Adelio Bravi
di Adelio Bravi*
La circolare del Ministero degli Interni, poi, sostanzialmente, smentita dal Presidente del Consiglio, ha aperto un dibattito che merita di essere approfondito relativamente alla questione dell’isolamento a casa dei minori.
Purtroppo ho la sensazione che, anche in questo caso, tendiamo immediatamente a “schierarci” da una parte o dall’altra come se fosse una partita di calcio, tendenza semplificatrice e assolutista che ho già descritto nei precedenti articoli nelle sue caratteristiche di rozzo meccanismo di difesa che non attenua l’ansia ma, anzi, la amplifica. Secondo questa ottica, sembrerebbe che il problema sia “aprire tutto” o “chiudere tutto”. Quello che non funziona è “tutto” perché, comunque, bisogna invece ragionare sul fatto che quello che si apre o si chiude è un difficile equilibrio che deve necessariamente tener conto di esigenze diverse, variamente interpretate.
In un paese democratico, che non può essere militarizzato, è più efficace cercare di convincere e condividere le regole che possono anche essere rigide ma necessitano di essere metabolizzate dai cittadini, facendo affidamento sul buon senso e sulla capacità critica di ciascuno.
Così come si cerca di contemperare il problema sanitario con quello economico, auspico un serio e approfondito dibattito sul tema delle conseguenze psicologiche di quello che come siamo costretti a vivere in questo periodo. Dibattito che non preveda schieramenti ma argomenti. Considerato anche il fatto che, come ormai abbiamo capito, questa situazione non sarà una questione di qualche settimana, ma ci accompagnerà ancora per molto tempo: mesi se non anni.
Cercando, dunque, di approfondire, bisogna intanto dire che il termine “minori” è troppo generico.
I problemi di un bambino di 2 anni non sono gli stessi di un ragazzo di 15 e sono ancora diversi rispetto a un bambino di 10 anni. Un altro elemento critico è l’ambiente familiare: le famiglie non sono tutte uguali, le case non sono tutte uguali, le possibilità di spazi fisici, emotive ed economiche sono diverse e tutto questo impatta in maniera importante sugli aspetti psicologici. Bisogna anche considerare i problemi legati alla disabilità. Come sempre, cercando di approfondire, si scopre che la realtà è molto più complessa di quanto possa sembrare a prima vista e che le risposte “tutti dentro” o “tutti fuori” sono inadeguate e fuorvianti. Dunque, se ci sono situazioni in cui lo stare a casa è vissuto, non solo come non troppo faticoso, ma anzi come un’opportunità, è però altrettanto vero che ci sono situazioni che possono essere più o meno critiche e che possono avere conseguenze, a volte, particolarmente pesanti per la salute psichica dei minori. Insonnia, irritabilità, chiusura sono segnali che non possono essere sottovalutati e che possono indurci a prevedere interventi che dovrebbero includere anche la possibilità di allentare alcune disposizioni, sempre tenendo presente l’uso di particolari accortezze. In definitiva, credo che l’approccio migliore sia la possibilità di indicare delle deroghe da valutare caso per caso a secondo delle necessità che dovrebbero essere valutate da un esperto in grado di decifrarle.
*Psicologo e psicoterapeuta
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