L’inaugurazione della superstrada
e Macerata, “città dello sconforto”

Due retoriche a confronto, quella del bene e quella del male. La differenza con Civitanova. Il declino, se c’è, dipende anche da questo

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di Giancarlo Liuti

La società “Quadrilatero” ha inaugurato altri nove chilometri – due terzi in galleria – della superstrada Civitanova-Foligno , con l’annuncio forse ottimistico che l’ultimo tratto, da Colfiorito alla città umbra, sarà completato entro il prossimo mese di giugno. Non v’è dubbio che questa sia una buona notizia – una delle poche – nel campo degli investimenti pubblici, specie se si considera la situazione dell’economia nazionale. Per quanto riguarda il Maceratese – e in particolare la città di Macerata – i progetti della “Quadrilatero” comprendono anche il collegamento intervallivo fra il Chienti e il Potenza, e su questo ha la sua pur modesta importanza lo svincolo di Campogiano, sulla Carrareccia. In tema di infrastrutture stradali, quindi, dopo anni di ritardi, ripensamenti e polemiche, qualcosa – non poco – sta vedendo la luce. Ed è sciocco non prenderne atto.

L'inaugurazione del tratto della Superstrada 77 tra Bavareto e Colfiorito

L’inaugurazione del tratto della Superstrada 77 tra Bavareto e Colfiorito

La cerimonia inaugurale del tratto fino a Colfiorito si è svolta in un clima oltremodo festoso, alla presenza di una folta schiera di autorità nazionali, regionali, provinciali e comunali, e con toni nei quali è prevalsa la retorica degli eventi memorabili. Vero. E allora? C’è una retorica, come questa, del bene. Ma ce n’è una anche del male, soprattutto, oggigiorno, nell’inconcludente “vaffanculismo” grillino e nella rabbia viscerale della cosiddetta gente comune esasperata dal perdurare della crisi. E questo, entro certi limiti, è da aspettarselo. Come ho già detto altre volte, tuttavia, faccio fatica a capire perché mai la retorica del bene, allorché ve ne sono le ragioni, susciti indignazione da parte della retorica del male, quasi che per essa una qualsiasi cosa positiva sia, assurdamente, una sanguinosissima offesa. Il futuro non è del tutto radioso, lo so anch’io. Ma il futuro, vivaddio, esiste. O, almeno, dovremmo sperare che esista. E affrontarlo in questa maniera è come negarlo, quasi che fossimo morti prima che esso cominci.
Quando dico “retorica”, una parola che nel suo significato classico – arte del parlare con efficacia persuasiva – merita apprezzamento, mi riferisco all’uso peggiorativo che se ne fa specialmente in politica, un uso che nel monumentale vocabolario di Salvatore Battaglia (ben ventiquattro volumi!) è definito come segue: “Esaltazione enfatica e acritica di concetti a cui non corrispondono valori reali e concreti, sostituiti da atteggiamenti puramente esteriori e ostentati solo per avvincere chi li ascolta”. In altri termini, insomma, demagogia.
Detto questo, faccio un passo indietro nel tempo. La superstrada della Valdichienti fu iniziata trent’anni orsono e nella sua prima fase giunse da Civitanova a Tolentino dopodiché, a più riprese, si spinse fino alla Sfercia di Camerino e alla Maddalena di Muccia, dove si fermò. Prendendo atto dell’impossibilità, per i costi, di scavare un tunnel di dieci chilometri sotto Colfiorito, il proposito di farne un’arteria interregionale fra le Marche maceratesi e l’Umbria di Foligno finì nel cassetto delle cose da dimenticare. Ma dal cassetto lo tirò fuori l’economista e senatore Mario Baldassarri, il quale, nei primi anni del Duemila e da viceministro del governo Berlusconi, lanciò l’idea della “Quadrilatero”, una società mista fra risorse pubbliche e private col sistema del “project financing”. All’inizio questa idea fu combattuta dal centrosinistra per ragioni ambientali e soprattutto ideologiche (l’eccessivo spazio concesso alla speculazione privata secondo una visione “liberistica” dello sviluppo), ma successivamente, dopo compromessi che fecero crescere l’intervento pubblico, ebbe un sostanziale consenso pure dal centrosinistra. Questi i fatti, che ho riassunto sbrigativamente e magari con qualche imprecisione. Giusto, dunque, attribuire a Mario Baldassarri il merito originario dell’iniziativa, ma proporre, come ha fatto qualcuno nella cerimonia inaugurale, che l’autostrada gli sia intitolata mi sembra un tantino esagerato, nel segno, appunto, di una sin troppo pomposa – e politicamente provocatoria – retorica del bene. In Baldassarri c’era inoltre la fiducia che l’autostrada facesse fiorire iniziative imprenditoriali anche in quest’area dell’alto e altissimo Maceratese fermandone l’emarginazione e il decremento demografico. Una fiducia che forse apparteneva e appartiene al mondo dei sogni. Ma se prima o poi usciremo dalla crisi non è da escludere che qualcosa del genere metta radici pure in quei boschi, in quei prati e fra quelle civilissime popolazioni.
E ora passo alla retorica opposta, quella del male. Considerando che la perfezione assoluta esiste soltanto in paradiso e che il collegamento superstradale Civitanova- Foligno sulla superficie di Colfiorito non ha la sacralità di un vangelo, è innegabile che completarlo sia un oggettivo passo avanti nella modernizzazione viaria della reciproca contiguità fra il Maceratese e l’Umbria (ci si rende conto di quanto sia importante, oggigiorno, la mobilità motorizzata anche a fini culturali?). Anni fa le obiezioni al progetto di Baldassari giunsero non soltanto da ambienti politici ma anche da cattedre universitarie con argomenti che si opponevano al temuto stravolgimento dell’’integrità naturale e ambientale di Colfiorito basandosi sulla presenza, lì, di testimonianze di antichi insediamenti piceni e romani, e dei resti di un’antichissima fauna (ippopotami, rinoceronti, pantere, elefanti) che, individuati e riesumati, avrebbero favorito il potenziamento del museo-laboratorio già esistente, in piccolo, a Serravalle.
Ma come ora si evince da un bel un libro di Maurizio Verdenelli, queste pur autorevoli obiezioni di livello culturale sono scomparse – o si sono molto attenuate – nella sopraggiunta consapevolezza che, se gestito con oculatezza, il tracciato autostradale non solo non minaccia tali tesori ma può addirittura valorizzarli in termini di visibilità e risonanza mediatica. In che modo, del resto, una fettuccia d’asfalto lunga tre chilometri e larga una ventina di metri potrebbe insidiare le preziosità naturali e le vestigia storiche di un altopiano di circa 50 chilometri quadrati? Al tempo stesso, poi, ci si rende conto che al punto in cui siamo una sostanziale modifica del tracciato – o addirittura il rinunciarvi – è del tutto fuori luogo e rientra in una mera e utopistica esercitazione retorica. Sacrosanto, intendiamoci, mettere in guardia contro il rischio che approfittando dell’autostrada si costruiscano qua e là palazzoni di sette piani – la qual cosa, ad esempio, è sciaguratamente accaduta sul lungomare di Porto Recanati – ma voglio sperare che l’epoca della cosiddetta “cementificazione selvaggia” sia ormai superata e immagino che ne sia convinto pure Baldassarri.
Ma fra le obiezioni di alto livello scientifico c’erano – e continuano ad esserci – anche quelle assai meno autorevoli che provengono dai bar frequentati all’ora dell’aperitivo. Obiezioni che scagliandosi contro l’enfasi retorica della cerimonia dell’inaugurazione contestano l’utilità materiale dell’opera in sé. E qui per l’ennesima volta – lo feci pure per certi sprezzanti commenti sullo stupendo restauro, a Macerata, del Palazzo Buonaccorsi – torno al carattere inesorabilmente accidioso dei maceratesi o di gran parte di loro. Le obiezioni da bar, per l’appunto. Eccone alcune, comparse su Cm e su lettere ad altri giornali. Meglio il Cornello, meglio la Valnerina! Si risparmiano solo 10 minuti! Dopo trent’anni di ritardo, questa festa è un insulto! Solo 9 chilometri e sembra l’inaugurazione dell’Eurotunnel! Sono trent’anni che vengono inaugurati pezzetti di pochi chilometri e ogni volta ministri, governatori, sindaci, tagli di nastri, che pena! Soldi buttati, bisognava raddoppiare la ferrovia Civitanova-Foligno! Erano più i chilometri della chilometrica fila delle autorità che quelli della superstrada! Più di trent’anni per una strada non ancora finita, non si capisce cosa ci sia da festeggiare! Il ministro Lupi e gli altri politici hanno brindato a spese nostre! Noi tutti i giorni andiamo a lavorare, ma loro avranno mai lavorato? E via elencando.
Messe tutte insieme, le obiezioni da bar rientrano, appunto, nella retorica del male. Tipica, in particolare, dei maceratesi ma non, ad esempio, dei civitanovesi, per i quali l’inaugurazione di un palazzetto dello sport è stata accolta con sentimenti di civico orgoglio. A tal proposito m’è venuto in mente un motto popolare che forse proviene da fuori ma è stato opportunamente importato e applicato a Macerata, un motto che non avevo mai sentito prima e ho appreso pochi giorni fa. Eccolo: “Macerata, città dello sconforto! / O piove, o tira vento, o sona a morto!”. Poi si parla di declino. Ma il declino, se c’è, non dipende anche da questo?



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