Ma l’ospedale provinciale
sta a Macerata o ad Ancona?

Viviamo un’epoca di paradossi, fra una Madonna “primaria oculistica” e ladri che rubano ai carabinieri. La doppia “etnia politica” di Angelo Sciapichetti

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Sarà pur vero che i tempi attuali sono caratterizzati dalla irrazionalità – meglio dire irragionevolezza – di tanti comportamenti e tante opinioni, ma qui da noi son capitati un paio di episodi che entrano addirittura nella categoria dell’assurdo. Il primo a Macerata, con l’impresa ladresca compiuta da ignoti negli uffici giudiziari attigui alla sede del tribunale: porte sfondate, casseforti forzate, bottino di circa mille euro (leggi l’articolo). Il secondo episodio a Porto Recanati, dove un giovane tunisino portato in caserma per accertamenti e sottoposto a interrogatorio ha notato sulla scrivania il portafoglio del maresciallo e vi ha sottratto cinquanta euro, dopodiché, scoperto, è stato arrestato (leggi l’articolo). Perché assurdi? Perché dimostrano entrambi un ribaltamento delle parti in causa, nel senso che la funzione della magistratura e dei carabinieri è, fra le altre, di combattere i ladri, mentre il mestiere dei ladri non è certo quello di rubare alla magistratura ed ai carabinieri.

furto uffici giudiziari (2)

Il cartello per avvisare gli utenti del furto agli uffici giudiziari

Si rovescia il mondo, verrebbe da dire. Colpa del perdurare e dell’aggravarsi della crisi economica? Certamente sì, come dimostra l’impressionante aumento dei furti nei negozi e nelle case e nel proliferare, qua e là, in tutta la provincia, di piccole bande di furfanti contro le quali le misure pubbliche di prevenzione e repressione rischiano di rivelarsi impotenti. Ma la paradossalità dei due casi che ho appena citato rimane. E fa riflettere, magari con una punta di amara ironia.
I più anziani di noi ricorderanno il film “Guardie e ladri” che parecchi anni orsono fece epoca per la superba interpretazione di Totò nei panni del ladro e di Aldo Fabrizi in quella della guardia: interminabile inseguimento lungo faticosi viottoli di campagna, soste per riprendere fiato e per un sorso d’acqua alle fontanelle, Fabrizi che grida “Fèrmati, maledetto, non ce la faccio più!” e Totò che con un filo di voce risponde: “Vieni a prendermi, panzone!”. Due poveri cristi, in fondo. Ma nel rigoroso rispetto delle parti: il ladro che fugge e la guardia che cerca di agguantarlo. Adesso non più. E può accadere perfino che sia il ladro a inseguire la guardia. Non è sorprendente?
Mantenendo un tono quasi scherzoso e premettendo di nutrire rispetto per la dimensione del sacro, segnalo la notizia di un miracolo che due settimane fa si sarebbe verificato ad opera della Madonna di Loreto, grazie all’intercessione della quale una signora affetta da un’incurabile malattia agli occhi che presto l’avrebbe resa cieca afferma di avere improvvisamente riacquistato la vista (leggi l’articolo). La cosa singolare è che proprio in quei giorni divampava a Macerata la protesta contro l’annunciato smembramento di due reparti del proprio ospedale, quello medico-chirurgico di otorinolaringoiatria da trasferire a Civitanova e quello medico-chirurgico di oculistica da trasferire a San Severino (ora sembra che per quest’ultimo ci sia un parziale ripensamento: la microchirurgia rimarrà a Macerata e il resto farà le valigie, ma la situazione resta fluida e – com’è prudente se si tratta di occhi – staremo a vedere). Con tutto il rispetto per la dimensione del sacro, ripeto, ma resta difficile non immaginare un pur vago rapporto fra le vicende nient’affatto miracolose dell’ospedale maceratese e quelle certamente miracolose che di tanto in tanto accadono alla Santa Casa di Loreto, dove stavolta il prodigio ha riguardato proprio l’oculistica. E siccome si mormora che l’idea politica o parapolitica di frammentare sul territorio i reparti ospedalieri esistenti derivi sì dagli opportunismi pre-elettorali della Regione e dalle vocazioni campanilistiche dei sindaci ma anche dalle ambizioni personali dei vari primari, perché non prendere atto che a Loreto c’è una “Primaria” ben più brava di loro e che, semmai, l’oculistica di Macerata dovrebbe trasferirsi proprio in un padiglione della Santa Casa?

Il consigliere regionale Angelo Sciapichetti

Il consigliere regionale Angelo Sciapichetti

Ma lasciamo perdere, perché in fatto di “scherzo” più o meno volontario c’è qualcuno che di gran lunga mi batte e misurarmi con lui è una “mission impossible”. Riassumo la questione. Domanda: in che consiste la necessità di un ospedale provinciale o d’area vasta? Risposta: nel disporre del maggior numero di specialità medico-chirurgiche in accordo fra loro al fine di tutelare la “centralità umana” del paziente che a certi livelli di complessità del suo stato di salute può aver bisogno del contemporaneo concorso di più specialisti senza doversi spostare da un luogo a un altro con evidente disagio per lui e con possibili ritardi negli interventi che si rendessero necessari. Non è forse a questa superiore funzione sociale e civile che su scala regionale risponde il “Torrette” di Ancona? E non è forse alla medesima funzione che su scala provinciale o d’area vasta (trecentoventiseimila abitanti!) risponde oggi l’ospedale di Macerata? Ecco il punto, signori. Un punto che non dovrebbe consentire il trasferimento in altri luoghi di alcune delle specialità di cui esso attualmente dispone. Tutto qui.
E vengo allo “scherzo” (più o meno volontario, ripeto, ma di cosa poco seria, comunque, si tratta) che sta in una recente uscita pubblica di Angelo Sciapichetti – per un verso maceratese e per l’altro “anconitano” in quanto consigliere regionale in odor di conferma – il quale ha affrontato il tema della riorganizzazione ospedaliera provinciale con un’idea a tal punto stupefacente da rendere difficile distinguere, in essa, la serietà dallo scherzo e la logica dal paradosso. Qual è il suo pensiero? Sì a un vero ospedale provinciale – o di area vasta – nel quale funzionino, in contatto fra loro, tutte le specialità più importanti. Benissimo. E allora? Difendere quello di Macerata, che è l’unico, oggi, ad avere tali caratteristiche? Neanche per sogno! Se ne costruisca invece uno nuovo in posizione baricentrica, lungo la superstrada del Chienti e pressappoco all’altezza di Macerata. Quanti anni ci vorrebbero, posto che si decidesse di farlo? Non meno di dieci. E nel frattempo? Ecco il paradosso: si proceda col sistema delle “reti cliniche”, cioè col trasferimento ad altri centri di alcune delle specialità attualmente presenti a Macerata. Da una parte, insomma, si esalta, in astratto, la funzione sociale e civile dell’ospedale provinciale, che oggi, nonostante i suoi limiti, è quello di Macerata. E dall’altra parte si accetta, in concreto, la logica degli smembramenti.
Stimo l’intelligenza di Angelo Sciapichetti e preferisco concludere che la sua non sia una proposta seria ma, appunto, uno “scherzo” giocatogli forse dalla duplicità della sua etnia politica, maceratese e al tempo stesso “anconitana”. Mi sbaglio? Può darsi. E in tal caso invoco perdono. Ma Il suo continua a sembrarmi il tipico equilibrismo di un colpo al cerchio e uno alla botte, in un adulterino connubio fra l’opportunismo e la realtà. Infine, visto che si parla anche di otorinolaringoiatria, gli ricordo, con garbo, un noto proverbio: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.

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