L’Elisir sulla spiaggia,
un mare di applausi

Un’ondata di calore travolge lo Sferisterio

LA RECENSIONE - Spettatori in visibilio per il debutto della rappresentazione "balneare" firmata Michieletto. Finale col bis della Furtiva Lacrima. Tanti elementi scenici in comune con il Flauto Magico, ma qui anziché far discutere suscitano entusiasmo per un'opera briosa e divertente. Scroscianti applausi per tutto il cast, il tenore americano John Osborn (Nemorino) e il basso-baritono Alex Esposito (Dulcamara) i due più acclamati dal pubblico. Successo personale anche per il maestro Lanzillotta alla guida dell'Orchestra Regionale delle Marche, e per il Coro guidato da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina. Consenso pieno anche per la regia, le scene di Paolo Fantin, i costumi di Silvia Aymonino e le luci disegnate da Alessandro Carletti

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di Maria Stefania Gelsomini

Partiamo dalla fine, dalle due furtive lagrime. Gli spettatori in visibilio chiedono a gran voce il bis dopo la celebre aria di Nemorino, il tenore John Osborn e il maestro Francesco Lanzillotta lo concedono, sulle ali di un entusiasmo palpabile. Quasi un senso di liberazione, dopo le perplessità e i malumori della sera precedente, per un pubblico che viene a teatro per ascoltare, prima di tutto, della buona musica. Mai due opere sono state tanto distanti, eppure fra questo Flauto e questo Elisir non mancano – chi l’avrebbe mai detto – elementi (scenici) in comune: è l’anno dei sacchetti e dei cassonetti dell’immondizia, delle automobili, degli scooter, della droga, delle esplicite scene di sesso e persino delle secchiate d’acqua. È un puro caso, ma che in due allestimenti tanto lontani vengano utilizzati questi stessi elementi è indicativo del tempo in cui viviamo. Le problematiche che ci turbano arrivano, per vie diverse, sul palco. Curioso anche come quei simboli, messi in un certo contesto facciano discutere e facciano gridare allo scandalo, messi in un altro facciano persino divertire.

Macerata-Opera-Festival_Elisirdamore_foto-Tabocchini_TAB_5090-325x216Fresco e spumeggiante come il mare che c’è, ma non si vede, questo Elisir è il “magico liquore” del divertimento. Cambio totale di registro con la seconda opera in cartellone: dopo l’impatto per molti indigesto col Flauto magico firmato Graham Vick, si torna alla leggerezza con un tuffo nell’Elisir marino firmato Damiano Michieletto. Uno spettacolo che è ben rodato (è già stato messo in scena a Palermo, Siviglia e Madrid) e che funziona, al quale il pubblico riserva un’accoglienza decisamente calorosa.
La cura Lanzillotta ha fatto effetto, e si vede. L’intenso lavoro con e sull’orchestra si è rivelato, questo sì, un elisir miracoloso, capace di rinvigorire un’orchestra, la Form, che negli ultimi anni non ha goduto di ottima salute. E di rianimare un coro che aveva bisogno di essere ringiovanito e riorganizzato, grazie alla scelta di portare a Macerata uno dei migliori maestri del coro in circolazione, Martino Faggiani.
La musica con questo Elisir d’amore in versione integrale torna protagonista assoluta, con dei concertati bellissimi, con il giusto volume, le giuste voci. Donizetti non si fa prevaricare da Michieletto, ma anzi ne esalta l’allestimento originale e nobilita un libretto raffinato e pieno di citazioni colte. Che poi rustici e mietitori si rilassino su un lettino in riva al mare anziché in campagna fra i covoni alla fine poco importa, il sole del “lido Sferisterio” riesce ugualmente a sciogliere il pubblico.

PrimaElisirDAmore_MOF_FF-11-325x217Il regista Damiano Michieletto trasporta un intero stabilimento balneare sul palcoscenico e lì, su una lunga distesa di sabbia, tra lettini e ombrelloni, fa muovere (e quanto li fa muovere) i protagonisti, tutti eccellenti attori. La scena è un continuo brulicare di varia umanità, esattamente quella che affolla le spiagge di Rimini (ma anche di Civitanova) d’agosto. C’è chi prende il sole mostrando un fisico da culturista, chi gioca a carte e chi a beach volley, c’è chi legge il giornale all’ombra, chi si scatta selfie e chi chiacchiera con gli amici spalmandosi la crema solare. La cura nei dettagli è quasi maniacale. Mai un calo di tensione, mai un attimo di pausa, lo spettatore resta incollato davanti allo “schermo” in carne e ossa che gli scorre davanti. Non manca proprio nulla nella spiaggia dello scenografo Paolo Fantin: il chiosco del Bar Adina, dove Giannetta prende ordinazioni e serve i suoi cocktail in minigonna jeans, la doccia, le palme, la torretta del bagnino, i materassini gonfiabili di plastica colorata, il maxi manifesto pubblicitario di un paradiso tropicale. La rumorosa frotta di bagnanti in costume, pareo e occhiali da sole è la fotografia a colori di una scena vista centinaia di volte.

L’ingresso nel preludio di una coppia di anziani (ogni estate, in ogni spiaggia, c’è sempre una coppia di anziani che arriva per prima in spiaggia, la mattina presto) introduce alla perfezione lo spirito del melodramma giocoso e lo svolgimento delle azioni che si susseguiranno nel corso della convulsa giornata: lui spalma la crema abbronzante alla moglie, fanno un po’ di ginnastica e poi si mette a leggere il giornale sdraiato sul lettino. La giornata di mare sta per iniziare, la cameriera Giannetta apre il bar e il bagnino Nemorino apre gli ombrelloni, arrivano i bagnanti-coristi. Una festosa confusione che si blocca in un fermo immagine sottolineato da una luce colorata (e sempre sarà così nei momenti clou di tensione sentimentale) quando Nemorino, innamorato senza speranza della capricciosa Adina, intona la famosa cavatina “Quanto è bella quanto è cara”. Nemorino ha un aspetto modesto, si presenta in bermuda e infradito, non è certo uno dei tanti palestrati che esibiscono i muscoli in spiaggia. È un giovane dal cuore sincero ma non un sempliciotto, è l’ingenuo che regala un peluche alla sua amata irriconoscente (che infatti getta il pupazzo nella spazzatura), e subisce numerose umiliazioni, anche fisiche, da parte di Adina, poi del suo rivale Belcore e dei galletti impettiti che razzolano sulla spiaggia. Ne subisce di tutti i colori il povero Nemorino, bullizzato e deriso senza pietà. E intanto Adina se la spassa con diversi spasimanti davanti ai suoi occhi, e impartisce lezioni di ginnastica al gruppo dei vacanzieri che ripete scrupolosamente ogni suo movimento.

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Non c’è nulla, in questo Elisir, che non sia chiaro. L’attualizzazione della vicenda campestre ottocentesca e la sua trasposizione ai lidi degli anni Duemila fanno stridere necessariamente, in qualche passaggio, alcune parti del libretto, ma l’intenzione resta intatta, restano intatti la freschezza del racconto e il carattere dei personaggi. Primo fra tutti il biondo e fisicato Belcore, un “Paride vezzoso” che arriva a bordo di uno scooter fiammante, nella sua divisa bianca e occhiali a specchio. Un marinaio fanfarone e uno sciupafemmine seriale abituato a non perdere tempo, ci prova con tutte e stende Adina su un materassino subito dopo averle chiesto di Macerata-Opera-Festival_Elisirdamore_foto-Tabocchini_TAB_1231-325x216sposarlo. Poi si cosparge di schiuma, si risciacqua, annaffia tutti con il tubo. Nemorino cerca di riavvicinarsi ad Adina (“Una parola o Adina” e duetto “Chiedi all’aura lusinghiera”), è sconsolato, mentre lei si fa spalmare la crema da quattro ragazzotti. Fra dispetti e gavettoni si annuncia l’arrivo in pompa magna del dottor Dulcamara su una jeep nera, preceduto da ammiccanti vallette in mini shorts e caschetto di capelli rosso fuoco, che esibiscono lattine gonfiabili giganti del “Full energy elixir”. Alex Esposito è un Dulcamara esplosivo, indossa con una personalità e una grinta fuori dal comune i poco raffinati panni del dottore imbroglione, che spaccia il suo elisir per miracolosa crema per la pelle e non solo: le bottigliette in mano sua diventano simboli fallici che promettono una sprizzante felicità ai vacanzieri creduloni, che portano in processione la nuova divinità del benessere e della bellezza. Mentre anche Nemorino acquista l’energy drink sperando di far innamorare Adina, le scafate Dulcamara-girls fumano uno spinello, riuscendo ad allontanare il poliziotto arrivato nel frattempo a controllare la spiaggia. La jeep del dottore riparte nel viavai rumoroso e colorato della spiaggia, è il momento per Nemorino di bere l’elisir (ovvero il Bordeaux vendutogli da Dulcamara): “Caro elisir sei mio”. Ubriaco, allegro, e convinto del miracoloso effetto della bevanda (domani verrà riamato), Nemorino ignora Adina, cosa mai successa prima! Il mare all’improvviso inonda il palcoscenico per la buffa nuotata di Nemorino, che inforcate pinne, maschera e una cuffia colorata, una di quelle a fiori che piacciono alle signore di una certa età, mima bracciate e cavalca un grosso pesce gonfiabile avvolto da una luce verde acqua, davanti agli occhi increduli di Adina, sempre più irritata. Fra i due partono dispetti, spintoni, una guerra a colpi di spruzzini, schermaglie amorose interrotte dall’arrivo dello spaccone Belcore, colpito da Nemorino con un’aragosta di plastica gigante. Una felicità interrotta dalla telefonata del capitano: il marinaio deve ripartire, Belcore chiede ad Adina di sposarlo il giorno stesso. Nemorino è disperato, e nel quartetto “Adina, credimi” ecco un altro fermo immagine collettivo, la spiaggia si blocca.

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Il primo atto si chiude male per il giovane innamorato, bullizzato da un Belcore infuriato che lo insulta, lo spinge a terra e gli rovescia addosso l’immondizia (peluche compreso), deriso da Adina che gli fa scoppiare una lattina in faccia, legato mani e piedi alla sedia da bagnino e umiliato dagli scagnozzi muscolosi al servizio del sergente Belcore, mentre la spiaggia festeggia le imminenti nozze e tutti bevono elisir. Con la finta pipì che fuoriesce dalle bottigliette e annaffia Nemorino, e la rappresentazione dei peccati dell’uomo contemporaneo (apparenza, superficialità, arroganza, vizio), si chiude il primo atto.
Il secondo si apre con una scenografica maxi torta nuziale a tre piani che si gonfia sotto gli occhi degli spettatori, con le immancabili figurine degli sposi in cima e tante ciliegione rosse sugli strati. Gli invitati, in abiti di lamè come la promessa sposa, ci salgono sopra e vi si immergono come fosse una piscina. Tutto è pronto per le nozze, sul tetto del bar viene esposto lo striscione “Adina Belcore forever”. Il ritorno di Dulcamara, fasciato anche lui da un pantalone di lamè nero (è questo il suo colore), dà l’avvio a una sorta di addio al nubilato ad alta gradazione alcolica in cui Adina bendata viene sottoposta ai pesanti scherzi di tre marinai-spogliarellisti. L’arrivo di Nemorino disperato interrompe gli amoreggiamenti del dottore. La storia è nota: ha bisogno di essere amato subito da Adina e per pagarsi un’altra dose di elisir accetta di partire soldato, ingaggiato da Belcore, il quale ubriaco marcio, con l’ennesimo drink in mano, se la spassa con due ragazze e lo fa vestire da marinaretto dai tre muscolosi marinai in costume, un look immortalato da foto ricordo e selfie di rito.

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Macerata-Opera-Festival_Elisirdamore_foto-Tabocchini_TAB_5138-325x216Nemorino è ridicolo e ridicolizzato, e il contrasto fra il suo aspetto e il suo canto si fa più stridente. Ma ecco un nuovo imprevisto. A Giannetta arriva la notizia che lo zio di Nemorino è morto e il giovane ha ereditato la sua immensa fortuna. Ora tutte lo vogliono, nella torta gonfiabile riempita di panna montata (o schiuma da bagno?) dove sguazzano le pretendenti tirano dentro pure Nemorino, che balla felice, convinto di averle fatte innamorare tutte con la seconda dose di elisir. Adina che assiste incredula alla scena, e viene scacciata dalle agguerrite rivali, scopre da Dulcamara che Nemorino ha venduto per amore la sua libertà e cambia atteggiamento (“Quanto amore”): ormai è innamorata. Rifiuta la droga che le offre il dottore-spacciatore, strappando la bustina di polvere bianca davanti ai suoi occhi (“Sciagurata! e avresti core di negare il suo valore?”), rischiando di finire strangolata da lui. È ormai sera, e il momento dell’aria più famosa dell’opera. Nemorino, ormai certo di essere ricambiato, canta “Una furtiva lagrima” sul tetto del chiosco, dove sul finale d’aria si accendono una ad una le rosse lettere cubitali della scritta ADINA. Osborn canta davvero bene e con grande intelligenza, la sua voce non è grande ma è perfetta per il ruolo e lui sa che non ha bisogno di spingere per arrivare in ogni angolo dello Sferisterio. E infatti mentre canta lo Sferisterio si ammutolisce, poi esplode in un applauso carico di “bravo” e di “bis”. Che viene concesso. Questo bagnino dal cuore puro ha vinto: quando Adina gli confessa il suo amore è incredulo, ma la gioia si scioglie nel bacio finale, quando anche la musica per un istante si ferma. Non resta che restituire l’anello a quell’ubriacone di Belcore, la torta si sgonfia afflosciandosi su se stessa, i due innamorati si fanno le coccole sul lettino abbracciati al peluche tanto disprezzato. Nella scena finale, i poliziotti entrati a ripulire la spiaggia Macerata-Opera-Festival_Elisirdamore_foto-Tabocchini_TAB_5146-325x216da furfanti e spacciatori, portano via in manette Belcore, salutato dai bagnanti che sventolano volantini dell’elisir.

Scroscianti gli applausi per tutto il cast, il tenore americano John Osborn (Nemorino), da apprezzare anche per la perfetta dizione, e il basso-baritono Alex Esposito (Dulcamara) i due più acclamati dal pubblico, e poi Mariangela Sicilia (Adina), giovane soprano dalla carriera ormai lanciatissima che solo nel finale ha perso un po’ di agilità spingendo a tratti la voce più del dovuto, il baritono ucraino Iurii Samoilov (Belcore) e il soprano Francesca Benitez (una vivace e squillante Giannetta). Successo personale anche per il maestro Lanzillotta alla guida dell’Orchestra Regionale delle Marche, molto a suo agio in un’opera così briosa e divertente, e per il Coro guidato da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina. Consenso pieno anche per la regia di Damiano Michieletto, le scene di Paolo Fantin, i costumi di Silvia Aymonino e le luci disegnate da Alessandro Carletti.

Repliche il 27 luglio, il 5 e il 10 agosto. L’opera sarà trasmessa il 26 luglio in prima serata su Rai5.

(Foto di scena di Alfredo Tabocchini)

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