L’interno in costruzione del Covid center alla fiera di Civitanova
«Gli anestesisti rianimatori non possono essere considerati alla stregua di pedine mosse a piacimento di qualcuno, dopo che hanno visto stravolgersi la propria vita personale e professionale. Dopo che per 60 giorni hanno salvato vite umane o ne stanno per concludere positivamente il trattamento. La loro disponibilità, assicurata da diversi anni e nella fase acuta della pandemia, coincide anche con la certezza di una modalità lavorativa nell’ambiente da essi conosciuto e vissuto nel quotidiano, con precise responsabilità professionali ed organizzative e non è utilizzabile nell’incertezza di un ulteriore cambiamento repentino, approssimato e, pertanto, non condiviso».
Marco Chiarello
Sono le parole del dottor Marco Chiarello, ex primario della Rianimazione di Camerino tornato dalla pensione per dare una mano durante l’emergenza Coronavirus e presidente Aaroi-Emac Marche, l’associazione che raggruppa i 300 anestesisti rianimatori marchigiani, critico sul progetto del Covid center all’ente fiera di Civitanova. L’associazione, infatti, ha già fatto pervenire ai vertici della sanità regionale (governatore Ceriscioli e responsabile del servizio Sanità Lucia Di Furia) le proprie considerazioni imperniate sulla impossibilità di reperire il personale sanitario necessario. Secondo Aaroi-Emac per 42 posti letti di terapia intensiva e 42 di sub intensiva servirebbero circa 100 medici specialisti (anestesisti rianimatori, cardiologi, broncopneumologi, internisti, infettivologi, chirurghi) e 250 infermieri a garanzia di una turnazione completa. Per questo «come auspicato anche dall’andamento dell’epidemia (ieri 44 pazienti ricoverati nelle Rianimazioni marchigiane, ben il 76% in meno rispetto al picco di 169 pazienti registrato il 31 marzo 2020) – continua Chiarello – abbiamo proposto di rimodulare tale ospedale maggiormente verso il trattamento di pazienti Covid che hanno terminato la fase acuta. Parliamoci chiaro – aggiunge il presidente dell’Aaroi Emac – le figure specialistiche degli anestesisti rianimatori (ma non solo) non ci sono e quelli attualmente in servizio garantiscono con difficoltà i turni dei propri ospedali di appartenenza, spesso assicurando la propria disponibilità con turni aggiuntivi a copertura delle Unità di specialisti mancanti (- 30 sulla dotazione organica necessaria, pari a 750 turni ogni mese). Non ha senso il reclutamento volontario di specialisti e di personale infermieristico a copertura delle necessità del Covid Fiera: chi vi aderisce fornirà la copertura di turni in modalità libero professionale, aggiuntiva all’orario istituzionale che deve assicurare negli ospedali di appartenenza. Il Covid Fiera deve avere personale dedicato al compito assegnato. Ad esso va garantita la sicurezza organizzativa e della persona, senza mettere a rischio il previsto riposo biologico. Non solo, una corretta gestione prevede la certezza del percorso clinico e professionale, con le varie responsabilità (dal primario all’ultimo collaboratore) e la continuità assistenziale e clinica, aspetti questi impossibili da assicurare con personale “ballerino” ed in più stanco dai turni massacranti di questi ultimi 60 giorni. Sono quesiti essenziali dai quali non si può prescindere. Fanno parte della programmazione e non dell’approssimazione». Da qui la conclusione: «Forse è necessaria fin d’ora chiarezza nelle finalità dell’ospedale Covid 100 – dice Chiarello – dalla quale desumere se servano (e quanti) posti letto di rianimazione e subintensiva, di degenza e riabilitazione, anche in relazione alla disattivazione, che deve essere progressiva, degli attuali ospedali Covid, mantenendone alcuni che per loro struttura (ubicazione geografica – ultraspecializzazione), possono e debbano continuare a trattare i pazienti gravi Covid positivi. Certamente un ospedale regalato non si rifiuta; i suoi costi fissi, però, debbono essere adeguatamente motivati».
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Non potrebbe essere il contrario, essere il centro sovradimensionato rispetto alle esigenze reali?
Sono d’accordo che chi lavorerà al covid fiera deve farlo in pianta stabile. L’Italia è grande e medici e infermieri poi vedremo se si troveranno oppure no. Certo che in periodo di remissione come questo, dove ci sono solo 44 ricoveratati nelle Marche in terapia intensiva è un’occasione da non lasciarsi sfuggire per cominciare a liberare gli ospedali trasformati in covid center e quelli che ci sono diventati causa forza maggiore. Non so che stanno facendo a Milano ma un’occhiata di insieme la daranno! Vedi mai che non ci sarà una recrudescenza e il covid center potrebbe da solo sopperire tutte le Marche? Una fortuna di niente sarebbe!!
In una intervista delle scorse settimane, facilmente reperibile in rete, il Prof. Luciano Gattinoni, uno dei maggiori esperti in materia, pronunciandosi riguardo l’Ospedale “in Fiera” di Milano, opera gemella di quella di Civitanova Marche, la bollava testualmente con questa frase: “E’ una cosa che fa ridere i polli”. Enunciando i vari problemi, Gattinoni poneva anche il problema del numero di medici ed infermieri necessari, del loro reperimento, della loro formazione. Se ci si riporta a quell’articolo e si rifanno i conti in percentuale ai posti letto (Gattinoni faceva l’esempio di 100 posti letto), si vede che le problematiche, i ragionamenti e le cifre sono dello stesso tipo e dello stesso ordine di grandezza di quelle riportate in questo articolo. Questo perché come si legge dall’articolo il Dott. Marco Chiarello è egli stesso stato Primario di Rianimazione, e presidente della relativa Associazione. Guarda caso, due esperti, operanti sul campo, dicono le stesse cose. Quello che veramente mi sorprende di più, in negativo, di tutta questa storia, è la presunzione e l’arroganza di certi politici che ritengono di prendere decisioni su certi argomenti, scavalcando se non addirittura snobbando il parere dei tecnici specializzati nella materia, laddove, invece, ascoltare il parere preventivo dei tecnici specializzati è la prima cosa che dovrebbero fare.
Iacopini, siccome ti riconosco una certa onestà intellettuale, ti invito a leggere bene quello che ha detto nell’intervista Gattinoni, soprattutto in riferimento al personale necessario. In fondo, non gliene faccio una colpa… capita anche ai migliori. 😉
Ma ricollegandomi all’articolo, e alle dichiarazioni del segretario Chiariello, ti sei chiesto come mai, all’esperto di rianimazioni, non è stata fatta la domanda sul fatto che, se manca il personale per una struttura unica, dove si prendeva il personale per distribuirlo su più strutture (i famosi piccoli ospedali da riaprire, tanto sponsorizzata dai contrari al Covid Hospital) ?