Centro storico, quarant’anni di solitudine

MACERATA - Problemi risolti male ed in ritardo. Intanto l'ex salotto buono del capoluogo continua a decadere mentre cresce la popolazione dei 'nuovi maceratesi' e la mancanza di sicurezza incide sul futuro

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verdenellidi Maurizio Verdenelli

“Vivo, morto o X”. Sulla ruota, sempre variabile dei destini del centro storico, martedì sera è uscito, neppure tanto a sorpresa visto che il meteo l’aveva previsto, la ‘(ni)x’. Già la neve: perché sempre a proposito del centro maceratese, si potrebbe anche dire: ‘nihil novi sub… nive’. Da circa un quarantennio: quasi mezzo secolo di solitudine.

Già, nulla di nuovo sul martoriato fronte del cucuzzolo dove un giorno lontano gli abitanti del podium Sancti Juliani si unirono con quelli del colle di Santa Croce e in un giorno ancora più lontano i piceni eressero un tempio a Cerere la cui statua venne trovata a 12 metri di profondità quando fu il momento di realizzare le fondazioni dell’attuale palazzo degli Studi. Da allora il punto più alto di Macerata non ha più conosciuto concordia mutando lentamente il proprio Dna. Se infatti -è stato osservato al convegno organizzato da Cronachemaceratesi nell’auditorium Confcommercio- oltre trent’anni fa la popolazione residente sembrava interessata ad una lenta ma sicura emorragia, adesso no pur nell’impoverimento dell’intero contesto socio-economico e nel decadimento abitativo. In effetti anche il capoluogo -con popolazione, intorno a 2.500 unità, e che cresce annualmente- sta conoscendo il ‘fenomeno Corridonia’. Centro storico sempre più dei ‘nuovi maceratesi’. Albania, Romania, Nord Africa, Filippine, India e Cina le provenienze. Gli indicatori? Scuole con classi ormai a maggioranza extracomunitaria, la Montessori che chiude, la Chiesa in difesa ormai nel solo ‘ridotto’ del Duomo, essendo imminente anche la chiusura della ‘storica’ parrocchia di San Giorgio.

Piazza della Libertà

Piazza della Libertà

Addio ‘vecchia’ Macerata? Sì, certo, quale sarà quella nuova? Nessun indizio è emerso nel pur partecipato, e al solito ‘passionale’ ‘vertice’ notturno alla Confcommercio con le varie ‘anime’ (negozianti e residenti) sorde alle ragioni altrui. Le colpe? Ancestrali. Se il centro maceratese è un ancora un pirandelliano ‘personaggio in cerca d’autore’ bisogna scavare nel passato. Quando, alla fine degli anni 70, la maggioranza di centrosinistra decise d’imporre la pedonalizzazione lo fece perfettamente consapevole che era un passo azzardato non avendo potuto pensare alle necessarie strutture di supporto (leggi: parcheggi). Ma decise così per un dichiarato intento quasi ‘provocatorio’ considerato che quella riforma andava intanto imposta per poi procedere a ciò che si sarebbe dovuto fare per prima cosa: i sopracitati parcheggi. Si comprese tuttavia che il problema del centro storico era un problema di aree lontane dal cucuzzolo: un tesoretto di edificabilità da gestire oculatamente. Eppure, la soluzione era a portata di mano: un parcheggio underground a valle di viale Leopardi, pur vincolata: scrivevo fideisticamente sul ‘Messaggero’ sulla scorta della ‘rivoluzione’ bolzanese con il parcheggio di piazza Walther che aveva risolto dalla sera alla mattina il problema della pedonalizzazione del capoluogo sudtirolese. Mentre si bloccavano catonianamente (“Da noi queste cose non passano, siamo a Macerata!” mi telefonò all’incirca così, evito particolari, il sindaco un giorno prima di ferragosto) innocui tentativi di privati che volevano allargare dependances nell’area vincolata delle mura da bora, al posto della risoluzione tombale al problema centro storico, dicevamo, venne nel 1985, al suo posto la situazione tampone del parcheggio Armaroli. Era già notissimo che non sarebbero serviti a nulla quelle poche decine di posti auto nell’ex mercato del pesce e delle erbe (sfrattato al piano superiore). Posti auto che per di più venivano bloccati occupati stanzialmente dagli impiegati degli uffici pubblici. Si sapeva, ma si fece lo stesso. Ad Adriano Ciaffi e a Graziano Pambianchi, alla cerimonia dell’inaugurazione, ribadii quella mia personale convinzione. Al solito, inutilmente.
Ed inutilmente, qualche anno prima, i commercianti erano insorti ‘mandando’ in consiglio comunale due persone perbene come il generale Cassio e il dottor Graziosi. Alla fine anche quei due gentiluomini si arresero e un incidente stradale sottrasse alla comunità la vita stessa, quella di Mario Cassio, di un maceratese che amava la sua terra e alla quale avrebbe ancora dato tanto in termini di impegno ed onestà intellettuale.
Intanto, per tutti questi lunghissimi anni, il centro ha continuato a conoscere una graduale agonia. Dilaniato dal machiavellico ‘particulare’ (delle varie categorie, costrette per necessità a fare ogni sera i conti con i registratori di cassa), dall’attendismo amministrativo (che alla fine realizzà parcheggi ‘inutili’ ed improduttivi, e che negli anni 90 affidò addirittura a ricercatori bolognesi un nuovo piano di viabilità che sperimentato, dopo 3 giorni fu velocemente abbandonato), dall’emigrazione interna ed esterna che ha portato ad una popolazione che sa tutto di lontani Paesi ma niente di San Giuliano. Dilaniato, il centro, anche dall’ultimo fenomeno della movida, anche se anch’esso in fase calante, considerata la crisi. Non è naturalmente il ‘movimento’ dei giovani a provocare problemi ma lo ‘sballo’ in ore antelucane che si protrae fino all’alba. Il sindaco lo ha riconosciuto: “Si vedono ragazzi che perfino orinano sulle pubbliche vie ed ingiuriano anche coloro che dalle finestre si azzardano a rampognarli”.
“Ed ecco che arriviamo al nocciuolo della questione” dice Romeo Renis, consigliere di maggioranza e per anni segretario del Siulp. “Il problema del centro storico è strettamente connesso a quello della sicurezza. Senza questa nulla è possibile e tutti sono danneggiati: locali pubblici, residenti e giovani che invece vogliono trascorrere una serata senza ‘sballi’ ed inutili provocazioni”. Per Renis, presente al convegno di ‘Cronachemaceratesi’, gli altri punti ‘cardinali’ sono: sostenibilità, innovazione, cultura ed integrazione. Praticamente i ‘nodi’ stessa della società contemporanea. Perché a forza di non risolverli i problemi del centro, questi sono diventati di natura epocale. A forza di sfogliare l’eterna, quarantennale margherita “pedonalizzazione o apertura”, tutto il resto è stato dimenticato o mal risolto. Dice Renis: “Volevo inoltre ringraziare Cronachemaceratesi per l’organizzazione di un dibattito difficile. Lo faccio sostituendo in questo il sindaco da cui mi attendevo il ‘grazie’ per la vostra redazione”.

Magacacao in piazza della Libertà

Maga Cacao in piazza della Libertà

Apertura o chiusura, dunque? Chi scrive suggerisce un intervallo notturno, di quiete: dalle 2 (quando i locali sono ormai tutti chiusi) alle 7. Da serrare così gli antichi cancelli di ghisa a tutti i ‘cavalli di Troia’ che prima dell’alba scaricano all’interno delle antiche mura gruppi di inquieti guerrieri della notte che con la movida non hanno niente a che vedere, molto invece con i vandalismi, le aggressioni di ogni tipo e l’illegalità: spaccio e furti. Le telecamere potrebbero aiutare molto le autorità di pubblica sicurezza, signor sindaco e signor prefetto. E i residenti ringrazierebbero senza che per questo i commercianti ne abbiano un vulnus economico.
Apertura o chiusura, dunque? Nessuno si è sentito un ayatollah, l’altra sera alla Confcommercio, né Deborah Pantana che ha esibito 4.499 firme (“più la mia e fa 4.500”) né Stefania Monteverde sospettata di ‘radicalismi pedonali’. “Io per la chiusura totale? Macché!” ha smentito l’assessore della giunta Carancini. Il quale da parte sua ha negato ai ‘commercianti’ la proprietà assoluta del centro -che, come abbiamo visto, in effetti appartiene ormai più ai nuovi maceratesi che si adattano a vivere non negli appartamenti borghesi che restano sfitti ma in stamberghe che i proprietari si guardano bene dal riadattare.
Che, tuttavia, qualcosa di vero …ci sia in fondo alle accuse di voler blindare l’ormai ex salotto buono della città, Stefania Monteverde lo ha …freudianamente rivelato quando uscendo dopo il dibattito, in piena nevicata è esplosa in un liberatorio: “Domani firmiamo subito l’ordinanza di chiusura”. No del centro, certo, ma delle scuole.
Poi via per la città innevata, fino in piazza con l’abete natalizio imbiancato e la ‘Maga Cacao’ ancora piena di studenti a sorbirsi una tazza di cioccolata calda che scalda corpo ed anima e non subisce mai crisi in inverno. Poi di nuovo via, con il fuoristrada di Guido Picchio che in fondo a via XX Settembre ha rischiato quasi di sfondare la porta della Fondazione Carima, per via di quella neve, altro problema (ricorrente ad ogni inverno a causa della scarsezza cronica di interventi efficaci) nel corpo piagato di quello che era tanti, tanti anni fa ormai, lo scintillante biglietto da visita di ‘Macerata granne’.

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