La conferenza al termine della stagione lirica. Da sinistra Antonio Pettinari, Barbara Minghetti, Romano Carancini, Luciano Messi, Francesco Lanzillotta e Stefania Monteverde
di Maria Stefania Gelsomini
(foto di Andrea Petinari)
Cala il sipario sulla stagione numero 54, il Macerata Opera Festival leva (letteralmente) le tende. Aria di smobilitazione sul palco, dopo l’ultima notte passata sotto le canadesi a guardare le stelle e la colazione consumata allo spuntar dell’alba. Si conclude così, anche con la benedizione del dio meteo, l’ennesima stagione dei record. Partiamo dai numeri: sono stati 29.799 gli spettatori fra recite e anteprime, per un incasso totale di 1.263.394 euro, il più alto mai registrato, con 57.028 in più rispetto al 2017 (è come dire aver aggiunto, all’incirca, mezza recita). Dopo una partenza a rilento a inizio anno, già da aprile la prevendita aveva sorpassato quella dell’anno precedente, con un venduto molto avanti sul prenotato. Dati che facevano ben sperare, poi confermati della biglietteria:«un risultato straordinario – annuncia con soddisfazione il sovrintendente Luciano Messi – di cui siamo fieri». Nel quarto e ultimo weekend, l’Elisir d’amore di venerdì ha registrato 1.944 spettatori per 81.800 euro di incasso, e il Flauto magico di ieri sera 2.011 spettatori per 94.427 euro. Ma il nuovo record assoluto lo ha stabilito la Traviata di sabato, con ben 2.431 spettatori per 125.601 euro: l’incasso più alto dal 2006 (anno della ristrutturazione della platea) e uno dei più alti nella storia dello Sferisterio. Per la prima volta inoltre, tutti e quattro i weekend fanno registrare un incasso totale che supera i 300.000 euro (nel quarto weekend esattamente 301.828 euro, contro i 275.000 del 2017), dato di grande rilevanza perché evidenzia, come ha sottolineato Messi, che «la forza del festival è nella sua unitarietà, nella completezza e integrazione della proposta». Calano progressivamente, come da sette anni a questa parte, i biglietti omaggio: si passa dai 1.147 del 2017 ai 774 del 2018, con un rapporto fra omaggi e biglietti totali che scende dal 3,57 al 2,6%.
La direttrice Barbara Minghetti
Il totale delle presenze fra opere, anteprime, concerti, balletto e spettacoli al Lauro Rossi è di 36.500 persone (contro le 33.500 nel 2017, con un aumento di quasi il 10%), segnale di un pubblico che si sta ampliando numericamente e geograficamente, con gli stranieri in ripresa dopo i timori causati dal terremoto. Tutto merito di quella che il sovrintendente definisce «una squadra competente, tenace e appassionata».
Il presidente dell’associazione Sferisterio Romano Carancini ha posto l’accento non sui numeri ma sui valori qualitativi che hanno misurato e decretato il successo della stagione appena conclusa, «una stagione di sfide, forte dal punto di vista delle scelte, che ci ha reso diversi dagli altri, nell’esplorare nuove vie e nuovi modi di conquistare le persone, avvicinarle al melodramma e parlare a tutto il pubblico, una diversità di cui siamo orgogliosi. Facendo un piccolo bilancio, ci ritroviamo un capitale straordinario, inaspettato, professionale e umano, con una grande capacità di innovazione”. Il riferimento è alla nuova direttrice artistica Barbara Minghetti e al direttore musicale Francesco Lanzillotta, che «con dolcezza, umiltà e competenza» hanno migliorato la qualità del festival e hanno saputo creare una sinergia sempre maggiore fra il teatro, la città e il territorio, e che sono già proiettati al lavoro per la prossima stagione.
Soddisfazione anche da parte del presidente del vicepresidente dell’associazione Sferisterio Antonio Pettinari: «è il settimo anno di successi, avevamo come primo obiettivo riempire il teatro, come secondo far sì che non fosse un evento solo della città, e come terzo eliminare gli indebitamenti. È stato un crescendo e tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, con la continuità nella qualità, il coinvolgimento del territorio e un estremo rigore. Quest’anno eravamo molto preoccupati del passaggio fra Micheli e Minghetti, invece è stata una consacrazione”.
Parole di elogio per il “trio delle meraviglie” Minghetti-Lanzillotta-Messi anche dalla vice sindaco di Macerata Stefania Monteverde, per la quale il nuovo team ha saputo «osservare bene la relazione del festival con la città, che nasce prima e che guarda oltre, e che ha un grande impatto sociale, rende la città più solida».
Il maestro Lanzillotta
Anche il maestro Francesco Lanzillotta traccia un bilancio del suo primo anno a Macerata: «essere chiamato a far parte di questo festival era già un onore, ma lavorandoci dall’interno è come trovarsi dentro una macchina gigantesca con un senso familiare della gestione, un ottimismo dilagante che rendono questo onore e questo onere ancora più leggeri. L’anno prossimo dobbiamo tenere lo stesso livello artistico, questi risultati mi responsabilizzano ancora di più». Le parole di chiusura spettano alla direttrice artistica, che «raccoglieva – ha affermato Carancini – un’eredità pesantissima ma l’ha resa leggera con le sue capacità umane e professionali».
Barbara Minghetti fa la sua dichiarazione d’amore a Macerata ma lascia agli altri il racconto dei successi, sembra più interessata a parlare del futuro: «mi sono innamorata di questo luogo, della città e del territorio, il festival lo trasmette in tutte le sue attività e produzioni. I maceratesi hanno partecipato, con i loro apprezzamenti e anche con le critiche, ma sempre positive. Gli artisti andando via ci hanno abbracciato in lacrime, chiedendoci di tornare. C’è la voglia di essere internazionali, per le produzioni, la qualità e l’ospitalità». Un’internazionalità ricercata anche attraverso i contatti con gli altri teatri europei: «stasera c’erano qui i direttori artistici di Berlino, Dresda, Potsdam e Lisbona, stiamo già lavorando da tempo per il 2019, e lavoreremo tutto l’anno per preparare la città alle tre opere della prossima stagione Carmen, Macbeth e Rigoletto.” Tra le cose più care che si porterà via? «i pensieri, molto commoventi, lasciati dai cittadini sull’albero dei desideri di We can be waves». Il passaggio di testimone ideale tra il verde speranza che è stato e il rosso desiderio che verrà…
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Bene,tutti euforici e contenti, ma credo che, e leggendo l’articolo non l’ho visto, sarebbe opportuno capire quante spese sono state sostenute e nell’eventualità che le stesse siano meno dell’incassato allora si che si potrà gioire. Mi auguro che Carancini, Pettinari e soci c’è lo facciano sapere quanto prima così anche noi cittadini potremmo dire che per una volta la Lirica non ci è costata un Euro.
Qualis artifex pereo! è una locuzione latina.
Secondo la biografia, facente parte del “De Vita Caesarum”, dello scrittore latino Svetonio, fu gridata dall’imperatore romano Nerone in seguito alla ribellione delle legioni di Galba.
..’ora puntiamo al resto del mondo’ (che modestia..); bè, se è per questo, mi pare che il resto del mondo già conosca bene Macerata!! gv
Ìacobini sono un ignorante non ho capito cosa hai scritto,ma a occhio e croce,sei più ignorante di me,perché vuoi dimostrare una cultura fuori dal normale,il caldo può dare alla testa
Per Ferramondo. Il suo argomentare non fa una piega. Però la colpa non è del caldo, infatti io sono così tutto l’anno.
E poi le voglio proporre la favola di Fedro “La rana e il bue”.
Eccola.
“Chi non ha possibilità e tuttavia vuole imitare il potente,
finisce male.
Un giorno la rana vide un bue al pascolo
e presa da invidia per tanta grandezza
gonfiò la pelle rugosa. Poi chiese ai suoi figli
se fosse più grossa del bue: risposero di no.
Tese di nuovo la pelle con sforzo maggiore
e chiese ancora chi fosse più grande; risposero: il bue.
Alla fine, esasperata, mentre cercava di gonfiarsi di più,
il suo corpo scoppiò e così morì.”