L’ospedale della provincia
e le manovre della politica

“Spending review” o”living review”? Lo smembramento dei reparti non rispetta la “centralità” del paziente come persona

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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

In questi giorni è ricorso il cinquantesimo anniversario dell’Autostrada del Sole, 755 chilometri da Milano a Napoli realizzati in soli otto anni, dal 1956 al 1964. E la cosa ha avuto il sapore della celebrazione di un evento fausto e unico, da ricordare con patriottica e amara nostalgia. Perché oggi, ammesso che ce ne fosse bisogno e ammesso che un governo lo decidesse, per costruire 755 chilometri di autostrada non basterebbero secoli e fin dai primi passi tutto si fermerebbe a causa di agitazioni di piazza, proteste sindacali, divergenze nei partiti di maggioranza, imbrogli nell’assegnazione degli appalti, interventi della magistratura penale e ricorsi al Tar. E amen.
Per quanto riguarda Macerata a quest’anniversario ho pensato allorché m’è capitato di servirmi degli ascensori dell’ospedale. Ce ne sono due, dal piano interrato al piano numero sei. Ebbene, un cartello annuncia che “momentaneamente” uno dei due è fuori uso. Quale? Dipende. Per cause misteriose, infatti, qualche volta funziona il primo e qualche volta il secondo. E che significa quel “momentaneamente”? Significa mesi, significa anni. E i pazienti diventano impazienti, si arrabbiano, finisce che, in salute, si sentono peggio di come sono arrivati. Ma questo è, per l’appunto, l’ospedale di Macerata. A cominciare dagli ascensori e senza dimenticare un altro paio di questioni entrambe annose, quella del pronto soccorso e dei suoi insufficienti e inadeguati locali e quella del sesto piano, il completamento della cui struttura fu ultimato nel 1999 ma da allora esso è rimasto inutilizzato e in stato di abbandono. In tutti questi casi vi sono state ammissioni dei disagi ma sempre utilizzando l’avverbio “momentaneamente”, con annunci che lasciavano sperare in giorni e in realtà nascondevano anni.
E adesso ne è saltata fuori un’altra, di questione, assai più grave per il prestigio e la funzione sociale dell’intero complesso sanitario. Mi riferisco, come si sarà capito, al progettato ma quasi certo trasferimento all’ospedale di Civitanova del reparto medico e chirurgico di otorinolaringoiatria e a quello di San Severino del reparto medico e chirurgico di oculistica. La qual cosa sarebbe stata decisa in Regione al fine di “riequilibrare” le realtà ospedaliere dell’Area Vasta 3, che comprende Macerata, Civitanova e Camerino. Per esigenze di contrazione dei costi, vale a dire di “spending review (revisione dello spendere)? Può darsi, ma in questo caso si tratta di “living review” (revisione del vivere), ossia di un impatto non da poco sulla vita dell’intera provincia. Vero è, purtroppo, che siamo in clima elettorale (fra cinque o sei mesi, infatti, si voterà sia per la Regione che per il Comune di Macerata), e questo incide fortemente sulle aspettative dei partiti, degli schieramenti e delle candidature personali, ma qui sono in gioco la funzione civile di un ospedale provinciale e il ruolo anch’esso civile di una città capoluogo di provincia.

Macerata è nel cuore e i comitati Menghi e Ballesi hanno annunciato la raccolta firme nel corso di una conferenza stampa

Macerata è nel cuore e i comitati Menghi e Ballesi hanno annunciato la raccolta firme nel corso di una conferenza stampa

Speravo tuttavia che da queste manovre e da questi interessi fosse possibile, almeno una volta, soprassedere. E m’era parsa positiva – ancorché agevolata dalla mancanza di rapporti politici con la Regione – la proposta di una inusitata e auspicabile compattezza cittadina avanzata da tre liste civiche di opposizione (Macerata nel Cuore, Lista Ballesi e Comitato Anna Menghi) e da una “quasi” di maggioranza (Pensare Macerata). Quale proposta? Stringersi in una delegazione di protesta nei confronti della Regione sotto la guida, pensate un po’, del sindaco Romano Carancini, da loro ripetutamente contestato ma le cui idee sono state e sono fermamente contrarie a smembramenti e depotenziamenti del “suo” ospedale. E si aggiunga che, stando alle dichiarazioni pubbliche del consigliere regionale Enzo Marangoni e del vicepresidente del consiglio comunale Deborah Pantana, anche Forza Italia sembrava poter essere della partita. E il Pd? Né a favore né contro. Ma ciò non deve stupire, giacché di non far sapere come la pensa è una sua caratteristica diciamo genetica, specie quando si tratta di scegliere (le candidature, le candidature!) fra Macerata Città e Ancona Regione, o, soprattutto, di compiere un gesto che possa apparire di sostegno a Carancini. Questo miracolo di compattezza, comunque, non ci sarà. Anche perché lo stesso Carancini, che oltretutto presiede la conferenza dei sindaci dell’Area Vasta 3, pur non mutando il proprio pensiero, ha optato per un percorso più diplomatico, più prudente, più istituzionale, meno clamoroso. Le tre liste civiche  di opposizione invece hanno preferito proseguire la loro azione con una raccolta firme a difesa dell’ospedale (leggi l’articolo).
Ma come, mi si dirà, non avevi deciso di non occuparti più di politica? Vero, ma stavolta non si tratta di politica in senso stretto perché sono in gioco valori che riguardano non lo “spending” ma, ripeto, il “living” di più di trecentomila abitanti. Il “living”, dunque. Come su Cronache Maceratesi ha già intelligentemente osservato la professoressa Donatella Donati, la scienza medica non deve mai prescindere dalla “centralità” della persona. In ospedale non ci va una gamba, un fegato, un cuore o un rene, ma un essere umano nella sua interezza e nella sua complessità fisica e psichica. In questo modo ci presentiamo ai medici di famiglia. In questo modo ci rivolgiamo ai “pronto soccorso” ospedalieri.
Le varie specialità vengono dopo. Intendiamoci, so bene che la medicina moderna deve proprio ad esse i grandi progressi diagnostici e terapeutici via via compiuti nel corso del Novecento e, oggi, nel Duemila. D’accordo, ma le specialità, ripeto, vengono dopo, in stretta collaborazione fra loro e pronte a sostituirsi nel caso che una sola non sia in grado di affrontare eventuali e sopraggiunti problemi legati, per l’appunto, alla “centralità” e alla “complessità” di ogni essere umano. Per questo sarebbe folle smembrare e diffondere sul territorio l’ospedale regionale delle “Torrette” di Ancona. Per questo è parimenti da evitare lo smembramento e la diffusione sul territorio di un ospedale provinciale come quello di Macerata, cui compete di svolgere la stessa funzione, anche se in un territorio meno ampio, di “Torrette”.

il sesto piano dell'ospedale di Macerata avrebbe dovuto ospitare Oculistica

il sesto piano dell’ospedale di Macerata avrebbe dovuto ospitare Oculistica

Ora i sindaci di Civitanova e di San Severino, contenti di potersi presentare da vincitori al cospetto dei loro cittadini, attribuiscono a certe reazioni di Macerata la colpa di un egoistico campanilismo paesano. Ma via. Macerata non è mai stata campanilistica e questa, semmai, è una sua debolezza (che i maceratesi non amino la loro città lo si mormora, magari esagerando, da sempre). Non campanilismo, dunque, ma la consapevolezza non grettamente localistica del ruolo “provinciale” del proprio ospedale.
Oggigiorno la scienza medica esalta oltre misura lo “specialismo” fino al punto che i futuri medici si iscrivono all’università con la scelta, già fatta dentro di loro, della specialità verso la quale, magari per moda, si sentono predestinati. E su questo vengono incoraggiati, fino alla laurea e, successivamente, fino alla professione. Chi ha scelto di fare l’oculista, insomma, rischia di sapere poco di malattie digestive, cardiache, artritiche o d’altra natura. Ma allora, se torniamo al concetto di centralità e di complessità del paziente, rischia, ahimè, di non essere un vero medico, uno di quelli cui, in passato, bastava un’occhiata e tutto, o quasi, cominciava a delinearsi. Viva comunque le specialità, che, ripeto, sono un fattore di sempre maggiori successi in fatto di diagnosi e terapia. Ma siano unite, a contatto di gomito, disposte a prendere atto della “centralità umana” di cui – terra terra, da profano – ho appena detto. E poi, in definitiva, la ragione – anzi, il torto – di smembramenti dipenda almeno da sole esigenze di contenimento dei costi e non da slanci populistici, demagogie elettoralistiche, favoritismi personali e ambizioni professionali di questo o quel primario che possa contare su qualche misterioso aiutino. Come, ahinoi, si ha motivo di sospettare che sia.

 

 

 

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