Una delle scene finali de Il flauto magico
di Marco Ribechi
Matteo Salvini debutta all’opera, o meglio lo fa la sua ruspa. La regia del Flauto Magico di Graham Vick ha sconvolto il pubblico dello Sferisterio per le ardite scelte sceniche del famoso “colpo allo stomaco” cercato dal regista e realizzato mettendo sul palco tanto realismo fiabesco più vero del vero. Un’allegoria dell’Italia che traspare dalla televisione e dai social. Un’opera per far riflettere dove “la prosa irrompe nella lirica e le ruba la scena” come sottolinea la cricica Maria Stefania Gelsomini (leggi la recensione). Piaccia o non piaccia è impossibile non chiedersi “Ma che cosa ho visto?”. E’ giusto quindi analizzare alcuni dei punti chiave che nella notte della prima hanno fatto guadagnare applausi e fischi al regista britannico.
La ruspa dove viene trovato Tamino
Prima di tutto la ruspa. La scena si apre in un campo rom dove Tamino invece che fuggire dal dragone finisce tra le fauci di uno scavatore. Simbolo di devastazione e rovina “Il drago ha la capacità di assumere molteplici forme che però sono imperscrutabili” diceva Borges. Per il regista la ruspa è una di queste forme. Lo scavatore che si aggira tra gli ultimi della società è l’incubo da cui il protagonista deve liberarsi per iniziare il suo viaggio iniziatico verso la libertà e la verità. “Ruspe, ruspe, ruspe!!” gridava Matteo Salvini. Il tema dell’immigrazione ritorna quando una voce fuori campo grida a Sarastro “Sei un razzista” perché intento a punire il moro colpevole. “Cosa c’entra il colore della pelle?” è la frase che ritorna. E’ la retorica che supera la realtà.
Sarastro diventa un presentatore televisivo
Se il leader della Lega è stato definito populista e l’opera un genere popolare il passo da una cultura di arricchimento a una di intrattenimento è breve. E così all’inizio del secondo atto il protagonista chiede al pubblico di alzarsi in piedi e cantare con lui alcuni versi incitando i presenti come in un villaggio vacanze e gridando: “Siete Bravissimi!”. Chi lo ha fatto si è sentito inevitabilmente ridicolo, ma non bisogna ingannarsi, la messa in scena è già iniziata. Vick sembra dire: “Se non vi scandalizzate per la deriva della produzione culturale del vostro paese allora ve la metto anche in uno dei templi della lirica”. L’opera si fa talent show dove il personaggio di turno ha bisogno del sostegno del pubblico per superare le prove introdotte dal predicatore/presentatore Sarastro. In questo caso è la spettacolarizzazione della realtà che ha il sopravvento.
Papageno si fuma una canna divertito
Altra scena che ha scandalizzato: Papageno, disubbidiente all’autorità che gli vieta di parlare, cosa che invece farà per tutto il tempo, incontra l’Oratore del Tempio che gli dice: “Cosa desideri più di tutto?”. La risposta è esplicita: “Una bella canna da fumare”. E spunta un braccio che gli dà spinello e accendino. Papageno si fa una bella fumata e inizia a cantare allegro come una Pasqua. La scena ha del comico ma rivela una critica alle giovani generazioni che disobbediscono senza agire. Papageno, col look alla moda ma cafone, in grado di fare sesso anche con una vecchia in un cassonetto dell’umido per soddisfare il suo pubblico, felice nel suo lavoro di servizio consegna a domicilio polli arrosto, non fa altro che pensare ai suoi piaceri e infatti droga e sesso gli impediranno di compiere il suo percorso di iniziazione.
I tre templi
E poi l’evidente simbolismo della scenografia. I tre templi della Natura, Ragione e Sapienza sono intitolati al denaro, alla tecnologia e alla religione. Dietro ognuno si rivela una seconda faccia: la guerra con missili pronti al lancio, la distruzione con un albero morto, e la società patriarcale con una statua della Madonna imbavagliata. I tre templi al termine crolleranno come castelli di carte lasciando i tantissimi personaggi del cast, che raffigurano le tipologie più disparata di essere umano, intenti a ballare una goffa danza liberatoria. Un abbattimento delle gabbie sociali che imprigionano l’individuo è la realizzazione dell’utopia a cui l’iniziato che cerca la verità deve tendere.
Vick agli Aperitivi Culturali
Durante l’Aperitivo Culturale (leggi l’articolo) Vick aveva detto: “Nulla è lasciato al caso durante una regia altrimenti si è cattivi registi”. Il simbolismo infatti è rintracciabile in decine di altre forme: i tre fanciulli/scugnizzi napoletani sul motorino senza casco, la spazzatura presente ovunque, l’Oratore del tempio della tecnologia che richiama Steve Jobs o Mark Zukerberg e che decide le regole del gioco, l’estetica insignificante del protagonista, senza particolari abilità né virtù che rappresenta l’individuo medio. Anche la fruibilità a ogni livello culturale, come avvenne per l’originale, è lasciata intatta: ogni spettatore osservando gli elementi scenici potrà trovare il proprio drago da abbattere. Vick sceglie da che parte stare, sembra evidente che per lui continuare a rappresentare l’arte come pura bellezza in un mondo dominato da tante brutture è assolutamente insignificante e per questo le porta sul palco. Sceglie di tradurre il libretto perché “Bisogna parlare, il silenzio è portatore di segreti e quindi è un male” aveva detto sempre agli Antichi Forni. La musica non gli basta e si serve di una lingua comprensibile al pubblico. Mantenendo la trama fiabesca riscrive una nuova forma di Flauto Magico e realizza un viaggio di tasformazione, in questo caso degli spettatori più che del protagonista, e l’utopia di un mondo di uguali senza guerre. Difficile da digerire? Sì, lo è stato per tutti, non solo per i contestatori ma a volte l’arte culla altre volte colpisce e qui lo si è fatto attraverso i simboli di una società moderna più distopica che utopica ma sicuramente reale. Sul giudizio estetico ognuno poi potrà trarre le proprie conclusioni.
LA RECENSIONE DI MARIA STEFANIA GELSOMINI: (LEGGI L’ARTICOLO)
I tre fanciulli in motorino
Papageo con Papagea vecchia
Il campo rom
L’arte è sperimentazione e specchio della società attuale, la grandezza dell’opera del flauto magico originale sta proprio nella sua duttilità e capacità di trasformarsi. L’arte non deve essere per forza bella, deve lasciare un messaggio ed emozionare (positivamente e negativamente). Molto spesso serve a farci riflettere e ragionare su quello che abbiamo intorno. Lo Sferisterio non deve essere solo un palcoscenico per le serate di Gala e per stare impettiti nelle nostre giacche ed abiti da sera, io sinceramente sono rimasto soddisfatto, tutte ma proprio tutte le comparse hanno partecipato attivamente all’opera come fossero veri attori. al regista ed a tutto il cast
La lirica allo sferisterio è l’unica cosa bella di Macerata che gli è rimasta ......avete rovinato anche quella che schifo !!!!!!
La stragrande maggioranza dei commenti provengono da gente rancorosa che scommetto neanche hanno visto Il Flauto Magico. Continuate così siete meravigliosi. Da uno dei 100 cittadini
Succede un fatto di cronaca e tutti magistrati; si parla di immigrazione e tutti esperti di diritto internazionale: ora tutti cultori di musica lirica?
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..dagli aperitivi culturali ai deliri culturali il passo è stato breve ma intenso, probabilmente gli aperitivi erano molto..carichi!! Giuseppe.
La cultura italiana dell’opera non merita di essere svilita e gettata, anche nel vero senso della parola, in una pattumiera, ‘distrutta’ da una ruspa e mandata in fumo da uno spinello, per accontentare certi ‘appetiti’ politici; vergogna. Giuseppe.
Anche questa volta ” Fallimento totale” .
Gli amministratori sono collegati con la crosta terrestre????
Sorvoliamo sull’efficacia di codeste esibizioni, che è pressoché nulla e anzi porta carrettate di voti a leghisti e alleati vari. Ma ognuno è libero di farsi male da solo, di masochisti in giro ce n’è in sovrannumero e i sinistri italiani sono degli specialisti in tafazzismo, l’arte particolare di darsi delle martellate sulle balle.
Spero che non vi paghino la nafta per farla camminare…….. ma perché non mettete in scena le opere pensando che sono state scritte secoli fa e quindi che rendono al meglio se rispettate ambientazioni e vicende originali invece di perdere mesi a concepire deliri che capite solo voi?!?!? Vi rendete conto che la gente paga il biglietto sperando di vedere uno spettacolo artistico di alto livello e si ritrova a vedere…… cosa?!?!? E li andiamo pure a cercare all’estero certi personaggi?
Questo e’ uno “schiaffo” eterno all’opera della stagione lirica allo Sferisterio.
disgustoso
E’ vero, come afferma qualcuno, che darsi le martellate da soli sulle balle è una specialità dei sinistri nostrani, che non voglio in alcun modo difendere per queste scelte; è altrettanto vero però che molti di loro, pur rendendosene conto (delle martellate..), lo hanno capito e, se non per intelligenza, ma magari per furbizia, hanno anche compreso che se ammettessero le loro colpe sarebbe ancor più controproducente per loro questo comportamento, per tutta una serie di motivi che non sto qui ad elencare. Sono dunque ad un bivio, e sarebbe assai arduo
e complicato decidere sul cosa fare, anche a livello nazionale, sempre per loro, ovviamente se avessero anche la capacità di..farlo!! Giuseppe.
È vero che ci deve essere libertà nell’interpretazione dell’opera da parte del regista,ma oramai questa storia dei migranti, dei rom e della ruspa di Salvini,comincia
a stancare, sa di trito e ritrito.
Utilizzare i soldi pubblici in questo
modo è sbagliato e iffensivo nei
riguardi dei cittadini.
Poi ognuno la può pensare cone vuole.
facciamo una cosa: i registi sono liberi di interpretare la realta e ovviamente rappresentarla a modo loro, chi la vive, la subisce e la affronta tutti i giorni, cosa che non e’ detto non succeda ai maestri dello spettacolo, ma , forse e’ un peccato di presunzione, in maniera un po meno frequente, e’ altrettanto libero di agire nela maniera piu consona alla propria coscienza civile
La faccio breve: per me “Il Flauto Magico” dello Sferisterio è bellissimo!!!
Scioccante, ma bellissimo!!!
Certo niente a che vedere con le messe in scena favolistiche, romantiche (e a volte un po’ alla Walt Disney) di altre produzioni.
Qui Graham Vick ci chiama ad una cruda realtà, richiedendo la partecipazione visiva, emotiva ed anche attiva del pubblico.
Prima shock la scelta della lingua del testo, l’Italiano.
Devo ammettere che, pure preferendo la versione in Tedesco (lingua che non conosco), la traduzione italiana mi è piaciuta, mi ha molto divertito e mi ha coinvolto perché la versione ritmica italiana non tradisce ed è coerente con l’originale.
L’interpretazione scenica e registica di Vick, attualizzata alla realtà odierna, mi è sembrata molto coerente con il racconto originale, dove i simboli iniziatici della massoneria sono stati sostituiti con i simboli moderni del potere (danaro, tecnologia, religioni) che solo la ragione e l’amore possono sconfiggere.
La versione di Vick fa pensare: non sarà piuttosto questo che incute paura e non piace?
Dove è lo scandalo?
Solo chi è prevenuto vede ciò che non c’è e ciò che Vick non ha voluto dire; e al contrario là dove la cruda realtà odierna viene chiaramente rappresentata, chi è prevenuto la nega.
Inoltre, chi critica la scenografia essenziale ed efficace, secondo me non conosce abbastanza cosa si fa in altri teatri sia italiani che stranieri, dove ormai si tende al “minimo”, molto evocativo e per niente oleografico.
Ma del resto uscendo dalla prima rappresentazione del coloratissimo e modernissimo “Elisir d’Amore” di Michieletto ho sentito alcuni spettatori avanzare critiche e rimpianti per le mitiche (e sicuramente mai viste) rappresentazioni del passato…..
Bravo Vick! Bravo Sferisterio per la scelta moderna e coraggiosa!
(Ma, per caso, coloro che oggi criticano un teatro d’opera raffinato ed all’avanguardia come quello proposto dallo Sferisterio, non saranno mica gli stessi che negli anni ’80 hanno fischiato la “La Bohéme” di Ken Russel ed oggi la decantano come un capolavoro?).
Cordiali saluti.
Questo flauto magico mi è piaciuto tantissimo,tanto di cappello al regista,alla scenografia,ai cantanti e complimentoni ai bravissimi 100 cittadini che sembravano professionisti e che x mesi si sono impegnati,hanno studiato ,fatto tante prove e anche sacrifici (con il lavoro,la famiglia ecc.)magari solo per fare un’esperienza diversa o realizzare un loro sogno.