Adelio Bravi
di Adelio Bravi*
L’emergenza che stiamo affrontando, del tutto inedita, ci costringe ad uno sforzo di adattamento davvero importante che produce un altissimo livello di stress che, se non impariamo a gestire, può farci davvero del male.
Non avere paura è impossibile perché noi non possiamo decidere quale emozione sentire: la paura è una reazione fisiologica adattiva che scatta nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un pericolo e non si può certo dire che una pandemia non sia un pericolo. Tuttavia, anche la paura, come tutte le emozioni, a certe condizioni può diventare disfunzionale, produrre effetti opposti a quelli ai quali sarebbe destinata, cioè metterci nelle condizioni migliori per affrontare una minaccia che se non venisse percepita come tale (se non avessimo paura) potrebbe danneggiarci.
Ma in quali condizioni le emozioni diventano un impedimento piuttosto che un aiuto? Qui nasce il problema. Bisogna precisare che il pattern che si attiva quando sentiamo paura si è strutturato, nel corso della nostra evoluzione, quando andavamo a caccia nelle foreste, dunque la reazione indotta è riferibile, sostanzialmente, al modello attacco/fuga. Se pertanto lo schema era adeguato all’ambiente in cui vivevano i primi homo sapiens, attualmente solo raramente la risposta più adeguata è l’attacco o la fuga e certamente non lo è nella situazione attuale. Dunque il problema non è se avere o no paura e nemmeno quanta paura abbiamo ma, piuttosto, che cosa ci facciamo con la paura, cioè quali meccanismi di difesa attiviamo.
Qui entra in ballo la nostra cultura che, è bene precisarlo, non ha nulla a che vedere con l’erudizione: stiamo parlando degli strumenti che abbiamo per interpretare e modificare la realtà, cioè dei meccanismi di difesa più sofisticati che abbiamo elaborato a causa del cambiamento, frenetico, dell’ambiente in cui viviamo. Per attivare questi meccanismi, però, abbiamo bisogno di non avere paura della paura, cioè non possiamo cadere nella tentazione di cercare, non quello che possiamo fare, ma semplicemente una veloce sedazione.
Cercare una sedazione significa, ad esempio, compulsare in modo ossessivo il maggior numero di informazioni alla disperata ricerca di rassicurazione oppure negare il problema (tanto io non mi ammalo), oppure cercare un colpevole, un capro espiatorio, ecc. Tutti comportamenti inadeguati che, anziché aiutarci, aumentano il livello di stress. Quello che dobbiamo fare è cercare di restare molto lucidi, calmarci e fare tutto il possibile per combattere il vero nemico che non è la nostra paura ma la pandemia. Tollerare un certo livello di tensione ci consente di calmarci e, razionalmente, adattare il nostro comportamento alla realtà del problema. Tratterò, in un prossimo articolo, i problemi che derivano dall’isolamento.Psicologo-psicoterapeuta
* Adelio Bravi, psicologo psicoterapeuta
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…mi sa che tra un po’ ci sarà la fila non solo davanti ai supermercati, ma anche davanti agli studi degli psicoterapeuti, purtroppo, ma, in ogni caso, dobbiamo cercare di tenere duro!! gv
Sarebbe interessante sapere se tuttora riceve i clienti.
Tenere atteggiamenti razionali,che significa anche realistici,e adoperarsi con gli altri perchè facciano altrettanto.
Importante capire le cause che hanno creato il pericolo, per lavorare sulle stesse,se dipendessero dall’uomo,al fine di prevenire il ripetersi del medesimo fenomeno.
*Iacobini
Laddove possibile le terapie sono state sospese.
La quasi totalità delle restanti vengono fatte via Skype
In attesa del prossimo articolo, ansiolitici, alcol e droghe, possono aiutare?
”Il piacere di essere gregge è più antico del piacere di essere io: e finché la buona coscienza si chiama gregge, solo la cattiva coscienza dice: io.”
Il problema è che vi è stato un contagio di cattive coscienze…
Per il dr. Bravi. Ringrazio per il riscontro.