Sarà pur vero che i tempi attuali sono caratterizzati dalla irrazionalità – meglio dire irragionevolezza – di tanti comportamenti e tante opinioni, ma qui da noi son capitati un paio di episodi che entrano addirittura nella categoria dell’assurdo. Il primo a Macerata, con l’impresa ladresca compiuta da ignoti negli uffici giudiziari attigui alla sede del tribunale: porte sfondate, casseforti forzate, bottino di circa mille euro (leggi l’articolo). Il secondo episodio a Porto Recanati, dove un giovane tunisino portato in caserma per accertamenti e sottoposto a interrogatorio ha notato sulla scrivania il portafoglio del maresciallo e vi ha sottratto cinquanta euro, dopodiché, scoperto, è stato arrestato (leggi l’articolo). Perché assurdi? Perché dimostrano entrambi un ribaltamento delle parti in causa, nel senso che la funzione della magistratura e dei carabinieri è, fra le altre, di combattere i ladri, mentre il mestiere dei ladri non è certo quello di rubare alla magistratura ed ai carabinieri.
Si rovescia il mondo, verrebbe da dire. Colpa del perdurare e dell’aggravarsi della crisi economica? Certamente sì, come dimostra l’impressionante aumento dei furti nei negozi e nelle case e nel proliferare, qua e là, in tutta la provincia, di piccole bande di furfanti contro le quali le misure pubbliche di prevenzione e repressione rischiano di rivelarsi impotenti. Ma la paradossalità dei due casi che ho appena citato rimane. E fa riflettere, magari con una punta di amara ironia.
I più anziani di noi ricorderanno il film “Guardie e ladri” che parecchi anni orsono fece epoca per la superba interpretazione di Totò nei panni del ladro e di Aldo Fabrizi in quella della guardia: interminabile inseguimento lungo faticosi viottoli di campagna, soste per riprendere fiato e per un sorso d’acqua alle fontanelle, Fabrizi che grida “Fèrmati, maledetto, non ce la faccio più!” e Totò che con un filo di voce risponde: “Vieni a prendermi, panzone!”. Due poveri cristi, in fondo. Ma nel rigoroso rispetto delle parti: il ladro che fugge e la guardia che cerca di agguantarlo. Adesso non più. E può accadere perfino che sia il ladro a inseguire la guardia. Non è sorprendente?
Mantenendo un tono quasi scherzoso e premettendo di nutrire rispetto per la dimensione del sacro, segnalo la notizia di un miracolo che due settimane fa si sarebbe verificato ad opera della Madonna di Loreto, grazie all’intercessione della quale una signora affetta da un’incurabile malattia agli occhi che presto l’avrebbe resa cieca afferma di avere improvvisamente riacquistato la vista (leggi l’articolo). La cosa singolare è che proprio in quei giorni divampava a Macerata la protesta contro l’annunciato smembramento di due reparti del proprio ospedale, quello medico-chirurgico di otorinolaringoiatria da trasferire a Civitanova e quello medico-chirurgico di oculistica da trasferire a San Severino (ora sembra che per quest’ultimo ci sia un parziale ripensamento: la microchirurgia rimarrà a Macerata e il resto farà le valigie, ma la situazione resta fluida e – com’è prudente se si tratta di occhi – staremo a vedere). Con tutto il rispetto per la dimensione del sacro, ripeto, ma resta difficile non immaginare un pur vago rapporto fra le vicende nient’affatto miracolose dell’ospedale maceratese e quelle certamente miracolose che di tanto in tanto accadono alla Santa Casa di Loreto, dove stavolta il prodigio ha riguardato proprio l’oculistica. E siccome si mormora che l’idea politica o parapolitica di frammentare sul territorio i reparti ospedalieri esistenti derivi sì dagli opportunismi pre-elettorali della Regione e dalle vocazioni campanilistiche dei sindaci ma anche dalle ambizioni personali dei vari primari, perché non prendere atto che a Loreto c’è una “Primaria” ben più brava di loro e che, semmai, l’oculistica di Macerata dovrebbe trasferirsi proprio in un padiglione della Santa Casa?
Ma lasciamo perdere, perché in fatto di “scherzo” più o meno volontario c’è qualcuno che di gran lunga mi batte e misurarmi con lui è una “mission impossible”. Riassumo la questione. Domanda: in che consiste la necessità di un ospedale provinciale o d’area vasta? Risposta: nel disporre del maggior numero di specialità medico-chirurgiche in accordo fra loro al fine di tutelare la “centralità umana” del paziente che a certi livelli di complessità del suo stato di salute può aver bisogno del contemporaneo concorso di più specialisti senza doversi spostare da un luogo a un altro con evidente disagio per lui e con possibili ritardi negli interventi che si rendessero necessari. Non è forse a questa superiore funzione sociale e civile che su scala regionale risponde il “Torrette” di Ancona? E non è forse alla medesima funzione che su scala provinciale o d’area vasta (trecentoventiseimila abitanti!) risponde oggi l’ospedale di Macerata? Ecco il punto, signori. Un punto che non dovrebbe consentire il trasferimento in altri luoghi di alcune delle specialità di cui esso attualmente dispone. Tutto qui.
E vengo allo “scherzo” (più o meno volontario, ripeto, ma di cosa poco seria, comunque, si tratta) che sta in una recente uscita pubblica di Angelo Sciapichetti – per un verso maceratese e per l’altro “anconitano” in quanto consigliere regionale in odor di conferma – il quale ha affrontato il tema della riorganizzazione ospedaliera provinciale con un’idea a tal punto stupefacente da rendere difficile distinguere, in essa, la serietà dallo scherzo e la logica dal paradosso. Qual è il suo pensiero? Sì a un vero ospedale provinciale – o di area vasta – nel quale funzionino, in contatto fra loro, tutte le specialità più importanti. Benissimo. E allora? Difendere quello di Macerata, che è l’unico, oggi, ad avere tali caratteristiche? Neanche per sogno! Se ne costruisca invece uno nuovo in posizione baricentrica, lungo la superstrada del Chienti e pressappoco all’altezza di Macerata. Quanti anni ci vorrebbero, posto che si decidesse di farlo? Non meno di dieci. E nel frattempo? Ecco il paradosso: si proceda col sistema delle “reti cliniche”, cioè col trasferimento ad altri centri di alcune delle specialità attualmente presenti a Macerata. Da una parte, insomma, si esalta, in astratto, la funzione sociale e civile dell’ospedale provinciale, che oggi, nonostante i suoi limiti, è quello di Macerata. E dall’altra parte si accetta, in concreto, la logica degli smembramenti.
Stimo l’intelligenza di Angelo Sciapichetti e preferisco concludere che la sua non sia una proposta seria ma, appunto, uno “scherzo” giocatogli forse dalla duplicità della sua etnia politica, maceratese e al tempo stesso “anconitana”. Mi sbaglio? Può darsi. E in tal caso invoco perdono. Ma Il suo continua a sembrarmi il tipico equilibrismo di un colpo al cerchio e uno alla botte, in un adulterino connubio fra l’opportunismo e la realtà. Infine, visto che si parla anche di otorinolaringoiatria, gli ricordo, con garbo, un noto proverbio: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
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Grande Liuti!! La sua ironia colpisce il centro del problema, non demorda mi raccomando!!
la nostra sanità si deve aggiornare , deve diventare eccellenza. Chi vuol capire…
Vorrei porre una domanda a tutti gli Illustri maceratesi che sono intervenuti sulla difesa dell’Ospedale maceratese. L’ospedale di Macerata riesce a garantire TUTTE le esigenze degli oltre trecentomila maceratesi con tempi accettabili ? Il reparto di ostetricia riesce a far partorire oltre 1.500 donne all’anno ? Mi sembra di aver letto qualche settimana fa che in un paio di giorni, forse a causa della luna nuova, il reparto è andato in crisi perchè troppe donne erano giunte a partorire e non c’era nè posto letto nè personale sufficiente. I reparti di chirurgia, di urologia, di ortopedia, di otorino, riescono ad operare le persone entro 1 mese dalla prenotazione ? e i casi urgenti possono essere evasi subito ? il reparto di oncologia è sufficiente per l’intera provincia ? Il pronto soccorso riesce ad essere fluido e gestire i codici nei tempi di legge ? Questo è il vero nodo della questione, ciascun abitante di questa provincia vorrebbe sapere se l’ospedale di Macerata trasformato con un colpo di bacchetta magica da ospedale della città a ospedale per l’intera provincia riesce a fare. Illustri maceratesi date una risposta seria e non fate la solita manfrina del piagnisteo collettivo
chiomaalvento
perchè, fa queste domande “agli illustri maceratesi” , se per questi intende, medici, giornalisti, membri di associazioni cittadine ? Dovrebbe chiedere meglio agli illustri politici. Per stare sul suo esempio, a cominciare da chi ha deciso che andava chiuso il reparto maternità di Recanati. E comunque guardi, lo dico per esperienza personale , nei reparti maternità possono sempre verificarsi affollamenti eccezionali in alcuni periodi . Nel ’91 erano attivi i reparti ostetricia di Macerata, San Severino Marche, Recanati, e chissà anche altrove che ora non ricordo , e nonostante ciò, proprio per quella luna nuova che diceva, e in più per la prima nevicata di stagione, che come recita un adagio popolare ” dicembre nevoso bambino frettoloso” ,mi ritrovai dalle 7 di mattina alle 3 del pomeriggio senza un posto letto disponibile, di sabato, col personale ridotto, che è meglio non ricordare quella sala d’attesa nel reparto dove non riuscivo a stare nè in piedi nè seduta su quelle dure sedie di legno con le doglie in corso, tanto che alle 16 era già nata mia figlia.
E in ogni caso, se lei è un sostenitore delle reti cliniche, cioè a parlar chiaro dello smembramento dell’ospedale di Macerata in attesa di realizzarne uno provinciale ex novo – non si sa bene dove, non si sa bene quando, non si sa bene il quanto – in questo però è stato molto chiaro il Dottor Gelsomini su queste pagine; laddove si pratichi chirurgia, in un ospedale che voglia dirsi tale , serve avere un centro di rianimazione.
Questo detto , no perchè mi entusiasmi particolarmente l’idea di un ospedale unico provinciale, io sono affezionata ai vecchi ospedali civici dove il chirurgo, specializzato in tutto, ti faceva nascere, ti toglieva le tonsille, ti metteva due o tre punti sulla testa alla prima spaccatura , dove lì nascevi, venivi curato, e bene, pur coi mezzi di allora, e lì morivi a fine corsa nella stessa aria di casa tua, ma allora venivi considerato individuo psicologicamente dotato e non un ammasso di parti da risanare che possono essere spedite dappertutto , per cui abbandoniamo il discorso da relegare ormai a letteratura; Figuriamoci perciò, ma bisogna riconoscere oggi l’ esigenza dettata dalla medicina e chirurgia moderna, nonchè dai costi esorbitanti della gestione sanitaria. Sempre sperando, che ogni riforma a cui si mette mano pensando più al portafoglio che all’assistenza medico-clinica dei pazienti non sia peggiorativa. Come dimostrato fin dalla sua prima in materia di sanità con l’avvento delle Regioni, che come si disse allora, serviva a far risparmiare togliendole alle province e suoi direttori sanitari e per potenziare i servizi (sic!).