Bentornata Traviata degli specchi,
aperitivo con Brockhaus prima dell’opera

MACERATA OPERA FESTIVAL - Agli Antichi Forni il regista autore del capolavoro del '92, poi replicato in tutto il mondo ha incontrato Cinzia Maroni e la critica del Sole24Ore Carla Moreni. Tra aneddotti e curiosità un approfondimento del significato dell'immagine riflessa

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La Traviata degli specchi allo Sferisterio (foto di Alfredo Tabocchini)

 

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Henning Brockhaus, Cinzia Maroni e Carla Moreni

 

di Marco Ribechi

La Traviata “degli specchi” torna allo Sferisterio e il regista Henning Brockhaus agli Antichi Forni. Per il quarto appuntamento degli Aperitivi Culturali Cinzia Maroni ritrova la critica musicale Carla Moreni e l’autore della storica produzione con le scenografie di Josef Svoboda che nel 1992 lasciò un segno indelebile nella storia dello Sferisterio. Da quell’anno l’opera è stata replicata in moltissime stagioni liriche, l’ultima volta in occasione del 50° anno del Mof quando per il tema L’opera è donna, sotto la guida di Francesco Micheli, fu messa in scena insieme all’Aida e alla Tosca. Oltre a Macerata tante altre tappe che lo stesso regista fa fatica a ricordare: Sassari, Cagliari, Napoli e poi a livello internazionale Spagna, Francia, Turchia, Giappone, Korea, Cina, Oman e Stati Uniti. Ogni volta una parte di Macerata è volata in giro per il mondo. «Non mi sono mai annoiato – spiega sincero Brockhaus – questa opera è sempre freschissima e geniale. Ogni nota, ogni parola è esattamente dove deve stare, è perfetta, a livello delle opere di Mozart. Criticarla significa non capire niente della musica di Verdi».

 

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Carla Moreni

La Traviata degli specchi è ormai diventata un allestimento classico che parla al pubblico di tutto il mondo, difficile commentarla ancora e il regista racconta un aneddoto: «Nel ’92, dopo l’esecuzione, sono venute da me due donne mature ma ancora molto attraenti, molto eleganti. Mi dissero che lo spettacolo era stato bellissimo fino a quando non si era alzato lo specchio, in quel momento stavano piangendo e vedersi riflesse aveva causato loro un senso di imbarazzo». Proprio lo specchio è un oggetto scenico centrale nell’opera, come spiega la critica musicale del Sole 24Ore Carla Moreni: «Non è solo un effetto scenico – dice la giornalista – è il segno del passaggio del tempo, Violetta è la sua immagine. In ogni parte ritorna uno specchio che nell’ultimo atto è piccolo, da comodino. Con l’immagine della protagonista cambia anche il suo modo di parlare. Nel primo atto è sfrontata, usa un linguaggio molto moderno. Nel secondo non è più una ragazza ma una donna matura che si confronta al pari con un uomo. Nel terzo è il linguaggio della Chiesa, fatto di proverbi e di gesti umili, come quelli di un’anziana che va incontro alla morte. Lo specchio si fa piccolo perchè è meglio non guardarsi. Poi l’ultima parola del libretto è la celebre Gioia che lascia la speranza di ricominciare».

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Henning Brockhaus

Ma per Brockhaus lo specchio è anche altro, come testimonia l’aneddoto raccontato: «Quando si alza risucchia il pubblico – spiega il regista – fino a quel momento chi guarda è quasi un voyeur che spia senza essere visto. Invece lo specchio è anche testimone di due punti di vista, diventa un oggetto simbolico. La musica è il linguaggio dei sentimenti e l’unico aspetto del visivo a cui si può paragonare è il sogno, anch’esso carico di emotività. Non conta la logica né il tempo. Credo che un linguaggio realistico, naturalistico non si leghi alla musica quindi anche la Traviata è un’opera simbolica che va oltre il suo racconto». La Traviata, come è risaputo, è ispirata al romanzo La signora della Camelie di Alexandre Dumas (figlio): «Marie Duplessis, il personaggio reale da cui deriva il romanzo, non si pentì mai della sua vita – aggiunge il regista – quando morì si fermò Parigi perchè era ammirata e conosciuta, soprattutto per la sua cultura. Faceva libera professione con il suo corpo ma lo faceva in maniera assolutamente consapevole e fu amante di personaggi molto rilevanti. Verdi a Venezia aveva l’opportunità di fare un’opera contemporanea e invece perse il coraggio all’ultimo momento, si autocensurò andando incontro ai gusti borghesi». E infatti anche dal nome è chiara la differenza di attitudini: «La signora delle Camelie si chiama così perchè quando era indisposta esibiva una camelia rossa, non bianca come molte produzioni mostrano – conclude il regista – è un errore gravissimo perchè lei faceva sfoggio della sua condizione e informava i suoi amanti. Invece la Traviata è cioè colei che ha smarrito la giusta via». L’apertivo del giorno è stato poi offerto da Maga Cacao, in piazza della Libertà e accompagnato da un bicchiere di Ribona. Il prossimo appuntamento dal titolo “Appennino d’amore” è per giovedì 26 luglio alle 18,30 con Paolo Piacentini in collaborazione con FederTrek e Cai Macerata.

Brividi di freddo e d’emozione per la nuova Traviata degli Specchi

 



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