“Ipotesi trasferimento di Oculistica,
un esempio di medicina debole”

Il reparto resterà nel capoluogo e occuperà i locali del sesto piano, comunque l'ordine dei medici della provincia di Macerata accusa la politica

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Il professor Americo Sbriccoli, presidente dell'ordine dei medici della provincia di Macerata

Il professor Americo Sbriccoli, presidente dell’ordine dei medici della provincia di Macerata

Il dibattito sulla sanità e sulla riorganizzazione prevista dalle reti cliniche  ha visto protagonisti sindaci dei comuni interessati, cittadini, medici e pazienti. In particolare ha fatto discutere il paventato trasferimento del reparto di Oculistica da Macerata a San Severino. Stando alle dichiarazioni del direttore di Area vasta Pierluigi Gigliucci Oculistica non approderà a San Severino ma andrà ad occupare gli spazi del sesto piano, attrezzati e da anni vuoti (leggi l’articolo).
Interviene sulla questione anche l’Ordine dei Medici della provincia di Macerata.

«La discussione – spiega-   sull’ipotesi di trasferimento della divisione oculistica dall’ospedale di Macerata a quello di San Severino configura un nuovo esempio di medicina debole .
Infatti, ancora una volta, la possibilità di fare buona medicina rischia di essere disturbata, se non compromessa, da un provvedimento che antepone le valutazioni politiche alle esigenze cliniche e, come custodi dei valori della buona medicina, riteniamo corretto far conoscere il nostro parere.
L’Area Vasta è stata concepita come entità territoriale omogenea, di dimensione tale da consentire, da un lato, il definitivo superamento delle spinte campanilistiche e dall’altro l’individuazione dei poli ospedalieri nel rispetto del principio di centralità, sia locale che generale.

Ma di fatto è molto di più.

Come professionisti, interessati alla promozione e al sostegno della buona medicina, dobbiamo vedere nelle aree vaste un nuovo strumento di aggregazione sinergica delle attività cliniche, che agiscono nei vari ambiti territoriali (domicilio, ambulatori, strutture protette ed ospedali), tutte autonome nell’agire, ma rese omogenee, negli aggiornamenti e nelle scelte operative, dall’esistenza da un punto di riferimento professionale riconoscibile nella struttura ospedaliera centrale.
Questa va percepita, non più come “l’asso pigliatutto”, ma solo come la sede centrale di un sistema professionale complesso aperta all’accesso e alla collaborazione di tutto il personale dell’AV, nell’idea che possa rivelarsi utile per migliorare la qualità dei servizi.

Pertanto, in questa nuova realtà, non c’è più spazio per la contesa territoriale e la difesa campanilistica di soluzioni confinate e autoreferenziali, ma resta solo la valutazione comune e la distribuzione condivisa dei presidi dei servizi clinici e sociali di tutta l’AV.
Messa così, la questione sarebbe avviata verso una soluzione pacifica, ma nel Sistema Sanitario Nazionale il potere decisionale ultimo appartiene al governo politico regionale e, di conseguenza, per avere buona medicina è necessaria la buona politica, che sappia distinguere il bene dagli interessi: l’abbiamo?»

 

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