Ben Harper and The Innocent Criminals allo Sferisterio
Ben Harper
di Marco Ribechi
(foto di Fabio Falcioni)
Mentre la costa annulla gli spettacoli pirotecnici per maltempo i fuochi d’artificio li lancia Ben Harper a colpi di chitarra dal palco dello Sferisterio, pieno fino al limite. E’ un altro spettacolo da brividi quello offerto dall’arena di Macerata al suo numeroso e fedele pubblico, grazie a un’ospite internazionale di primo livello che non ha bisogno di presentazioni. Basta leggere le date del tour e subito si comprende che la città di Matteo Ricci è sulla lista insieme a centri di tutt’altra rilevanza: Parigi, Sidney, New York, Barcellona, Vancouver, Lisbona, Ginevra, Chicago solo per citarne alcuni. Eppure, nonostante gli oltre 25 anni di carriera che lo hanno portato a calcare i più importanti palchi di tutto il mondo, Ben Harper alla fine del concerto non nasconde la sua emozione nel trovarsi di fronte al colonnato dello Sferisterio illuminato, gonfio di una folla in piedi ad applaudirlo: «E’ un luogo bellissimo, è un onore essere qui, voi siete la musica, siete il meglio della musica», dirà nei saluti finali.
Lo spettacolo dello Sferisterio
Già dalle 20 il serpentone di fan in attesa fuori dallo Sferisterio inizia a prendere posto in platea, come desideroso di far correre più in fretta i secondi che separano dall’inizio dello spettacolo. Alle 21 sono già tutti in postazione e nell’aria si sente che molti non stanno più nella pelle. Di volta in volta partono applausi e incitazioni che vorrebbero chiamare fuori l’artista e la sua band. Alle 21,30 si spengono le luci ed è ormai chiaro che lo spettacolo ci sarà. In tanti avevano temuto in un possibile annullamento a causa della pioggia, addirittura c’è chi all’ultimo momento aveva tentato il colpaccio gobbo, cercando di vendere il biglietto on line e scaricare così la patata bollente. Ma la pioggia non c’è stata e se anche ci fosse stata lo show sarebbe andato avanti comunque perchè l’efficente staff dell’artista aveva previsto un palco coperto. Così alle 21,30, sotto il suo magic hat di fine fabbrica italiana, Harper entra in scena circondato da i suoi fantastici quattro, The Innocent criminals che da oltre 20 anni lo accompagnano in lunghissime tournée in giro per il mondo.
Harper alla sua lap steel
Senza dire una parola prende posto su una sedia al centro del palco, sulle ginocchia la sua chitarra lap steel che suona e distorce con uno stile inconfondibile passando una barra metallica sulle corde, ed è subito rock elettrizzante. Scarno il palco, scarsi gli effetti luminosi, poche le parole rivolte al pubblico se non un “I love you too” di risposta all’urlo di un fan al termine della prima canzone: Ben Harper vuole comunicare solo con la sua musica, con i suoi suoni ricercati e accurati. C’è un po’ di tutto nei suoi pezzi, dal blues dei campi di cotone al puro rock anni ’70, dal reggae al folk con punte addirittura di grunge, soprattutto nei momenti in cui i pezzi vengono velocizzati e tirati fino al limite. La sua band, è composta da grandi musicisti, abili e puntuali, che non cercano di strafare ma sapientemente dosano sia nelle ritmiche che nelle parti strumentali delle vere e proprie chicche agli ascoltatori. C’è sintonia tra il carattere dei musicisti, il tipo di spettacolo e la ricerca artistica proposta che si evince anche dai testi, spesso densi di contenuti e di messaggi, anche politici. Come quelli di Call it what it is, tra i primi brani in scaletta, che contiene versi particolarmente illuminanti per Macerata: “they shot him in the back now it’s a crime to be black” (Gli hanno sparato alle spalle adesso è un crimine essere neri).
Il selfie finale spalle all’arena
Senza pause il concerto va avanti alternando brani dell’ultimo disco a pezzi storici: Why must you always dress in black, Welcome to cruel world, Keep it together che esalta il pubblico, Forever. Per le sonorità reggae le luci proiettano sul muro dello Sferisterio i colori dell’Africa e della Giamaica, verde, giallo e rosso. Con Burn one down, pezzo esplicito in cui Harper canta “Accendiamone uno e fumiamolo insieme, amico” il percussionista Leon Mobley dà il meglio di sé in una session di jambe proprio di fronte alle prime file. E’ quasi standing ovation per il pezzo With my own two hands che annuncia la breve ma meritata pausa. Al rientro Harper è più intimo, più rilassato, e scambia qualche battuta con il pubblico, racconta del suo cappello italiano e della sua fantastica chitarra Fraulini, una delle tante usate nella serata, fabbricata interamente a mano in vari anni dal liutaio italo californiano Todd Cambio. Dopo due pezzi acustici eseguiti solo sul palco il concerto si avvia alla conclusione, Waiting on an angel, Morning Yearning, Diamond form inside (che tutti stavano aspettando) e in chiusura il successo Amen Omen che mette fine a quasi due ore di spettacolo con un turbine di suoni. Il pubblico è tutto in piedi a gridare “Ben, Ben”, l’artista dopo un selfie spalle al pubblico, saluta con la band togliendosi il cappello, è Hat off to (Ben) Harper, citando i Led Zeppelin, da cui lo stesso artista trae ispirazione. Un’altra serata magica dello Sferisterio è consegnata alla storia.
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