescovo-ai-genitori-di-pamela/
arrivati proprio
grazie Franco
Per Pavoni. Il sindaco sarebbe potuto intervenire a titolo personale, nessuno avrebbe obiettato alcunché, anzi… La gente di sinistra non dovrebbe essere conformista, così come invece mostra di essere, prendendo tra l’altro le distanze dai comunisti di una volta. Ma forse ha paura e forse non vuole precludersi la possibilità di fare quello che ha sempre fatto, trarre sostegno dalla povertà altrui.
Non so cosa c’entri il comunismo in questa vicenda,ne tantomeno i comunisti di una volta.Io comunista non prendo le distanze ne da mio padre,ne dai miei nonni e nemmeno da tutti gli iscritti al PCI ma condanno fermamente quei dittatori che si sono macchiati di infamia con la coperta del comunismo,cosi come a destra dovrebbero condannare il fascismo anziche’ riesumarlo.Comunque per quanto concerne la vicenda in questione mi sembrano piu’ ingiustificabili le assenze di chi era venuto a versare lacrime di coccodrillo per la povera Pamela o a fare selfie propagandistici.Ma evidentemente raggiunta la Poltrona o non avendo improponibili nonni da difendere o non avendo matrimoni nei dintorni,la commemorazione non era utile alla causa.Saro’ conformista,ma ipocrita mai.
..ah..adesso il comunismo è diventato pure una coperta; buono a sapersi!! gv
Per Poloni. I comunisti di una volta sono, ad esempio, Alessandro Natta e Giancarlo Pajetta. Nel 1984 morì Enrico Berlinguer. Bene, Pajetta accolse l’allora segretario del MSI Giorgio Almirante a Botteghe Oscure (sede romana del PCI) quando il leader missino volle rendere omaggio alla salma di Berlinguer. Questi sono i comunisti di una volta. Gente senza paura.
Ora rende giustizia al commento precedente che non era chiaro.Quindi capira’perche’ sono orgoglioso del passato(PCI) e deluso dal presente(PD).
Ehm… Frase pronunciata da Giancarlo Pajetta nel 1961, in una conferenza stampa in merito al XXII Congresso del Pcus: “Io tra rivoluzione e libertà scelgo la rivoluzione”..Ehm.. gv
Per G. Vallesi. Ma Pajetta non disse in realtà “alla verità preferisco la rivoluzione”?
Egregio signor Iacobini, Lei ha ragione, e quando me ne sono accorto (subito) volevo correggere, ma considerando che tra Libertà e Verità (con le iniziali maiuscole, si intende) c’è si una certa differenza, ma che esse possono essere, nel caso del comunismo, per così dire, russo, quasi ‘sinonimi’ e, sempre in quel caso, la libertà ha impedito di conoscere la verità (persino, in parte, oggi..), ho pensato di lasciar stare, ma comunque è stato anche molto utile che Lei abbia evidenziato la cosa. Grazie ed ossequi. gv
Per Vallesi. Sembra che Togliatti, molto più misurato del passionale Pajetta, sia intervenuto dopo quella spavalda affermazione, che quindi divenne: «E la rivoluzione coincide con la più larga zona di verità». Gente di ben altro spessore. ‘Venivano’ (non ‘scappavano’) dalla guerra.
Egregio signor Iacobini, è vero che il ‘migliore’ (!!) corresse poi quella frase (non perché più misurato, ma solo perché più furbo e scaltro), e di proprio pugno, pare, ma lo fece innanzitutto per cercare di rimediare all’affermazione del Pajetta, e non perché anche lui non la pensasse allo stesso modo, mi creda; ancora oggi ci sono molti sedicenti ‘comunisti italiani’ che credono più nella rivoluzione che nella libertà o verità e, probabilmente, non si rendono nemmeno conto nemmeno loro del perché. Quanto allo ‘spessore’ di quei politici, mi permetta, ma credo proprio che, al di là della loro preparazione e retorica, indubbiamente elevate, lo spessore l’hanno soprattutto dimostrato dai muri (di notevole..spessore..) che hanno innalzato tra loro, gli altri e la verità. Ossequi. gv