Adelio Bravi
di Adelio Bravi*
Un altro aspetto particolarmente pesante, che merita di essere preso in considerazione, riguarda la gestione del processo di elaborazione del lutto dei familiari di una persona deceduta per Covid-19. Sappiamo bene, purtroppo, che le condizioni nelle quali avvengono questi decessi sono molto particolari e, per lo più, assolutamente inedite, tali per cui implicano una ulteriore complicazione la cui gestione può risultare difficile e faticosa.
Normalmente, il processo dell’elaborazione del lutto procede secondo 5 fasi ben identificate che sono: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Come sempre è bene precisare che, anche qui, le variazioni individuali sono molte e tuttavia, sostanzialmente, la procedura riguarda tutti coloro che debbono affrontare una perdita. Ogni fase è propedeutica alla successiva secondo tempistiche che però possono variare molto anche a causa di condizioni oggettive più o meno favorevoli. Il punto particolarmente critico che qui ci interessa è la fase della negazione. È una reazione assolutamente naturale e fisiologica: l’incredulità, il tentativo di negare l’evento è un primo modo per cercare di contenere, attenuare il dolore ma la questione riguarda quanto tempo si rimane in questa fase che, a volte, potrebbe anche essere l’unica reazione, l’unico meccanismo di difesa messo in atto e non portare alle fasi successive. Studi longitudinali hanno dimostrato che rimanere invischiati in questa fase, alla lunga, crea i presupposti per la strutturazione di problemi psichici a fisici anche gravi.
Ma quali sono le condizioni che aiutano a superare velocemente questa fase e procedere alle successive? Possiamo individuarne due: i riti del distacco, la veglia, la camera ardente, il funerale ci “costringono” a prendere atto dell’evento, agevolando l’abbandono del tentativo di negazione; la seconda condizione riguarda la possibilità di condividere il dolore con le persone che amiamo, attraverso relazioni che devono essere anche di tipo fisico: abbracci, offrire una spalla su cui piangere. Ora, entrambe queste condizioni, nel caso di un decesso per Covid-19 mancano. Ascoltando chi sta passando questa tragedia, sentiamo spesso descrivere il peso, l’acuta sofferenza che nasce dal non poter dare “l’ultimo saluto” al proprio congiunto. Inoltre, l’isolamento sociale, spesso complicato dalla quarantena durante la quale l’isolamento è assoluto, blocca la possibilità di una affettuosa e solidale condivisione.
Nonostante ciò, l’uomo ha molte potenzialità che, se usate correttamente, consentono di poter ovviare a situazioni anche molto difficili. È importante cercare di prendere atto dell’evento in maniera spietata senza cercare sedazioni o scappatoie, accogliere e fare propria tutta la sofferenza, vivendola nel modo più intenso possibile. Più stiamo male subito, meno rischiamo di avere strascichi nel futuro. Lì per lì accettare l’ineluttabile ci sembra impossibile ma la chiave sta nel cercare di vivere fino in fondo un altissimo livello di tensione e di stress cercando, per quanto è possibile, di condividere il nostro dolore anche se solo in maniera virtuale. Accogliere volentieri la rabbia per accelerare la progressione delle fasi che ho descritto prima: rabbia e infondati sensi di colpa fanno parte del gioco e, comunque, sono stati d’animo migliori della negazione, anche se nell’immediato ci fanno stare più male. Infine, non c’è niente di cui vergognarsi nel chiedere aiuto e, se ne avete bisogno, non peritatevi di farlo.
*Psicologo e psicoterapeuta
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C’è un protocollo per nascere e un protocollo per morire,
un protocollo per piantare e un protocollo per sradicare,
un protocollo per ammalarsi e un protocollo per guarire,
un protocollo per demolire e un protocollo per costruire.
un protocollo per piangere e un protocollo per ridere,
un protocollo per crollare e un protocollo per ballare,
un protocollo per gettare sassi e un protocollo per raccoglierli,
un protocollo per abbracciare e un protocollo per astenersi,
un protocollo per cercare e un protocollo per perdere,
un protocollo per risparmiare e un protocollo per buttar via,
un protocollo per stracciare e un protocollo per cucire,
un protocollo per tacere e un protocollo per parlare,
un protocollo per amare e un protocollo per odiare,
un protocollo per essere liberi e un protocollo per essere spontanei.
In condizioni normali assistere fino in fondo il congiunto, essergli vicino nel momento terribile, seguito da tutto il cerimoniale , per elaborare il lutto ci vogliono anni, ti cambia la vita …oggi in queste condizioni non si elabora nulla perché tutto quello che avremmo fatto non si fa, è sconvolgente solo a scriverlo.
L’ultima puntata spero!! Però è simpatico che sia nel lutto che nel caso che un medico ti dice di avere un cancro, bisogna metabolizzare le cinque uguali fasi. Ma se uno non dovrebbe averne il tempo, esimio, che fa?
Gent.mo Sig. Micucci,
intanto la informo che non è affatto obbligatorio leggere i miei interventi, pertanto questa potrebbe tranquillamente essere per lei l’ultima puntata, laddove si astenesse dal leggere le successive, cosa che, peraltro, le consiglio caldamente.
Inoltre, devo purtroppo prendere atto con rammarico del fatto che il suo approssimativo italiano non mi ha consentito di decrittare con successo il senso della sua obiezione, del che, mi creda, mi dispiaccio molto.
Infine mi stupisco e, ad un tempo, mi compiaccio del fatto che lei abbia trovato qualcosa di “simpatico” nel mio scritto che mi sembrava di altro tenore: le auguro con tutto il cuore di non trovarsi mai in tale “simpatica” situazione.
Sappia comunque che lei è oggetto di tutta la mia più benevola comprensione.
Un caro saluto.
Il periodo alquanto triste non merita ulteriori aggravi di tristezze varie. Lei non decritta perché rattrista. Nella speranza che abbia capito come già aveva fatto le ricambio la sua comprensione. La prossima volta mi raccomando, pre mortem, tunnel vari e zombie.