La panetteria Romagnoli
chiude dopo 70 anni di attività:
«Il coronavirus non ci ha dato scelta»

MACERATA - Il titolare della storica attività di Villa Potenza racconta la sua storia e le motivazioni che l'hanno spinto a questa decisione difficile e dolorosa. «La paura del rischio contagio era diffusa ovunque e la mia malattia mi rende un soggetto a rischio»

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Mario Romagnoli e Lina Palmucci, i fondatori della panetteria Romagnoli di Villa Potenza nata nel 1950

 

di Elisabetta Pugliese

«A causa del coronavirus, dopo 70 anni devo chiudere la mia azienda. Non posso più portarla avanti». Sono queste le parole di Luigi Francioni, titolare della panetteria Romagnoli di Villa Potenza, che racconta la sua storia e le motivazioni che il 30 aprile l’hanno spinto a interrompere la sua attività, una delle più longeve della frazione di Macerata. L’impresa è stata fondata nel gennaio 1950 da un giovanissimo Mario Romagnoli e man mano, grazie all’aiuto della moglie Lina Palmucci e dei suoi dipendenti, si è ingrandita sempre di più. Il primo titolare venne a mancare improvvisamente nel 1984, fortunatamente Luigi Francioni, divenuto suo genero, già da qualche anno forniva il suo aiuto all’attività. «Mia moglie è Anna Maria, la figlia di Mario e Lina – spiega – ci siamo trasferiti lì quando ci siamo sposati. Siamo entrambi insegnanti di scuola media, in pensione da diversi anni, quindi all’epoca mi occupavo principalmente di contabilità e gestione dell’azienda, proprio per una questione di incompatibilità con la mia professione. Quando mio suocero venne a mancare, i dipendenti ci supplicarono di non chiudere, garantendoci la loro massima collaborazione, così malgrado tutto decidemmo di continuare. Mia suocera dirigeva un po’, si occupava della rivendita alla clientela con l’aiuto di un’altra commessa. Grazie a questo – sottolinea – siamo andati avanti per circa 20 anni, mentre io e mia moglie abbiamo proseguito nel nostro lavoro di docenti fino ad arrivare alla pensione. Poi però mia suocera si è ammalata e io sono subentrato per aiutarla. Quando se n’è andata, nel 2005, l’attività è passata a mio figlio Giovanni, che ne è diventato titolare da un punto di vista legale».

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La panetteria Romagnoli

Anche Giovanni era insegnante di filosofia, ma lavorando in una scuola paritaria di Pesaro la legge gli consentiva di portare avanti entrambi i mestieri. Nel 2015, però, è passato agli istituti statali, quindi il problema di incompatibilità tornava a riproporsi. «La ditta è tornata a mio nome – racconta Luigi Francioni – e abbiamo proseguito fino al 2017, quando purtroppo mi è stata diagnosticata una brutta malattia. I dottori mi hanno incoraggiato ad andare avanti, perché restare attivo e a contatto con i clienti non poteva farmi che bene, quindi abbiamo tenuto duro fino a dicembre 2019, festeggiando i 70 anni dell’azienda. In quell’occasione – afferma – mio figlio ha scritto un pensiero molto bello, che diceva: “70 anni fa la speranza e la passione di Mario e Lina, poco più che ventenni, hanno attecchito nel terreno del lavoro e del sacrificio, dando vita ad una piccola piantina. Sotto la pioggia dei mesi e il sole degli anni, la piantina ha attraversato il tempo del cambiamento, quello dei sorrisi e quello delle lacrime, fino a formare un grande albero. Pur molto longevo, ogni albero non è immortale, ma affondando le radici nel presente è un ponte tra il ricordo del passato e l’incognita del futuro”. È stato bellissimo – dichiara – un momento di grande festa e gioia».

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Il pensiero scritto da Giovanni Francioni alla festa dei 70 anni di attività a dicembre 2019

Il titolare aveva già maturato il pensiero di chiudere, però ha deciso ugualmente di iniziare il nuovo anno e di vedere i risultati col tempo. Poi è arrivata la pandemia da Covid-19 e tutto si è fermato. «Col Coronavirus è diventato tutto difficilissimo – dice Luigi Francioni – c’era una paura diffusa, perché sappiamo bene che il contatto con le persone significa forte rischio di contagio. In più, io sono un soggetto particolarmente a rischio, perché per via della mia malattia possiedo un sistema immunitario piuttosto debole. Ho detto a me stesso: “Non posso più tenere il timone di questa barca, se vado avanti rischio di fare affondare tutti”. È stata una decisione molto dura e sofferta – rivela – ma è stato meglio così. Abbiamo chiuso in bellezza, senza dover andare in declino, ma ricordando con affetto un’attività che è stata sempre apprezzata e stimata da tutti e per la quale i clienti nutrono forte cordialità e gratitudine. È stato il male minore. Il 30 aprile abbiamo affisso un cartello al panificio – conclude il titolare – che esprime i nostri sentimenti più veri verso le persone che ci sono affezionate, speciali e sempre presenti. Abbiamo scritto: “Chiuso per cessazione attività, un saluto e un grazie di cuore a tutta la splendida clientela».

 

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