A margine del convegno organizzato ad Ancona dalla commissione regionale Abi Marche su “L’unione bancaria e i suoi riflessi sul rapporto tra banche e imprese”, abbiamo intervistato Stefano De Polis, il titolare della nuova unità di Via Nazionale incaricata della risoluzione e gestione delle crisi bancarie. De Polis, in passato a capo della Direzione del Servizio Supervisione Gruppi Bancari e nominato nel 2014 Vice Capo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria, oltre a lavorare attivamente allo sviluppo dell’Unione Bancaria è attualmente membro del Single Resolution Board di Bruxelles (Srb), l’organismo centrale di intervento e coordinamento nelle crisi composto dai rappresentanti delle singole Autorità nazionali dei paesi dell’area euro. A Stefano De Polis abbiamo chiesto di illustrarci il nuovo meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (Srm) nonché le attività della struttura di cui è a capo dal 21 settembre, il tutto nel più ampio ambito delle nuove direttive europee che armonizzano anche la vigilanza sugli istituti di credito (Ssm) e prevedono un fondo unico di risoluzione (Srf), destinato tra l’altro a finanziare i salvataggi bancari. Si ringrazia la sede anconetana di Banca d’Italia e il suo direttore, Gabriele Magrini Alunno, per aver cortesemente ospitato l’incontro all’interno dei loro uffici.
di Marco Ricci
Dottor De Polis, lei è da poco a capo della nuova unità creata in seno alla Banca d’Italia per la gestione e risoluzione delle crisi bancarie. A che punto è l’operatività della struttura e qual è oggi il vostro bacino di azione?
L’unità è stata costituita da circa due settimane. Composta da 37 elementi, è già pienamente operativa e divide l’impegno tra lo svolgimento dei compiti previsti dalla nuova normativa europea per la gestione delle crisi (Brrd) e l’azione volta a dare adeguata soluzione alle amministrazioni straordinarie in corso. L’unità opera all’interno del Meccanismo Unico di Risoluzione (Srm) costituito dalle 19 autorità nazionali dell’area euro e dal Single Resolution Board (Srb) con sede a Bruxelles. In questo quadro partecipiamo attivamente alla definizione a livello europeo delle forme di collaborazione e delle procedure di intervento tra l’autorità centrale e le autorità di nazionali.
Il meccanismo unico di risoluzione rientra in un quadro di norme che armonizzano in Europa anche la vigilanza e la tutela dei depositanti.
Le norme e le procedure armonizzate formano un’architettura piuttosto complessa, questo va detto. Banca d’Italia ha sempre gestito le situazioni di crisi ma oggi siamo davanti a un’evoluzione di questa attività in un quadro di integrazione europea e all’interno di quel grande e rilevante processo di Unione Bancaria che abbiamo sempre sostenuto. Il meccanismo unico di risoluzione rappresenta, dopo la vigilanza unica, la seconda gamba dell’Unione Bancaria. Una delle finalità dell’Unione Bancaria, è bene ricordarlo, è di rescindere il legame tra rischio sovrano e rischio bancario emerso nel corso dell’estate di qualche anno fa.
Qual è il ruolo dell’autorità nazionale rispetto al Meccanismo Unico di Risoluzione e con quali autorità siete tenuti a coordinare i vostri interventi?
La competenza sulle crisi è attribuita a un sistema costituito dall’autorità centrale e dalle autorità di risoluzione nazionale. In analogia con il sistema di Vigilanza unico, il comitato di Bruxelles si occuperà direttamente della risoluzione, cioè della ristrutturazione, delle banche di maggiori dimensioni. Le autorità nazionali si occupano della gestione delle crisi delle banche minori, nonché delle procedure ordinarie come ad esempio le liquidazioni. In questo contesto il comitato unico fornisce una supervisione per un’uniforme applicazione delle norme nei paesi dell’area euro.
Qual è in questo contesto il grado di autonomia della Banca d’Italia?
La Banca d’Italia, come autorità nazionale, da un lato parteciperà alle decisioni prese dall’autorità centrale sulle banche maggiori, dall’altro si occuperà delle banche minori in linea con la ripartizione delle competenze di cui parlavo prima. Il comitato di Bruxelles può intervenire nelle situazioni di competenza nazionale in casi di inazione da parte dell’autorità o, in generale, quando per il superamento di una crisi si intenda far ricorso al Fondo Unico di Risoluzione. In quest’ultimo caso anche la competenza sulle banche minori passa a Bruxelles.
Qual è il rapporto tra il fondo di risoluzione nazionale e il fondo di risoluzione unico, quei fondi di cui una delle funzioni, tra le altre, è quella di finanziare i salvataggi bancari ?
I fondi nazionali di risoluzione, che debbono essere costituiti dai paesi europei all’atto del recepimento della direttiva Brrd sulla gestione delle crisi, sono finanziati con contributi delle banche e dal 2016 confluiranno nel Fondo Unico di Risoluzione, anche se le risorse rimarranno per alcuni anni compartimentate tra i diversi paesi. E’ comunque già previsto un sentiero per una progressiva mutualizzazione e, già dal secondo anno dalla costituzione del Fondo Unico, una parte significativa delle risorse dei comparti nazionali sarà mutualizzata e utilizzabile lì dove necessario.
Uno dei compiti della vostra unità è di costituire ex-ante dei piani per intervenire celermente sulle banche eventualmente in difficoltà. Quali sono gli istituti sottoposti a questo tipo di attività e in quanto tempo sarà completata la stesura dei piani?
Il lavoro è lungo e assolutamente impegnativo. I piani vanno redatti per tutte le banche, anche per quelle minori, sebbene in quest’ultimo caso saranno semplificati. Lo scopo è di programmare in anticipo le modalità con cui gestire l’eventuale crisi di una banca. I piani dovranno essere aggiornati almeno una volta l’anno. In linea con quanto concordato nel board di Bruxelles, abbiamo cominciato il nostro lavoro partendo dalle banche maggiori, quelle che in caso di crisi potrebbero creare un maggior rischio sistemico. Seguiamo quindi un ordine dimensionale.
Le nuove norme accrescono i poteri di intervento preventivo delle autorità, penso ad esempio ai poteri per la rimozione dei dirigenti o degli amministratori. Ritiene questi strumenti efficaci e in grado di prevenire stati di dissesto su cui, fino ad oggi, si è spesso lavorato ex-post? A chi sono stati affidati questi poteri?
Nel nostro ordinamento vi sono sempre stati poteri di intervento preventivo. Tra questi vi è l’amministrazione straordinaria. Le nuove norme hanno il merito di definire meglio il quadro e fornire nuovi strumenti. Non solo la rimozione dei dirigenti bancari, ma anche la predisposizione dei piani di cui parlavamo un attimo fa, fino al poter richiedere un aumento di capitale o modifiche alla struttura di una banca quando ciò è necessario per migliorare la gestione di un eventuale futuro fallimento, nell’ottica di rendere più agevole e meno costo il superamento della crisi. Questi interventi preventivi rappresenteranno una sorta di cartellino giallo a cui le banche dovranno fare attenzione perché, se non avessero successo, si rischia il cartellino rosso. Gli interventi preventivi verranno posti in essere dall’autorità di Vigilanza la quale, al momento dell’attivazione, informerà l’autorità di risoluzione. Da quel momento la nostra unità porrà la dovuta attenzione al buon esito delle azioni. L’obiettivo, sostanzialmente, è evitare le crisi.
L’Europa vorrebbe aver risolto il dilemma su chi paga i dissesti bancari, escludendo in linea di massima gli interventi pubblici e quindi i contribuenti. Ad intervenire, oltre ai Fondi alimentati dalle banche, saranno nei casi più gravi gli azionisti, i portatori di titoli di capitale, giù giù fino ai correntisti.
Su questo punto bisogna fare molta chiarezza e la stupirò dicendo che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Già ora, come risparmiatori, investiamo in forme diverse i nostri soldi in una banca. A ogni tipo di investimento è associato un diverso tipo di rischio in caso di crisi. Il rischio più alto lo assumono gli azionisti i quali devono fronteggiare per primi le possibili perdite. Poi vengono i creditori con diverso grado di preferenzialità. I più esposti sono gli obbligazionisti subordinati che, per contratto, supportano le perdite subito dopo gli azionisti. In fondo alla graduatoria troviamo i depositanti e i correntisti, le cui posizioni sono tutelate dalla normativa in corso di approvazione. Correntisti e depositanti sono garantiti anche dai fondi interbancari tenuti a rimborsare i depositi fino a 100mila euro. Dunque non tutti i clienti di una banca rischiano allo stesso modo. Ciascuno potrà scegliere di rischiare molto, poco o di stare al sicuro. Questo, ovviamente, corrisponderà a ritorni alti, medi o bassi. I rendimenti sono un buon indicatore della rischiosità di un prodotto.
Molti azionisti o clienti di una banca non sono però esperti di finanza o di bilanci bancari.
Per prima cosa è indispensabile conoscere quali rischi ci si sta assumendo con un investimento e valutarne l’adeguatezza rispetto alle proprie esigenze e ai propri progetti di vita. Assicurare questa consapevolezza ai cittadini è un dovere in primo luogo delle banche che sono tenute, nel rispetto di comportamenti corretti e professionali, a dare chiare informazioni sul livello di rischiosità dei prodotti. Ma anche i clienti debbono imparare a conoscere i diversi strumenti di risparmio. La Banca d’Italia e la Consob, anche in collaborazione, agiscono da tempo su questi due fronti. La Banca d’Italia ha molto a cuore il tema dell’educazione finanziaria, con particolare attenzione ai giovani. Ma anche i media, mi consenta, possono fare molto per formare un’educazione finanziaria di base diffusa.
I tecnici del Mef giudicano comunque il bail-in una forma limite di risoluzione delle crisi, un’opzione quasi remota stanti tutti gli altri strumenti a disposizione. Quale è la sua opinione?
Il bail-in è in sostanza la traduzione tecnica della graduatoria di cui parlavamo un istante fa, una graduatoria che esiste già oggi nella liquidazione coatta amministrativa. Il bail-in è previsto nel caso di ristrutturazione di una banca ed è stato pensato per le crisi delle grandi istituzioni finanziarie internazionali di rilevanza sistemica e comunque la sua attivazione richiede che venga accertato uno specifico interesse pubblico ad assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali erogati dall’intermediario.
Quali impatti potrebbero avere le nuove norme sul mercato delle obbligazioni subordinate?
Il mercato obbligazionario è già oggi molto sensibile al merito creditizio di una banca, al suo rating e alla specifica rischiosità del prodotto. Ciò che si può prevedere, e in parte sta già accadendo, è un aggiustamento dei rendimenti che rifletta meglio il livello del rischio.
Veniamo per un istante ai più importanti salvataggi in corso, quello di Banca Marche, Banca Etruria e Carife di cui si occupa la sua unità. A che punto siamo?
Ovviamente, per ragioni legate al riserbo di ufficio, non posso entrare nello specifico di operazione in corso. Posso però dire che stiamo lavorando a un piano per dare rapida soluzione alle tre crisi nel quadro delle nuove norme europee. In questa direzione stiamo lavorando con estrema determinazione e celerità.
Le norme attuative della Brrd consentono, invece di aprire una vera e propria procedura di risoluzione come ad esempio il bail-in, il superamento di uno stato di crisi attraverso il ricorso al ridimensionamento del valore delle azioni o la conversione delle obbligazioni subordinate.
Le norme lo prevedono ma in verità lo prevedono anche i contratti. Quello che si può dire è che con le nuove norme nessun azionista o obbligazionista subordinato può vedere sacrificata o modificata una sua posizione se non a fronte di perdite della banca, accertate dall’autorità di risoluzione mediante apposite valutazioni.
Le pongo queste ultime tre domande non tanto per il ruolo che lei riveste oggi ma per la sua lunga esperienza nella vigilanza bancaria. Il sistema creditizio, anche in Italia, è stato scosso non solo da turbolenze sistemiche ma anche da casi di cattiva gestione, casi spesso finiti in corposi fascicoli giudiziari, con gravissimo danno per i risparmiatori. E difficile dire oggi che tutto abbia sempre funzionato anche se, questo lo dicono diverse sentenze, spesso c’è stato un vero e proprio ostacolo alle attività di Vigilanza.
Quasi mai, mi permetta prima una battuta, emergono tutti quegli interventi che hanno evitato brutte situazioni mentre spesso ci si ricorda solo di quelli che non sono andati a buon fine. Ma tengo particolarmente ad affrontare questo tema e il tema delle cattive gestioni bancarie. La Banca d’Italia da sempre è impegnata ad assicurare il rispetto delle norme e delle regole, sia perché lo riteniamo un valore in sé a cui crediamo fino in fondo, sia perché è il punto da cui si parte per tutelare la stabilità e il buon funzionamento del sistema. Come Banca d’Italia utilizziamo i nostri poteri per prevenire e contrastare le prassi non ortodosse, ad esempio attraverso le ispezioni sul posto, gli interventi sulle gestioni, le sanzioni e i commissariamenti. L’impegno c’è sempre ed è determinato e incisivo. Non sempre però, nonostante questo, si riesce ad avere successo a fronte di una cattiva gestione, in particolare quando questa è determinata da comportamenti non corretti e fraudolenti.
Le vicende legate ai reati finanziari sono molto complesse da un punto di vista investigativo, anche per l’estensione territoriale degli illeciti. E’ opinione di alcuni magistrati che l’Italia dovrebbe dotarsi di una superprocura specializzata, simile all’antimafia. A suo parere una tale ipotesi sarebbe auspicabile, o quanto meno da prendere in considerazione, anche e soprattutto a garanzia dei risparmiatori e degli investitori?
La sua domanda riguarda aspetti tecnici dell’organizzazione giudiziaria su cui mi permetta di non rispondere. Voglio però sottolineare come la Banca d’Italia cooperi attivamente per la repressione dei reati bancari. Abbiamo specifiche Unità che collaborano con la magistratura per la comprensione e la ricostruzione dei fenomeni finanziari nei procedimenti penali. Il nostro coinvolgimento è molto forte.
Siamo ormai al passaggio da un sistema a un altro. Con i nuovi strumenti e le nuove regolamentazioni, un risparmiatore oggi si può sentire più sicuro di ieri?
Decisamente sì, perché il livello di prevenzione e di preparazione per intervenire con tempestività ed efficacia aumenterà. Ciò è il frutto non solo della nuova articolazione, che individua con precisione le situazioni critiche ponendole sotto stretto controllo, ma anche della collaborazione tra autorità di supervisione e di risoluzione, sia a livello nazionale che europeo.
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