Non volevo mettere in parallelo (paragonare, cioè) due grandi discipline, come il volley e il calcio, anche se lo sport appartiene ad un'unica categoria umana che racchiude non solo talento, vocazione, ma anche e sopratutto passione. Ecco perchè non solo volley e football sono paragonabili, ma assolutamente lo sono anche scialpinismo e nuotosincronizzato. Perchè c'è sempre l'uomo di mezzo. E nel nostro caso ci sono due comunità, quella perugina e quella maceratese, da sempre vicine e da sempre divise a causa di una viabilità mai modernizzata (speriamo adesso). Ecco la 'ratio' profonda, il significato ultimo dietro alla sfida senza fine, nel nostro caso fortunatamente sul piano squisitamente sportivo (nel Medioevo, ad esempio, era diverso). Lube, Maceratese, Perugia, Sir Safety sono nomi 'di fortuna' a sottolineare l'eterno misurarsi delle genti. C'è qualcosa di più grande e diverso dall'eterno chicchiericcio, del malevolo bla bla che ho visto purtroppo snodarsi anche in questo caso. Guardiamo alto, per andare avanti dietro ai 3-1, ai 3-2 oppure 2-3 del campo. C'è un afflato corale. Oggi era visibilissimo con la fila ai botteghini al palascodella e il cassiere costretto con infinita pazienza a ripetere a tutti (pure al telefono) che in pochissimo tempo erano stati venduti 400 biglietti per Perugia e 3.800 per Osimo!
Grazie a Filippo Davoli (che aspetto domani a La Bottega del Libro) e grazie a Rino Pace, sopratutto perchè mi offre l'occasione di intervenire nuovamente e rendere testimonianza completa rispetto a quello che Moneta mi ha detto nel corso dell'intervista. Di certo il 'mercenario' Tullio -lo dichiara espressamente- non è stato mai marxista. Tuttavia si è limitato solo a questo: nessun elogio al fascismo, da parte sua. E non c'è motivo di ritenere che non si sia comportato con umanità nel suo difficile 'mestiere delle armi'. Pare che questo maceratese così 'irrituale' (pur facendo parte di quella 'storica', sottilissima percentuale di concittadini 'giramondi' a differenza di tutti gli altri) abbia fatto onore, invece, allo spirito di pietas e d'accoglienza così radicato da noi, nonostante tutto. Nel corso dell'intervista, con un profondo senso di tristezza, Tullio Moneta, dunque, mi ha pure detto: "Sono rimasto affezionato a quella terra d'Africa così sfruttata, violentata, sempre 'occupata'. Quando arrivavano i 'liberatori' a scacciare il tiranno, il 50 per cento delle ricchezze del luogo finiva in mano loro, poi la gran parte di quell'altra metà andava agli speculatori, agli avventurieri di ogni risma e di ogni nazione che accorrevano al solito ogni volta come avvoltoi. Quel poco che restava andava finalmente a vantaggio della popolazione. Poca roba, pur sempre qualcosa rispetto al nulla della precedente tirannide. Quella povera gente è sempre nel mio cuore: io mi sento sopratutto africano, anzi sudafricano".
L'informazione, gentile signor Rino, non è in stato confusionale. In quanto, scavando con tanta difficoltà alla ricerca della verità (in Politica il caso Italia, come noto, è assolutamente da record), la libera stampa si pone come primo obbiettivo di rendere più chiare possibili le 'cose' al lettore, accogliendo ogni diversa voce com'è giusto, naturale e previsto pure dalla legge. Lo fa tuttavia senza manipolazioni, perchè non è questo nel suo interesse. Senza indietreggiare, tenendo la barra ben dritta. Quella della propria onestà al fine di rendere un servizio decente all'opinione pubblica. Un servizio sopratutto trasparente perchè la libera stampa non si è mai presentata con liste proprie alle elezioni. Di nessun tipo. .
Rispondo a 'maceratese' e msalvi. 'Maceratese' chiede maggiori delucidazioni rispetto alla destinazione dell'antico orologio, visto che il maestro Gorla ne collocherà sulla torre da domani una copia. Ancora 24 ore e la sua giusta richiesta verrà esaudita nel corso di una conferenza stampa che il comune ha già indetto per domani: da parte mia penso che il prezioso reperto dei fratelli Ranieri potrà avere giusta collocazione nei musei di palazzo Buonaccorsi che si inaugurano il 21 marzo. Ma aspettiamo le notizie dal sindaco, al di là delle mie anticipazioni.
Mi congratulo inoltre con msalvi perché ha colto l'importanza dell'operazione culturale 'orologio-torre'. Uno dei ricordi più belli dei miei viaggi da studente è legato, a Monaco, ad una colazione consumata in un ristorante dirimpetto all'orologio dell'antico municipio della capitale bavarese. A mezzogiorno in punto, la passerella di quei lignei personaggi è rimasta nella mia memoria con nostalgia. E vorrei tornare a Monaco non solo per il museo della scienza e della tecnica, per Nynphemburg, per lo 'sfortunato' e folle Ludwig e il Bayern (a suo tempo) del 'folignate' (per via di Marta, figlia dell'amico Cecchetto) e dunque conterraneo Luca Toni ma anche per l'antico orologio. Un viaggio che consiglio pure a 'maceratese' (e naturalmente a msalvi che forse da parte sua avrà già fatto).
Ricordo (vedi il commento di Carlo Valentini) altre incredibili fila di clienti ed aspiranti tali al Venanzetti diventato Simoncini. Fu quando aprì a metà degli anni 90. Sembrava tornata Macerata Granne, la sua provincia attorno e il Gran Cafè recitava il ruolo di santuario laico del dopo cena. Occorreva la raccomandazione quasi per sedersi sulla pelle del salotto Frau al piano di sopra. A distanza di tanti anni, Franco aveva ripetuto il sublime e 'maraviglioso' 'macello' per cui andava famoso, in un curioso contrasto linguistico, il padre, anch'egli creativo e talentuoso 'artifex' come i due figli (il gran barman e il 'lumaio' a Villa Potenza). Era successo infatti che Simoncini senior fosse stato incaricato, allora, dalle pubbliche autorità comunali addette al controllo della macellazione per dare forma e contenuti arredativi ai nuovi locali del servizio. Era stato un capolavoro, al solito. Tanto che il dirigente, all'inaugurazione si era così complimentato con l'autore: “Simoncini mio, che macello hai fatto!!”. Rimase alla storia e alla tradizione buffalmacchesca di Macerata di quegli anni 60. Che, quasi puntualmente, Pietro 'Briscoletta' Baldoni ripeteva a Franco strappandogli invariabilmente un gran sorriso. Inevitabilmente la nota battuta apparve anche al taglio del nastro del Gran Cafè in stile 'Macerata Granne'....Per il quale ora val bene il sacrificio di due posti auto, nell'augusta prospettiva, a condizione che il 'Venanzetti' riacquisti l'antico, recente splendore tornando pure ad essere, insieme con altri, i luoghi prima 'della prima' e del dopo teatro allo Sferisterio.
Ieri, incontrato casualmente al 'Grottino' (negozio di frutta e verdura in via Garibaldi) tra acquisti di castagne, pere, melograni ed uva, uno dei 96 partecipanti -relatori, moderatori e cronisti esclusi- al convegno di Cronache Maceratesi, martedì sera, mi ha fatto riflettere con la definizione che dava degli amministratori maceratesi in riferimento alle politiche attuate per la salvezza del centro storico: “turisti”. “Osservano il problema con l'ottica di un turista che viene in città, magari, per il week end e vuole assistere ad eventi e divertirsi. Ma noi, qui, vogliamo e dobbiamo viverci tutta la settimana, anche al di fuori di Natale, Pasqua, la stagione lirica e San Giuliano!” mi ha detto.
Vero, verissimo. Qualcosa in ogni caso sarà questa 'visione turistica' se, come dice un bel manifesto in questi giorni (senza altre indicazioni se non quella di andare sul sito: e se uno il pc non ce l'ha?!), “Macerata è la signora del natale”. E se in piazza da ieri sera è benissimo illuminato un grande abete. La giunta ha in effetti a cuore il centro storico, ma data l' infausta malattia del 'luogo' , si limiterebbe dunque a curarne la 'febbre' ed attuare al massimo una clemente 'terapia antidolore'. Senza possibilità di operare concretamente. Già, bambole, non c'è più una lira e quelle che ci sono non si possono toccare, come ci ripete da sempre il Presidente della Provincia. Allora? Divertiamoci con i clown, le castagne, il vin brulè, il cioccolato, la Notte dell'Opera. Ad un patto però: che paghino i commercianti. “Ne stanno per chiudere tre accanto a me” ha esclamato in assemblea Amedeo Patrassi. Ed allora, perchè il nostro amico, qualche commento sopra, si meraviglia se Cronache maceratesi cita il fiorire di un 'negozio nuovo' al posto di quello storico, chiuso da tempo, dell'indimenticabile 'Signore del Commercio' maceratese, il comm. Ernesto Guizzardi? Con il cacao almeno ci addolciremo la bocca per rimandare indietro l'idea di un centro storico che, pur mantenendo la stessa popolazione (anzi incrementandola) non è più lo scintillante biglietto da visita del capoluogo, ormai investito in pieno dalla crisi. Un fenomeno che vuolo significare il marxiano 'lumpenproletariat' da una parte e che dall'altro rimanda ad esempi analoghi in provincia. Che si chiamano Camerino e Corridonia, quest'ultimo un tempo lontano tra le cento piccole città d'Italia protagoniste del boom.
Confermo quanto scritto in sede di presentazione del bel libro dell'amico Roberto Capponi. E cioè che abbia detto -questo ha fatto e farebbe ancora sensazione!- che mi sia salvato da una certa maceratesità perchè il mio stipendio non proveniva da un datore di lavoro, del luogo. Devo inoltre dare atto della giustezza dell'osservazione fattami personalmente 'dopo' alla Bottega del Libro, dall'amico Remo Matassoli, informato dei fatti. Che, cioè, io mi sia in realtà salvato, a stento. Verissimo!!! E ne sono orgoglioso. orgoglioso cioè di aver battuto, ora si può dire definitivamente, un incredibile cartello 'maceratese' fatto di conservatori (in minoranza), progressisti (in stramaggioranza), di parrucconi (antico establishment locale, un ceto forse estinto con eredi insospettabili però), spiriti eletti ed (aspiranti) illuminati. Si levò alta, avrebbe detto Walt Withman di Oscar Wilde, il grido di esultanza dei vecchi e sempre nuovi poteri quando sembrò vacillare, per attraversamenti interni, un presidio che pur con inesattezze, talvolta, teneva alto il principio della ricerca della verità -insieme con molti altri del mio stesso mestiere. Tutto nacque, ricordo, da un 'carmen sive error', al modo di Ovidio, dell'indimenticabile amico Gabor Bonifazi storico ed insieme narratore del presente. Quel 'cartello' non c'è più, nè il tentativo di damnatio memoriae -quasi un boomerang a pensarci bene- di uomini e fatti di quel periodo. Quella 'certa' Macerata forse non c'è più. Sono rimasti in piedi, eccome! i miei amici, colpiti anch'essi incredibilmente (vero Tonino?) per aver creduto sino alla fine in un modello di vita, lontano dal pissi pissi dei portici del Comune, del Palazzo Studi e della loggia, dei Mercanti.
La crisi ha azzerato molti conti, non solo correnti. Regna una calma piatta che intristisce, comunque, un pò.
Gentile Gianfranco
nessun refuso e nessuna incomprensione. Solo una frase ipotetica di primo grado che postula, come noto, una certezza (oppure una fortissima possibilità). Ad esempio
Se cadi, ti rompi una gamba
Dunque quello che volevo significare del pensiero dell'intervistato/a era che restando a Macerata, per la Lube sarebbero problemi di difficile soluzione. Pertanto, al momento, ripeto al momento, la Lube va a Civitanova o anche a Canicattì se questa nota località avesse per caso un palasport 'europeo'. Vorrei sottolineare 'al momento' in quanto, ad esempio, l'assessore maceratese Alferio Canesin al recente dibattito sullo sport, a cura del circolo Moro, coordinato dal sottoscritto, con Bruno Pizzul e josefa Idem, ha espresso la forte convinzionde, di fronte a centinaia di persone, che la partita Lube non è affatta chiusa per il capoluogo.
Così è se vi pare, almeno per tutta questa stagione agonistica....
Pochi giorni prima del 31 ottobre, quando 15 anni fa a Villa Potenza travolto da un'auto moriva il compagno di una vita di cui lui conservava un affettuosissimo e sempre presente ricordo, anche Carlo Perugini ha lasciato questa terra. Erano, come canta Gino Paoli, 'quattro amici al bar' (da Sesto, per l'esattezza davanti allo Sferisterio): lui, 'Carlo Matto', Briscoletta, Cesarino e di volta in volta qualche altro mitico 'friend' di quei mitici anni 50/60, tra i quali voglio annoverare qui 'Cisirino'. 'Carlo Matto', già...laddove la follia era unicamente rappresentata dall'esplosività ed imprevedibilità di una forza leggendaria di cui lui era stato da madre Natura, dotato. "Quando c'era Carlo Matto -mi raccontava Pietro- andavamo sicuri. Avremmo sopportato l'urto, l'assalto di una decina di persone...lui li stendeva tutti". I teatri di queste mitologiche risse erano bar ed osterie di tutta la provincia dove 'gli amici maceratesi' erano accolti peraltro con rispetto e... timore. Bastavano tuttavia le 'candide' provocazioni de 'Lu Toscanu' per offuscare l'aria. Cesarino si impaurì una volta sola: quando non sapendo con chi aveva a che fare, aveva affrontato con la sua ironia dissacrante un giovane che era un campione di boxe, pesi massimi. E al suo fianco non c'era Carlo Perugini. 'Una volta -mi ricordava ancora con ammirazione, Pietro- Carlo con un pugno ben assestato frantumò la mascella ad un cavallo!". Naturalmente il signor Perugini era anche e sopratutto un padre e marito ed un lavoratore ammirato per l' assennatezza e il culto della famiglia . Una volta chiesi tuttavia a Mauro Perugini, mio carissimo amico e figlio di Carlo se davvero suo padre era così forte, un bracciodiferro invincibile senza bisogno di ingurgitare spinaci di volta in volta..."Era? Lo è, lo è pure adesso. L'altro giorno, non apprezzando particolarmente una mia risposta mi ha fatto volare in aria...". E Mauro mimando il volo, mi fece un eloquente gesto con le mani..
Carlo, Cesarino, Pietro, mi raccomando ora in Paradiso....
Condivido in pieno l'appello del sindaco di Cerreto d'Esi, dottor Alessandroni perchè Matelica ricordi il suo grande concittadino concretamente con la realizzazione di una statua da collocare nell'omonima piazza. E basterebbe anche un semplice busto. Come ad Acqualagna. Anche Gela ha ricordato con lo scoprimento di un busto il Grande marchigiano. La cerimonia è avvenuta proprio oggi nella cittadina sicialiana, nella ricorrenza del 51 anniversario, con lo scoprimento di un busto presenti autorità locali, rappresentanze dell'Eni e di Giuseppe Accorinti, già Ad di Agip e presidente della Scuola Mattei, autore del volume: "Quando Mattei era l'impresa energetica. io c'ero".
Propongo anche un gemellaggio a tre fra la stessa Cerreto d'Esi, Matelica ed Anterselva-Rasun, l'ultima 'patria' di Enrico Mattei. Il quale volava sul suo diletto lago a pescare appena aveva due ore di tempo e dove, una volta 'in pensione' avrebbe voluto rimanere a lungo.
Visto che ci siamo, proporrei per ultimo anche un gemellaggio tra la Provincia di Bolzano (dov'è appunto Anterselva) che ha ricordato Mattei quest'estate con tanti convegni e la Provincia di Macerata che invece, come già nel cinquantenario 12 mesi fa, non lo ha ricordato...
Ho aspettato qualche giorno che qualcuno si levasse per dire una parola in contrasto al primo commento di cui (scorrendo) sopra. Invece nulla. Ne da parte di ...dirimpettati della canonica, nè dal comitato parrocchiale nè dai polentari vicini e lontani di cui don Peppe è presidente (emerito).
Ed allora io dico soltanto che non deve fare 'scandalo' se don Giuseppe Branchesi, 75 anni, parroco di Santa Maria in Selva, consigliere ecclesiastico regionale di Coldirettoi, guida dell'associazione nazionale Polentari d'Italia, già docente all'Itc Gentili e 'maestro' di generazioni e generazioni di studenti, fa talvolta o spesso 'notizia'. Una buona notizia, s'intende. Considerato che gli eventi che promuove sono seguiti da migliaia e migliaia di persone. E don Peppe, come noto, non è certo una rock star, nè un'icona della vanità. Tuttalpiù è un forte comunicatore, un talento che gli ha trasmesso il suo maestro Ersilio Tonini. Il sacerdote fa notizia anche laddove lui non si muove da protagonista, come nel caso ricordato dal primo commento, della visita dell'associazione Arancia alla presidente della Camera. Chi avrebbe dato quella notizia se non l'avesse fatto Cronachemaceratesi che deve il suo successo straordinario proprio perchè crede nelle news e le segue con fiuto infallibile considerati i lettori che fanno del giornale online un caso addirittura italiano di visibilità? Che scandalo infine, se un curato di campagna (alla Bernanos) dalla fede e dalla vita adamantine riesce sempre a fare ('buona') notizia e se migliaia di lettori la leggono?
Ed allora: "Buon lavoro e coraggio", caro don Peppe, come ti ha esortato l'altra mattina il papa in piazza San Pietro.
In conclusione, altri due ricordi. Quell'uomo leggero, leggero ma fortissimo nel vigore, nelle parole sapeva suscitare negli altri sentimenti incancellabili attraverso spezzoni di esperienze vissute. Così ricordando il grande vescovo Carboni (morto drammaticamente due giorni prima) in una cattedrale stracolma -tanto da non esserlo più- il cardinal Tonini ricordò le parole di un fedele umile, anziano, pieno di fede che aveva conosciuto ed apprezzato nei suoi anni alla guida della diocesi maceratese. "E ciò che lui, un giorno, mi disse -stava morendo serenamente- non l'avrei dimenticato più: 'Io e il Signore ci siamo fatti compagnia per tutta la vita: è stato bellissimo' Questo mi disse mentre l'abbracciavo, io, piangendo". Il cardinale sottolineò più volte con vigore quella frase semplice semplice ma potente ed evocativa, e la Cattedrale, dentro e fuori, infiammò silenziosamente di un brivido: fede e commozione davanti a quell'uomo sull'altare, un esile gigante. L'ultimo ricordo. Ussita, un'estate alla Domus Laetitiae. Un gruppo di fedeli è guidato per un sentiero dal vescovo verso la cima del monte. C'è chi indugia: Tonini incalza il gruppetto ad andare in salita con più energia, quando una donna scherzando: "Dice bene monsignore, ma lei va forte perchè non pesa 'cosa'". Già, mons. Tonini non pesava 'cosa'; il suo spirito sopratutto, era leggero e saliva naturalmente verso l'Alto.
Caro Alexis de Tocqueville risponde da cronista, con due testimonianze. La prima, non in ordine di tempo. Ieri l'amico Mario Monachesi, un poeta vero, mi ha ricordato commosso di aver visto qualche settimana fa Gabor davvero affranto dirgli: "Qui a Macerata non sanno neppure dirmi di che morte devo morire...me ne vado via". Ed aveva ripreso la consueta strada per San Severino Marche dove è deceduto serenamente all'alba di sabato, il giorno del Signore. L'altra testimonianza è affidata ad una foto, purtroppo introvabile. La scattò tanti e tanti anni fa Pietro 'Briscoletta' Baldoni, mitico fotoreporter del Messaggero durante una nevicata. C'è Gabor che tira una pallata di neve, con simulata violenza, contro Enrico Panzacchi, potentissimo direttore generale della potentissima Cassa di Risparmio di Macerata, che fa l'atto, come un martire protocristiano, di ricevere con umiltà l'atto di inaudita violenza. Naturalmente il significato della scenetta era tutto da rovesciare. Così fu la vita di Gabor, tesa a tirare con infinito amore pallate di neve al potere, epifania dell'Altra Macerata, la città dei 'senza voce', dei senza rappresentanza, degli eternamente fuori da tutto: dagli intrighi delle lobbies (cui tocca iscriversi e magari attendere pazientemente in sala d'aspetto un paio d'anni...) e dalla spartizione degli incarichi. Alla città di serie B, degli eternamente ultimi resta solo raccomandarsi o incazzarsi, come faceva Gabor. Ecco perchè sarebbe bello (e spero che Eva, Walter, Enzo Marangoni... e,... Luciano, vuoi esserci anche tu anche se questa non è una 'burla'?) vogliano promuovere nel ricordo di Gabor un Premio, o qualcos'altro, magari di più creativo e 'strano'. Tuttavia, mi raccomando, non salite per questo le scale del Palazzo... dove non capirebbero l'avventura di un uomo che diede molto avendo in cambio quasi nulla.
LA SCAMPAGNATA DELLA NOSTRA VITA Questa mattina davanti alla bellezza sfolgorante della montagna di luglio a Montecavallo ho pensato; "Gabor ci ha costretti a questa ennesima scampagnata, perchè potessimo ammirare la bellezza della 'sua', della 'nostra' terra, sopratutto quella più recondita". Luciano (Magnalbò), di cui Eva in chiesa ha letto il brillante epigramma in morte dell'amico, l'avrebbe definita una 'burla'. Gabor ci avrebbe dunque 'uccellato' (lper dirla con lui)? No, l'amico era maledettamente serio. La burla serviva per dare leggerezza, anche se lui l'amava da morire. Così una volta mi portò un articoletto, mirabilmente scritto con una 'lettera 33' Olivetti da un avvocato suo amico. Che descriveva un amico comune: il marchese Luzi. Gli dissi subito: Ma questa è una burla! Gianfranco ci fa querela, senza dubbio! 'Ma nò, a Luciano Magnalbò che l'ha scritta, no di sicuro' fu la risposta, sicura. Così l'avvocato iniziò la sua 'avventura': sembra ancora che fosse quello un pezzo 'commissionato' dallo stesso Gabor che come un redattore capo ormai sceglieva temi e 'scrittori' senza sbagliare un colpo. A tutto vantaggio, allora, del Messaggero. E 'scoprì' così anche Masino Ercoli, direttore artistico di Popsophia che oggi giustamente ha inviato a mass media, regionali ed italiani, il bilancio trionfale della manifestazione a Pesaro (4.000 persone a sera!) frequentata pure da Matteo Renzi. Poi nella stessa mattinata ricevo una telefonata commossa da un amico, Pietro Pistelli: "Devo tutto a Gabor". Pietro è uno dei massimi storici garibaldini italiani; a Nizza, patria dell'eroe, ha ricevuto qualche giorno fa i massimi riconoscimenti letterari. Il suo libro; 'Garibaldi nelle Marche' ha venduto diecimila copie (adesso ne ha scritto un altro). Dice Pietro: "Avevo quel materiale da tanto tempo, fu Gabor a costringermi a scrivere il libro. Io quasi non volevo". Già, quelle amicali 'costrizioni' di Gabor che ti spronava con una sola occhiata sulla via dell'impegno e dell'amore per questa terra ...e tu capivi che lui aveva ragione.
Cari amici
grazie di cuore per i vostri elogi. Temevo che l'emozione mi avesse preso 'troppo' (che mi avesse preso, lo sapevo!) la mano. Già, perchè Gabor è stato per tanti anni un mio compagno di viaggio nonostante che non ci legasse nulla. Anzi che ci dividesse il nostro sentire politico. Lui estremsta di destra, io di sinistra avevamo combattuto (nel vero senso della parola) su barricate opposte anche se in regioni diverse. Seppure in Umbria circolasse un libretto (e lui lo teneva religiosamente nella biblioteca di casa) a cura dei movimenti di sinistra che lo dipingesse, al pari di Giulio Conti, come uno dei 'fascisti' più pericolosi... ma era a tutti notissimo che Gabor non aveva mai fatto male ad una mosca. Pel suo tramite nel corso del tempo, poi ho 'ritrovato' nelle Marche, in esilio spirituale, tanti esponenti della destra perugina (i miei compagni di sinistra, no: erano già tutti nelle aule del potere istituzionale),. Gente che aveva conosciuto anche il carcere come Bobo che si firmava con due 'ananas' (bombe) e che poi ad ogni anniversario della sua scomparsa i 'camerati' ricordavano a Jesi ritualmente nel corso din un banchetto dove la presenza in spirito di Bobo era segnalata da un fiasco di vino...Con questi uomini della destra, io grazie a Gabor mi sono riappacificato; baci ed abbracci tra gente che qualche anno prima solo se si vedeva faceva a pugni, se non peggio. Invece contava essersi trovati e ricordare la nostra giovinezza e la nostra Umbria. Fascismo ed antifascismo non valevano più nulla.Scoprivamo di volerci bene, di essere amici dopo averci tanto odiati Con Gabor era normale che la magia dell'amicizia facesse capolino ogni volta alldilà di ogni differenza politica e pure sociale. Questo è stato il suo messaggio, in definitiva.
Un rigraziamento speciale per l'amico Guido Garufi. So che il suo apprezzamento è puramente 'tecnico' e non dovuto all'amicizia ed è ricco d'informazioni come il riferimento alla pubblicazione su Capitini che non conoscevo. Personalmente tengo molto anch'io a questa testimonianza che ho voluto rendere al Gandhi italiano sapendo di non riscuotere ...eccessiva popolarità in termini di share. Il gran popolo di CM l'ha infatti pressocchè ignorata: nessuna sorpresa trattandosi appunto di Capitini che morto nel '68 è ancora un filosofo tutto da scoprire. Non fu così per Pietro Nenni che nel suo diario, il giorno della morte del grande Aldo, lo volle ricordare come un 'filosofo eccezionale'. Sempre controcorrente ed antipartito (pensate alla sua attualità): "antifascista e post fascista". Nenni scrisse in conclusionje di Capitini:: "Troppo, forse, per una vita sola. Ma bello". Il suo movimento aveva un simbolo: il fucile spezzato. Che il mondo che metteva ai margini il Gandhi italiano, come noto, non ha mai spezzato. Ed un ringraziamento va a a Filippo Davoli per il suo apprezzamento al mio pezzo sulla storia gloriosa degli allievi dei SaLESIANI. E, con il permesso del direttore Matteo Zallocco, ne annuncio un ulteriore con un altro grande nome nel mondo della Cultura e dell'istruzione che i più anziani tra i docenti maceratesi ricordano con affetto e rimpianto.
Nessun lapsus infelice, mio giovane amico. Seppure ne abbia molti all'attivo nei miei 46 anni, ormai quasi 47 anni di giornalismo. L'on. Irene Manzi, nel corso della cerimonia che ha inaugurato Marche Libri, ha citato il titolo di una recente pubblicazione per indicare la vitalità economica dell'editoria e la necessità dunque di sostenerla, con questa sostenendo (adiuvando) lo sforzo di tutti coloro che operano in questo delicatissimo settore culturale. Anche noi: tu Filippo come poeta e scrittore, io come giornalista professionista, alla maniera dell'on. Manzi e dei nostri amici librai, a cominciare da La Bottega del Libro, ci cibiamo di questo cibo mistico ed insieme concretissimo della cultura e pertanto del libro. Spero di essermi spiegato, come dire, ad ultra.
M.Verdenelli
Maurizio Verdenelli
Utente dal
1/2/2009
Totale commenti
126