Anno giudiziario:
“Allarme mafia anche nelle Marche”

Le preoccupazioni del procuratore generale della Repubblica Vincenzo Macrì durante l'inaugurazione ad Ancona. Reati in aumento

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Vincenzo Macrì

Vincenzo Macrì

Ci sono “segnali di un prossimo e più corposo coinvolgimento” delle Marche in “fenomeni mafiosi” che si sono già infiltrati in regioni confinanti. L’allarme è stato lanciato ad Ancona dal procuratore generale della Repubblica Vincenzo Macrì durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario 2015, aperto dalla relazione del presidente della Corte d’appello Carmelo Marino. Dopo aver “occupato” la Lombardia, essere penetrate in Veneto, Piemonte e Liguria, associazioni criminali, tra cui la ‘ndrangheta, si sono infiltrate anche in “Emilia -Romagna, Umbria e Abruzzo che costituiscono un ‘anello’ intorno alle Marche”. La regione, ha proseguito Macrì, “è interessata da grandi opere, tra cui la Quadrilatero” e vi è “necessità di vigilanza massima affinché non siano oggetto di tentativi di infiltrazione”. “La situazione della criminalità nel distretto presenta segnali di deterioramento che destano preoccupazione”. Ad esempio i danneggiamenti a ristoranti e alle strutture balneari sul litorale tra Porto Recanati e San Benedetto “evidenziano pressioni estorsive”, dirette non tanto al “pagamento del pizzo” bensì alla cessione delle attività con violenza e intimidazione. “La situazione nelle Marche – ha chiosato Macrì – non si può definire drammatica ma va tenuta sotto attenta vigilanza”.

Quello che potrebbe sembrare solo un generico ‘allarme mafia’ arriva, e non è la prima volta, dal procuratore generale Vincenzo Macrì, un magistrato che nel 1992 ‘predisse’ a Milano il pericolo di uno sbarco della ‘ndrangheta, poi concretizzatosi. I fenomeni mafiosi non hanno sufficiente conforto statistico ma ci sono campanelli d’allarme: il sequestro di un fucile a canne mozze da ad Ancona a una banda di rapinatori seriali, l’incontro tra soggetti di area criminale calabrese a Montegranaro. Gli ambiti d’interesse sono vari: traffici di droga gestiti da stranieri, da famiglie pugliesi e siciliane, prostituzione (albanesi o romeni), traffici attraverso il porto di Ancona (immigrazione clandestina, contrabbando).

Ma Macrì teme che la ‘mafia’ infiltri le ‘grandi opere’. E sul fronte terrorismo, il Pg ha citato l’inchiesta ‘Aquila Nera’, sul gruppo neofascista guidato da un ex carabiniere marchigiano, che avrebbe avuto nel mirino anche il presidente della Regione Gian Mario Spacca (leggi l’articolo). Tutto ciò conferma che serve un presidio adeguato anche di magistrati. La regione, ha osservato Macrì facendo eco a Marino sulle scoperture, ha avuto sempre “organici sottodimensionati”. Anche a Fermo, una delle zone, con Macerata, con più reati ‘mafiosi’.

E “in una Distrettuale con dieci pm servirebbe un procuratore aggiunto”. La giustizia non decolla: pendenze stabili nonostante l’impegno degli uffici (-20% cause penali in appello; 16% cause civili ultratriennali ad Ancona). Due gradi di processo in due anni per l’agguato all’avvocatessa Lucia Annibali, ha detto però Macrì, danno spazio a speranze. I reati sono in lieve aumento (da 33.373 a 33.967): +25% omicidi, +83% tentati omicidi, +125% corruzione. La procura di Ascoli Piceno segnala una ‘scia’ di reati minori collegati ad antagonismo sociale, connesso al tifo calcistico organizzato su posizioni neofasciste. Crescono furti, specie in abitazione (+49%), usura (+115%), estorsioni (+19%). In calo stalking (-6%) e pedofilia (-17%). Sul fronte economico la crisi si fa ancora sentire: 811 fallimenti dichiarati e 1.776 nuove istanze



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