La superstrada, il poco cemento
e le ragioni degli “sconfortatori”

Ci son voluti sei mesi per accorgersi che almeno tre gallerie non sono in regola. Ora l’Anas e la Quadrilatero hanno finalmente detto la verità: ben nove chilometri da chiudere al traffico e dirottamento sulla vecchia statale

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di Giancarlo Liuti

L’ultima notizia – non mormorata e non contraddittoria, stavolta, ma ufficiale – viene dall’Anas, l’azienda nazionale che controlla la Quadrilatero, una società pubblica di “project financing” cui da dodici anni è affidato il completamento della Civitanova-Foligno. Cosa conclude, oggi, l’Anas, d’intesa, pare, con la Quadrilatero? Ne riassumo gli aspetti essenziali: vista la necessità di ulteriori verifiche sullo spessore del cemento in tre gallerie lungo i nove chilometri del tratto Serravalle-Colfiorito, si dispone l’immediata chiusura al traffico in entrambi i sensi di marcia, la qual cosa significa che per un tempo non precisato la circolazione motorizzata dovrà tornare alle tortuosità dell’antica 77.
Ma questa è una storia lunga e vale la pena – sì, proprio la pena – di raccontarla come esempio di ciò che accade un po’ dovunque in Italia. Lo scorso gennaio, quando con immenso entusiasmo la Quadrilatero inaugurò il tratto fino alle soglie di Colfiorito e annunciò che entro giugno l’opera sull’intero altopiano sarebbe stata completata ed entro l’anno sarebbe stata ultimata fino a Foligno, parecchi commentatori di Cm storsero il naso e per vari motivi sollevarono una quantità di critiche nei confronti di questo importante passo avanti nella modernizzazione viaria della provincia, il che m’indusse a deplorare il malvezzo, assai diffuso nella nostra città, di diffidare, parlandone male, di tutto e di tutti. E ne approfittai per citare un vecchio motto: “Macerata, città dello sconforto, o piove o tira vento o sona a morto”.

La puntata di Report: l'operaio intervistato (sopra) e la galleria La Franca (sotto)

La puntata di Report: l’operaio intervistato (sopra) e la galleria La Franca (sotto)

Ma trascorsero un paio di mesi e a “Report”, il programma su Raitre di Milena Gabanelli, saltarono fuori, protetti dall’anonimato, tre operai in attività su una delle gallerie – “La Franca”, per la precisione – denunciando che lo spessore del calcestruzzo era inferiore di parecchi centimetri al dovuto, la qual cosa poteva far sorgere sospetti – quella, si badi bene, è una zona ad alto rischio sismico – sulla solidità della struttura. E quale fu l’immediata reazione della Quadrilatero e dell’Anas? Tutto falso, si disse: lo spessore del cemento è assolutamente in regola. Anche quegli operai, dunque, erano entrati a far parte dei nostri inguaribili “sconfortatori”. Come non credere, del resto, alla Quadrilatero e all’Anas? Ne presi atto e ne conclusi che l’entusiasmo dell’inaugurazione e dei categorici impegni futuri era pienamente legittimo e garantiva che la realizzazione di questa grossa opera pubblica stava procedendo, nei tempi e nei modi, come era sacrosanto pretendere.
Purtroppo, però, siamo presto entrati nel costume tipicamente italiano delle smentite che non smentiscono, delle cose dette e poi contraddette e del tirare a campare in bilico sulla corda del vero-falso e del falso-vero. A maggio, infatti, la Quadrilatero e l’Anas hanno dato sostanzialmente ragione agli operai di “Report” ammettendo che in effetti nel soffitto della galleria “La Franca” c’era – e rimane – un deficit di calcestruzzo. E allora? Non dichiarazioni ufficiali, intendiamoci, ma, a mezza bocca, allusioni a laboriose verifiche e, forse, a una provvisoria sospensione dei lavori. Morale? Niente giugno e niente fine anno. Per quale ragione, però, quell’indebito risparmio sul cemento? E’ insomma parso di cogliere – mi sbaglio? – il solito traffico degli appalti e dei subappalti che via via finiscono per far diventare “private” anche le opere “pubbliche” e le rendono occasione di astuti traffici sotto banco finalizzati a far soldi. Tutto regolare, all’inizio, ma poi, giorno dopo giorno, l’irregolarità prende il sopravvento. Mancano i controlli? Si consente che manchino? Non lo so. Sta di fatto che ancora una volta la legalità ha perso, come il calcestruzzo, qualche centimetro di solidità. E se l’avevano capito dei semplici operai – ma davvero sono soltanto dei semplici, e comunque bravissimi, operai? – ci si chiese perché non l’avessero capito pure coloro che avevano il dovere di seguire ora per ora l’andamento delle operazioni. Tuttavia, e questo ci fu fatto ufficiosamente sapere, la galleria “La Franca” sarebbe stata presto rimessa posto. Il che, ancora una volta e nonostante tutto, ci parve una buona notizia. “Errare humanum est”, sentenziavano i nostri padri latini: “diabolicum”, semmai, è “perseverare”. Ma siamo sicuri che non si sia perseverato? Ho qualche dubbio in proposito.

Il tratto chiuso dall'Anas

Il tratto chiuso dall’Anas

Non essendo un esperto di gallerie superstradali e dovendomi limitare alla lettura di quanto riportato dai giornali, son venuto man mano a sapere che se ne stava interessando anche la procura di Spoleto e per verificare il sospetto che “La Franca” non fosse un’eccezione ma, forse, la regola, alcuni sindaci della zona – non “allarmismo”, si precisò, ma neanche “sottovalutazione” – chiesero alla Quadrilatero di far luce sul calcestruzzo di tutte le gallerie, comprese quelle che già esistono e da tempo sono percorribili, finanche a partire da Tolentino. Si sta facendo? Mistero. Inoltre è di pochi giorni fa quanto dichiarato – fra virgolette, perciò testuale – il ministro delle infrastrutture Graziano Del Rio intervenuto a Treia per il seminario di Symbola: “La Quadrilatero va avanti, abbiamo fatto indagini di controllo e stiamo lavorando con la società e con l’Anas per completare l’opera. Non ci saranno ritardi per il problema della galleria, ci sono difetti che abbiamo verificato ed è nostro dovere continuare a vigilare per la sicurezza dei cittadini”. Solo “La Franca” o anche altre gallerie? Del Rio non l’ha detto. Una vaghezza, quindi, nella quale c’è tutto ma potrebbe nascondersi il contrario di tutto.
A quando una puntuale, dettagliata e ufficiale presa di posizione della Quadrilatero e dell’Anas che la controlla? Eravamo in attesa. E adesso, ma dopo troppi mesi di manfrine, qualcosa di vero è finalmente arrivato, anche se nient’affatto lusinghiero: tutto bloccato, addio giugno, addio dicembre, ritorniamo alle curve tortuose della vecchia strada. Ma davvero ci voleva così tanto tempo per accorgersi che mancavano alcuni centimetri di calcestruzzo? Non bastavano una scala, un punteruolo e uno di quei misuratori che ciascuno di noi tiene in casa quando c’è da appendere un lampadario? No, si dice. Occorre molto di più, occorre un “georadar”, che forse – sto ovviamente scherzando – è un avveniristico strumento portatoci da Samantha Cristoforetti al ritorno dalla sua impresa spaziale. D’accordo, comunque, sul “georadar”. In questo, come in tante altre cose, sono un perfetto ignorante e ciò che penso ha l’infimo valore di un rifiuto da scaraventare nel reparto meno nobile della raccolta differenziata.
Ma qui torno a quanto scrissi lo scorso febbraio deplorando lo “sconforto” che per tradizione contraddistingue la gente di Macerata (città dello sconforto, o piove o tira vento o sona a morto). Ebbene, sia pure per ragioni diverse dal cemento, sulla superstrada verso Foligno gli “sconfortatori” maceratesi non avevano torto. Perciò mi ravvedo e quel motto va completato: “Macerata, città dello sconforto, o piove o tira vento o sona a morto o manca il calcestruzzo di supporto”.

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