Banca Marche,
avviso di garanzia a Casale:
“Sono innocente, ecco la mia verità”

ESCLUSIVA - Intervista all'immobiliarista bolognese, raggiunto insieme all'ex dg di Bm Massimo Bianconi da un avviso di chiusura delle indagini. Gli viene contestata la corruzione tra privati, contestata la vendita di una palazzina romana. "La mia vicenda nasce da lontano, rovinato dal mio appoggio alla scalata di Unipol a Bnl"

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L'immobiliarista Vittorio Casale

L’immobiliarista Vittorio Casale

di Marco Ricci

C’è anche il noto immobiliarista bolognese, Vittorio Casale, l’ex patron delle sale Bingo, tra i due imprenditori che, insieme all’ex direttore generale di Banca Marche, Massimo Bianconi, sono stati raggiunti dall’avviso di chiusura delle indagini da parte della procura di Ancona, in una giornata che ha visto i militari del Nucleo tributario della guardia di Finanza effettuare sequestri di beni e titoli per un valore di circa 10 milioni di euro (leggi l’articolo). I provvedimenti sono nati da uno stralcio rispetto al filone principale di indagine su cui lavorano i magistrati dorici in merito al dissesto di Banca Marche, un fascicolo che vede al momento 36 persone indagate a vario titolo per reati che vanno dall’associazione per delinquere, all’appropriazione indebita, al falso in bilancio, alla corruzione tra privati, all’ostacolo all’attività di vigilanza. A Vittorio Casale, già stato sentito dai pm, la procura anconetana ha contestato l’ipotesi di corruzione tra privati in relazione, come ci ha riferito, a una singola operazione, la canalizzazione di un anticipo Iva per alcuni milioni di euro effettuata con Banca Marche da alcune società del gruppo Fire – gruppo collegato a quello del barese Emanuele Degennaro, tra l’altro già rettore della Libera Università Mediterranea e presidente dell’Interporto – di cui il gruppo Operae dello stesso Casale deteneva una quota del 20%.

L'immobile di Via Archimede 96/98 a Roma

L’immobile di Via Archimede 96/98 a Roma

All’epoca dei fatti, spiega lo stesso Casale, egli non sarebbe stato neppure socio di maggioranza di Operae, mentre già da alcuni anni sarebbe stato fuori dal controllo e dall’amministrazione delle società in questione. La contropartita per la canalizzazione dell’anticipo Iva, secondo le ipotesi degli inquirenti, sarebbe stata la vendita dell’ormai famoso immobile di Via Archimede 96 a Roma da parte di una società riconducibile al gruppo Casale a un’altra società, riferibile ad un familiare di Massimo Bianconi. “L’operazione contestata – spiega Casale – è di molto antecedente alla vendita dell’immobile, che era uno dei nostri uffici. E’ vero – prosegue l’immobiliarista – che la rata del mutuo per comprare l’edificio era inferiore al canone di affitto, ma è anche vero che avevamo ricevuto già una somma di circa 2 milioni di euro come equity, senza contare che la società acquirente si accollava ovviamente anche i pagamenti Imu e via dicendo. Mi meraviglio comunque che tali provvedimenti abbiano raggiunto solo me e non gli altri amministratori o dirigenti del gruppo a cui facevano riferimento le società che avevano canalizzato l’Iva con Banca Marche”. Casale tiene anche a ricordare come il gruppo di cui faceva parte aveva circa 3 miliardi di euro di linee di credito dall’intero sistema bancario, in casi anche attraverso istituti esteri, mentre l’esposizione con Bm era nel complesso di poco superiore ai 20 milioni di euro. L’istituto marchigiano non sarebbe stato dunque il più importante tra quelli che finanziavano il suo gruppo, tutt’altro. “Operazioni con l’Iva come quella che mi è stata contestata – precisa – le effettuavamo con circa 40 banche diverse. Credo che gli eventuali dubbi nascano da problemi tecnici interni a Banca Marche”.

finanza banca marche“Nutro comunque estrema fiducia nel lavoro della magistratura – sottolinea con forza Casale, ribadendo più volte e con serenità il concetto – così come è sempre stato. Voglio ricordare che fino a questo momento ho avuto 27 procedimenti giudiziari da cui sono sempre uscito innocente. Da qui la mia fiducia nell’opera dei magistrati, anche se questa storia, anche nei miei confronti, nasce da lontano, forse anche da frizioni all’interno del sistema bancario forse anche in Banca d’Italia.” Per Casale, rinviato a giudizio dalla Procura di Roma in relazione alle indagini legate al dissesto di banca Tercas, i suoi guai sarebbero cominciati dalla scalata Unipol a Bnl, quando lo stesso Casale e alcune banche, tra cui Banca Marche, appoggiarono Consorte, uno scontro nel sistema che avrebbe portato l’immobiliarista e le sue società a trovarsi sotto la linea di fuoco. E il suo nome è il più facile e il più noto da mettere in mezzo. “Da allora sono stato massacrato”, dice. Oltre a professare la propria innocenza e sottolineare perentoriamente la sua fiducia nell’opera della magistratura per i fatti contestatigli, Vittorio Casale apre uno scorcio sulle possibili dinamiche interne al sistema bancario, dinamiche che potrebbero aver scatenato una sorta di guerra, rotto vecchi equilibri e creato di nuovi, andando poi a coinvolgere quegli istituti e quegli uomini che si erano schierati con Consorte.

Allargando il discorso dall’indagine ai suoi rapporti con Banca Marche, Casale ha ricordato come egli non avesse una particolare rapporto con Massimo Bianconi, questo a differenza ad esempio di due suoi soci che sarebbero stati legati da rapporti più stretti con l’ex dg. Casale spiega anche l’origine dell’altra nota operazione con Banca Marche che vede legato il suo gruppo al resort sardo di Capo Caccia, famoso anche per aver visto girare al proprio interno un vecchio 007, La spia che mi amava. “Avevamo un giro di affari di oltre 7 miliardi di euro – dice – ma una cosa del genere non mi era mai capitata. La banca mi propone di acquisire l’immobile in questione da un imprenditore che non vuole più mantenere il proprio debito con la banca. Dalle carte che mi vengono fatte vedere tutto sembra in regola. Poi, quando subentro, scopro che chi aveva in gestione l’albergo era insolvente e non mi viene pagata neppure una rata di affitto. Mi meraviglio che la banca non lo sapesse, anche perché, da quanto mi risulta, uno degli amministratori di Banca Marche era anche commercialista del precedente proprietario”.

 

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