Macerata e il fu ospedale
Non capoluogo di provincia
Ma semplicemente bordello

IL COMMENTO - La genuflessione del consigliere maceratese Angelo Sciapichetti ai disegni politici regionali. Il nosocomio cittadino morirà per la miopia dei politici che non hanno saputo salvaguardare la centralità del capoluogo

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Carlo Cambi

Carlo Cambi

 

di Carlo Cambi

Perdonerà messere se oso importunarla là dove si trova, ma davvero mi servirebbe la sua arte, la sua prosa gentile per intrattenere i miei concittadini su i temi dell’oggi. Come dice? Non si schermisca così. Lei è il grande Sordello da Goito. Da giullare e trovatore mi fa notare che nella città dove vivo è inutile scriver di belle lettere perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire? E dunque neppure un Sordello servirebbe a scuoterla. Mah: io però ci vorrei provare. Mi dà un consiglio? Ah grazie! Ecco non son io che parlo, ma è Sordello da Goito che mi suggerisce di riadattare una terzina del canto quinto del Purgatorio di Dante in cui peraltro lui è con Virgilio co-protagonista. E allora scriverò così: “Ahi serva Macerata, che del dolore avevi un ostello, borgo senza più orgoglio in misera protesta, non più capoluogo di provincia, ma casello”. O se preferite bordello per stare più alla lettera.

Ora però come s’usava a scuola devo fare la parafrasi. Perché altrimenti non si capisce. Dirò che la mia prece al re dei giullari è motivata dagli accadimenti attorno al fu ospedale di Macerata che a ben vedere è l’estrema finzione attorno a una città morente. Siccome in questi nostri tempi grigi i politici spesso s’impalcano ad esperti del nulla meglio, molto meglio ricordarsi dei tempi anteriori quando la verità era affidata ai versi dei trovatori. Perciò questi panni intendo vestire. Parto da una lunga riflessione – si fa molto per dire – che il consigliere del Pd (ma non stava con Spacca nella lista Marche ventiventi che mi pare stia spaccando l’alleanza con i democrat? E non era segretario dei Popolari? Boh) Angelo Sciapichetti affida alla sua pagina facebook (o tempora o mores viene da dire con Cicerone) per spiegare l’inspiegabile.

Angelo Sciapichetti, consigliere regionale del Pd

Angelo Sciapichetti, consigliere regionale del Pd

Perché Macerata debba perdere l’ospedale. Scrive il nostro: “Il territorio ha bisogno di Macerata così come Macerata non può fare a meno del suo territorio. Smettiamola con le polemiche. E’ necessario fare il massimo dello sforzo per pensare ad un progetto di lungo respiro che tenga unito tutto il territorio provinciale, iniziando a pensare ad una moderna struttura ospedaliera lungo l’asse della superstrada 77,altro che coltivare anacronistiche divisioni tra vari rappresentanti del territorio!” Ora al di là di questo incipit che è davvero la sagra dell’ovvio Sciapichetti si contorce come un’anaconda (sì perché sono certi politici, una certa miope visione ad aver soffocato Macerata) per spiegarci che “Il modello sanitario “a rete” della nostra provincia lo abbiamo scelto noi, l’alternativa era la chiusura di molti ospedali, abbiamo scelto questa strada, adesso dobbiamo essere conseguenti e procedere nell’attuazione delle reti cliniche con coraggio e determinazione andando oltre i campanili tenendo conto delle eccellenze che ci sono sul territorio e guardando agli interessi dei cittadini attenti ad usufruire di un servizio sanitario qualitativamente all’avanguardia ovunque esso sia. Con altrettanta determinazione è necessario trasformare Recanati, Matelica e Tolentino e Cingoli in case della salute e potenziare i servizi territoriali e distrettuali per ridurre al minimo l’ospedalizzazione ed evitare l’esplosione degli attuali ospedali di Macerata e Civitanova M.”. Fermiamoci qui perché altrimenti viene da piangere. E il bello è che Sciapichetti sulla sua pagina facebook tiene il santino di De Gasperi con il noto aforisma del leader democristiano trentino che recita: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alla prossima generazione”. Guadando la pagina di Sciapichetti si capisce perché lui non sarà mai uno statista. E’ un luogocomunismo, è un tout se tien: da Spacca a Comi, da Paolo VI ai palestinesi ivi compresa la festa dell’Unità del Pd. Forse a nessuno ha spiegato a Sciapichetti che il Pd ha fatto la festa all’Unità visto che il giornale è chiuso. Ma il contesto – come insegnerebbe De Saussure – conta in comunicazione: se l’intemerata sul fu ospedale di Macerata è in cotanto guazzabuglio inserita si capisce perché tra un po’ sarà ridotto ad un poliambulatorio. Perché questa è la fine che farà. Le colpe? Una, nessuna e centomila. Vediamo però cosa accade realmente e quali sono le ragioni che porteranno inevitabilmente alla scomparsa dell’ospedale di Macerata. Non c’è bisogno di misurare i flussi, invocare le reti cliniche, di ragionare di bacini potenziali di utenza. La decisione di chiudere l’ospedale di Macerata – perché di questo si tratta – è squisitamente politica e determinata da cause che con la sanità non c’entrano nulla. Hanno forse più a che fare con le strade che con le corsie.

L'ospedale di Macerata

L’ospedale di Macerata

Macerata pagherà da qui a un decennio la perdita del suo ospedale, al quale peraltro la città non ha mai dato un nome e cancellare un anonimo – anche dal punto di vista simbolico – è più semplice che azzerare un’identità, semplicemente perché non esiste un progetto della città. Non so dire perché i nostri politici non si rendano conto che il renzismo ha per programma la cancellazione dei corpi intermedi e dunque non tiene conto delle articolazioni territoriali. Procede per semplificazione e accorpamento. Ma questo è solo uno sfondo. Venendo alle cose marchigiane il Pd sa benissimo quali sono i suoi bacini elettorali forti in regione e – sulla scorta del renzismo – quelli e non altri vuole consolidare. La sanità marchigiana perciò sarà strutturata solo su tre poli: quello di Pesaro dove Matteo Ricci – non il grande gesuita ma il vicesegretario nazionale del Pd – ha già programmato uno sviluppo nuovo del territorio, quello di Ancona con la nascita del Torrette bis all’Aspio e quello di Fermo. Quartum, Macerata, non datur! E del resto come dar torto a chi dice: se esiste l’Aspio tutta la valle del Potenza, Camerino Compreso, e tutta l’alta valle Esina che bisogno hanno di un ospedale intermedio? E se esiste Fermo, dove il Pd conta di raccattare una vendemmia di voti, che bisogno ha la valle del Chienti di un ospedale intermedio? Vedremo tra qualche mese che si finanzierà l’intervalliva da Montecosaro a Fermo. E che la Regione, anzi melio il Pd, voglia fare di Fermo il terzo polo regionale lo dimostrano anche cosucce apparentemente da poco. Come vi spieghereste altrimenti che una sagra di paese come Tipicità assurge a unico progetto delle Marche per Expo 2015 insieme al rodeo degli sceicchi?
La seconda ragione strategica che decreterà la morte dopo lunga agonia dell’ospedale di Macerata è una questione stradale. Se la nuova 77 – ancorché il taglio dei fondi alle Camere di Commercio metta in discussione il completamento del braccio sud della Quadrilatero – sarà completata ci saranno solo due poli: Foligno a Ovest, Civitanova Marche a Est. E se – come peraltro pare ormai definito – si farà anche la Fano Grosseto il polo pesarese diventa il maggiore attrattore. Non a caso Matteo Ricci – sindaco di Pesaro, ma politico di primo piano nazionale – continua a cullare l’idea della regione unica tra Umbria e Marche. Pigliandosi anche un pezzetto di Toscana: l’aretino orientale.
Vi è poi una terza ragione: la perdita di peso sia economico che demografico di Macerata. E’ abbastanza sconcertante che nel ragionare dell’ospedale a nessuno venga in mente che essendo ormai Macerata la seconda città della provincia probabilmente in una visione di razionalizzazione degli assetti territoriali si può tranquillamente declassarla. E che le cose stanno così lo si evince anche dalla possibilità che le Camere di Commercio di Macerata, di Fermo e di Ascoli si fondano. Prendo scommessa: il nuovo trilocale delle imprese avrà la residenza a Fermo.
Se questo è lo scenario che senso hanno le polemiche di cortile? Difendere oculistica – cosa peraltro sacrosanta – semplicemente affermando la sua indispensabilità è irrilevante. L’ospedale di Macerata morirà per la miopia dei politici che non hanno saputo salvaguardare la centralità del capoluogo.
Sono infatti persuaso – e peraltro Sciapichetti nella sua perorazione lo lascia trasparire – che per difendere il suo ospedale Macerata debba occuparsi di tutto tranne che dell’ospedale. Macerata deve difendere se stessa e dovrebbe avere un progetto di città e di protagonismo territoriale. Anche perché in difetto rischia di morire di anoressia economica e anche perché le scelte sulla sanità sono motivate da ragioni che con la sanità non c’entrano nulla.

Facciamo tre esempi per capirci. Quando la 77 sarà completata poiché Macerata non si è dotata di un raccordo veloce, in caso di emergenza si fa prima ad arrivare all’Aspio o a Fermo – soprattutto se si farà come si farà l’intervalliva – o a Civitanova che a Macerata. Ve la immaginate un’ambulanza che resta ferma al passaggio a livello di Sforzacosta o che s’imbottiglia sull’unico e strettissimo ponte del Chienti? Macerata vuole difendere l’ospedale? Bene: non butti i soldi nelle piscine fantasma di Fontescodella né nei pupi ad orologeria di piazza, ma costruisca due strade di accesso veloce alla 77. Macerata vuole difendere il suo ospedale? Costruisca un eliporto dove si possa atterrare anche di notte! Il disegno geopolitico della sanità marchigiana è fatto: il pentagono della salute con tre poli costieri Pesaro, Ancona-Torrette e il nuovo polo forte di San Benedetto-Ascoli (come richiamato ingenuamente da Sciapichetti) e due forti strutture interne Ancona-Aspio e Fermo.
Secondo esempio. Macerata se vuole, come è d’obbligo, difendere il suo ospedale deve fare emergere il proprio protagonismo. Deve rivendicare la centralità delle sue università e usarle per rafforzare il prestigio territoriale dotandole di scuole di alta formazione, deve difendere la sua Camera di Commercio rivendicando il protagonismo imprenditoriale, deve affermare con un forte impulso infrastrutturale la sua funzione di snodo nell’asse Est-Ovest. Dopo aver perduto la Banca d’Italia, l’Aeronautica, non avere elettrificato la Civitanova-Fabriano, non aver costruito un Palacongressi polifunzionale, un quartiere fieristico, non aver fatto decollare un forte polo di servizi ad alto valore aggiunto, non aver preteso che lo Sferisterio diventasse uno stabile o un Ente Lirico, oggi la città ha di fronte a se una sfida esiziale: o capisce che la competizione si fa tra territori sulle dotazioni o è destinata a soccombere. Serve per difendere anche l’ospedale un progetto complessivo di città, serve attrare investimenti, serve fare anche del marketing territoriale di cui – sia detto per inciso – la sanità e la sicurezza sono dotazioni indispensabili e fattori competitivi prepotenti.
Terzo esempio. Macerata se vuole, com’è indispensabile per ragioni anche di pura economia e di difesa di posti di lavoro ad alto valore aggiunto quali sono quelli ospedalieri, tutelare il proprio ospedale deve da un lato alzare il livello di specializzazione della propria sanità e dall’altro porre una questione di ordine politico alto. Le specializzazioni sono quelle delle nuove frontiere della medicina: la nutrizione, la rieducazione, la geriatria con annessa neurologia visto il dilagare dell’Alzheimer, la lotta alle dipendenze (non solo quelle da stupefacenti), l’infettivologia con annessa medicina del viaggio, la psicologia clinica, la diagnostica avanzata, la nano-chirurgia, la fitoterapia. La città deve interrogarsi sulla sua capacità di diventare incubatoio di ricerca e di sviluppare imprese satellite alla sanità (come ad esempio il comparto biomedicale avanzato) coinvolgendo le sua università da cui generare degli spin off: Camerino che ha già facoltà scientifiche, Macerata che può candidarsi (anche in forza di una potente eredità passata) a ospitare scuole di specializzazione. In questo la rete territoriale (dalle terme ai presidi ospedalieri specializzati, alle case protette) diventa fattore competitivo se però è coordinata da un centro forte come potrebbe essere l’ospedale di Macerata al quale peraltro urge trovare un nome. Io avanzo qui una proposta: chiamiamolo Matteo Ricci –il grande gesuita, non, con tutto il rispetto, il Sindaco di Pesaro – e facciamolo diventare anche un luogo di cura per gli immigrati e un luogo d’incontro tra le tante medicine. La questione squisitamente politica è: rimettere in discussione l’approccio complessivo del piano sanitario regionale. Ne dico una a mo’ di esempio: se la popolazione invecchia e quindi cresce la difficoltà di mobilità si deve partire dalla soddisfazione dei bisogni dell’utente o da quella dei servizi? L’approccio al paziente deve essere anglosassone e cioè basato sul criterio di massima efficienza o ippocrateo basato cioè sulla massima efficacia della terapia? E ancora deve prevalere una capacità diagnostica e di prevenzione o un mero protocollo terapico? Queste sono le domande che i politici maceratesi devono porre alla Regione. Ma viene il sospetto che i primi bisognosi di cure e di ricostituenti siano proprio i politici maceratesi che siedono in Regione dove contano praticamente meno di nulla e sono affetti da cerchiobottismo. La dimostrazione? Sciapichetti che mentre cerca spazio con Spacca si accoda al Pd, fa atto di genuflessione a disegni politici che prevedono la messa in liquidazione di Macerata e come rimedio chiede ai maceratesi atti di contrizione.
E’ dunque necessaria e sacrosanta l’azione di difesa dell’ospedale che è stata messa in campo dalle liste civiche, come non bisogna indietreggiare di un millimetro sulla difesa di oculistica, ma tutto questo rischia di essere miope se non viene supportato e inquadrato da una difesa più generale della centralità di Macerata e da un disegno di sviluppo della città di lungo periodo. In caso contrario sarà impossibile opporsi a chi ci dirà che un pronto soccorso per una città di meno di 40 mila abitanti basta e avanza.

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