di Carlo Cambi
Nel settecentenario di Dante piglio in prestito una terzina che dedico a Macerata città che amo fino alle lacrime e oltre le lacrime. “E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l’acqua perigliosa e guata, così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo….” Passeggiando per corso della Repubblica ho avvertito un vuoto. Mi sono volto indietro e nonostante si sia usciti dal pelago a la riva un anno fa con l’elezione della nuova giunta l’animo mio è ancora in fuga. Perché? Mi permetto di scrivere con la massima umiltà queste note e ringrazio CM che le accoglie. Avverto una mancanza di elaborazione politica che produce anossia della polis. Credo derivi anche dal contesto nazionale: dopo la cupezza del Covid si fanno i conti con una sorta di anestesia forzata dei partiti. Ho già osservato su un quotidiano nazionale come tra i tanti effetti del virus ci sia stato anche l’attacco all’articolo 49 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. E’ nelle cose che il regime di emergenza comprima questi spazi di elaborazione e partecipazione, ma se l’emergenza diventa continua ne soffre il processo di formazione del consenso attorno a un progetto, ad una identità.
Ne ho avuto una qualche dimostrazione nei giorni scorsi da due eventi: la minoranza ha fatto un bilancio ovviamente dal suo punto di vista negativissimo del primo anno dell’amministrazione Parcaroli (leggi l’articolo) e il rapporto sulla qualità amministrativa che colloca Macerata in fondo alla classifica con particolare riferimento all’opacità degli appalti (leggi l’articolo) che è invece un giudizio negativo in capo alla passata amministrazione di cui l’esimio avvocato Narciso Ricotta era rappresentante assieme al neoconisgliere regionale del Pd Romano Carancini che non lesina critiche. Macerata è Civitas Mariae e però l’insegnamento evangelico riguardo a travi e pagliuzze pare non sia penetrato in alcune coscienze. Ciò detto tanto le critiche delle minoranze quanto le responsabilità attribuibili alla passata maggioranza avrebbero meritato un approfondimento e una risposta politica. Dal centrodestra non s’è levato un fiato. Ma anche l’opposizione pare orfana di conforto politico dacché gli appunti che sono stati mossi alla giunta Parcaroli appaiono di corto respiro, legati alle contingenze piuttosto che alle prospettive. Ed è qui che si avverte da una parte come dall’altra il vuoto d’iniziativa ed elaborazione politica. Non c’è una spinta al progetto, non c’è un confronto sul modello complessivo di società che si vuole perseguire. Che Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia nulla abbiano avuto da replicare alle affermazioni di Ricotta & Co è sintomatico, che abbiano lasciato che si chiamassero in causa responsabilità che l’amministrazione non ha rispetto a luttuosi fatti di cronaca è gravissimo, ma del pari è sintomatico che il Pd non abbia consigliato ai suoi rappresentanti di alzare il tiro verso una critica prospettica. Ciò produce da una parte una giunta autoriferita e confinata nell’amministrazione, pur gravosa, del giorno per giorno e dall’altra una rendita di opposizione che non ha però capacità di proposta. Ecco l’anossia della polis. Dopo un anno di amministrazione – un quinto del tempo disponibile e il Sindaco Sandro Parcaroli, umo d’impresa, sa bene che il 20% è quota significativa in un bilancio – s’intravvedono sfocate traiettorie per la città. Sarebbe compito dei partiti indicarle per poi chiedere alla giunta di darne esecuzione all’interno di un quadro di compatibilità (le risorse disponibili e le competenze attivabili) che spetta all’amministrazione verificare, ma essendo i partiti afoni (e viene da pensare acefali) questa spinta non viene.
E resta inevasa una domanda esiziale: il ruolo, gli orizzonti di sviluppo e la vocazione di Macerata quali sono? La prima idea che può venire in mente è: Macerata città dell’alta formazione dacché l’Università è oggi il primo motore economico e d’iniziativa. La seconda: Macerata di nuovo capoluogo con l’impegno di rappresentare l’ eccellenze del suo territorio e di attrezzarsi per soddisfarne i bisogni attraverso un terziario avanzato. La terza idea: Macerata città dello scambio dati i mutamenti nello stile di consumo che la pandemia ha prodotto e che determinano una nuova tendenza del commercio. La quarta: Macerata città dell’elaborazione, della produzione culturale con una contaminazione tra tecnologia e tradizione consolidata per esplorare nuovi settori: dall’infoteitment fino alla gestione e alla semiotica dei big data. La quinta: Macerata città archetipica che coniuga la radice rurale-ambientale con la qualità del vivere. Sono possibili linee programmatiche, ma altre e diverse dovrebbero essere proposte. Perché se non c’è quadro d’insieme, chiarezza d’obiettivi e idea di sviluppo si finisce per estenuarsi nella quotidianità senza lasciare traccia. Ed è stata proprio questa la ragione della bocciatura delle passate amministrazioni. Sarebbe auspicabile che si evitasse una tale deleteria coazione a ripetere.
La funzione dei partiti che ascoltano ed elaborano, studiano e propongono offrendo agibilità politica ai cittadini è proprio questa: tracciare un disegno complessivo di città all’interno del quale poi si declina l’impegno di governo. Diversamente l’azione di amministrazione diventa estemporanea al limite del posticcio, né segna discontinuità marcate col passato che ancora non si manifestano se non nelle forme. Si possono fare alcuni esempi. Com’è possibile affidare un incarico da 32 mila euro per il nuovo logo della città a trattativa privata ignorando che ci sono quattro corsi di laurea che di quello si occupano: scienze del turismo, scienze economiche, scienze della comunicazione e l’Accademia di belle arti? Non era più profittevole affidare a questi l’elaborazione e trasformare quei 32 mila euro in borse di studio di alta formazione? A che serve avere un Istituto agrario di altissimo livello e di ancor più antica tradizione se non si restituisce a Macerata la funzione di rappresentanza dell’eccellenze agricole che il suo territorio produce? E’ così difficile immaginare un polo alimentare che mettendo insieme le competenze e le produzioni di eccellenza che pure ci sono faccia ricerca e costruisca un modello da offrire nelle mense scolastiche e nei ristoranti divenendo anche piattaforma logistica, di comunicazione e di distribuzione di questi prodotti? Quale cioccolato mangiano i bambini di Macerata? Quali confetture? Quale pasta?
E via discorrendo ben sapendo che Macerata e il suo territorio producono di questi alimenti e di altri eccellenze assolute. Si è chiusa la civica enoteca e adesso si pensa a manifestazioni gastronomiche. Come stanno insieme le due cose? Non era forse il caso di riattivare la rappresentanza diretta di produzioni e territori per renderne permanente la fruizione ed evidente la percezione del valore? Se abbiamo un corso infermieristico, se l’Università di Camerino ha isolato il virus che ci ha atterrito, se Macerata aveva grazie a Carlo Urbani una scuola d’infettivologia è così complicato pensando al nuovo ospedale e alla necessità di specializzazione che la sanità deve avere per non ricadere nel mercato delle vacche dei posti letto, immaginare di diventare un polo d’eccellenza in questa che pare essere la nuova frontiera della salute? Se nella tradizione di Macerata c’era la costruzione in terra cruda è possibile ipotizzare un nuovo polo produttivo giocato sulla bioedilizia e fare della città un prototipo delle nuove frontiere dell’abitare?
Visto che Valleverde è un deserto si può immaginare di farne un polo tecnologico dove spin off dell’Università creano impresa e rendono vero quel bellissimo slogan, l’umanesimo che in innova, in un momento in cui è urgente la necessità di costruire antidoti alla tecnocrazia alienante? In una nuova visione di turismo si può pensare di collocare Macerata – in relazione anche alla diversa percezione del valore della vita che la pandemia ha indotto – sul mercato internazionale attraverso ciò che Guido Piovene aveva icasticamente colto e cioè che questi luoghi sono la sintesi di tutti i paesaggi del mondo? Si può candidare Macerata a essere il capoluogo di una terra opima che qui trova sintesi e propellente? Può Macerata diventare territorio spugna che attira e trattiene e poi lentamente rilascia su tutta la provincia presenze e ricchezze? Possiamo passare da Macerata estroversa a Macerata inclusiva? E quante sono le eccellenze artigiane o le produzioni esclusive (una per tutte: la Borgani collegata con la filiera della musica) che attendono nuovo protagonismo e possono costituire settori integrati che diventano moltiplicatori di valore? Macerata: l’Atene delle Marche. Al netto dell’assenza annosa di un Pericle la forza di Atene stava nel ginnasio, nell’agorà, nella contaminazione positiva delle idee. Soprattutto nel Centrodestra che ora ha l’onore e l’onere di amministrare serve un luogo di elaborazione e confronto. Si mettano all’opera se ci sono i costruttori di buona volontà per evitare che la giunta patisca un isolamento che non merita e la città si smarrisca nel deserto delle idee.
Ma Dante, nel XVI canto del Paradiso dice anche: ... poscia che le cittadi termine hanno ". E, Macerata, ha termine, cioè è finita.
È per questo che Macerata e la politica maceratese hanno bisogno di persone come Lei.
Una “frustata” alla politica locale di ogni colore di un sempre ottimo Carlo Cambi!
Altro che Dante , questa e' una citta' delle chiacchiere e dell' incompentenza " ogni popolo ha il governo che ai merita" , in questo caso " amministrazione".
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Caro Carlo, condivido pienamente quanto tu scrivi e, meglio ancora, per citare il tuo Dante, “argumenti”. Si, perché tu argomenti, tendi a “dimostrare” e non solo a “mostrare” con sterili e stretti comunicati stampa. Voglio dire che i tuoi sono, e giustamente, “ragionamenti”. Ora, per ragionare, non occorrono solo idee, intuizioni, si,ma, come sai, occorre una “cosa” che mi sembra “persa”, obliata. Il PENSIERO. Il pensiero non è uno spot. E qui il mio realismo: io non credo che la “deriva” che tu registri e sulla quale io concordo, sia nata oggi e che solo da oggi, magari “accelerata” dal Covid e dal “teorema” della DISTANZA, tale deriva prenda le mosse. E’ antica la deriva e di molto. Registro da troppo tempo quella che tu chiami “assenza”della Politica la quale ha bisogno di “corpo” e di vicinanza, di strutture “murarie” ( i Partiti) con le loro assemblee, con i dibattiti interni e trasferiti all’esterno. Non ci sono. E da un pezzo. Quanto tu sostieni a proposito del rapporto maggioranza-opposizione è vero e incontrovertibile. Ma da quanto dura questa mistificante e falsa dialettica maggioranza-opposizione? Da molto, stanne certo. E perchè? Io sono stato sempre un fautore della “forza pilitica” del Consiglio, ovvero dei consiglieri, gli unici eletti dal popolo.Se la forza “direttiva” e “obbligante” del Consiglio è assente, ci si dovrà chiedere perché. Registro questa “subordinazione”, magari automatica, del Consiglio rispetto alla Giunta, da oltre un ventennio. Di qui,l’idea di fondo: è necessario avere un PENSIERO. Temo, però, che si sia rifuagiato altrove. Pensiero e coraggio. Senza questa seconda qualità il primo è un aborto.
p.s.
Mentre scrivevo mi balzava in mente questo apparente “paradosso”. Forse, ai fini di “recuperare” il PENSIERO; per assurdo ( o utopicamente) sarebbe interessante una massiccia iscrizione ai partiti, quale che siano.PARTITI IN PRESENZA. Si vedrebbe, in tale senso, come gli altri inerti pensatori( GIUNTA etc) avrebbero come “avversari” quegli stessi che, con fatica e con dibattito, con idee e ARGOMENTAZIONI, indicano la strada da seguire nell’amministrazione della cosa pubblica.
Anche all’imminente colonizzazione di Marte un’impronta maceratese andrebbe data.
Prendete esempio da Civitanova dove i partiti non vengono assolutamente ascoltati dalla giunta che è sempre andata avanti per conto suo ossia per quello del sindaco Sig. “Madame comando io”. Poi quando ci sono cose importanti, il consiglio boccia le assurde pretese di Madame, lo rimette al posto suo e siccome non si sono mai lasciati commissionare seppur a volte tentati, vanno avanti così. Certo la giunta, nel pelago ma molto al largo si riunisce ma poi sempre a riva, purtroppo finisce. Toh, c’è scappata pure la rima.
Cambi, per farla breve, tralascio le buone proposizioni, idee e domande nell’articolo e suggerisco di passeggiare nei fini di settimana in Corso della Repubblica dove l’Ateneo delle Marche si trasforma in quello della Porchetta, da tempo vero motore maceratese che dalla gloriosa università, prende i suoi pargoli e così in tanti tirano avanti. Politicamente ricordo che Ricotta, nonostante la tanto criticata amministrazione avrebbe probabilmente non dico sicuramente vinto, senonché qualcuno ha tirato fuori dal cappello il Parcaroli e hanno vinto a destra con disgrazie iniziate subito e continuate con scelte politiche per attirare simpatie e non consensi generali. Via via si è vista la mancanza totale di qualcosa di solido dietro alla nuova amministrazione, cosa in comune con tutta la destra italiana a cui può far compagnia la decaduta sinistra in cui però dopo un bel repulisti, persone capaci ne avrebbe. Cambi, con una vicesindaca che proibisce di cantare “ Bella ciao” , trovo vergognoso parlare di politica a Macerata, a Civitanova per altri motivi come il non sapere da chi è composta e come la maggioranza, ma arrivare alla vergognosa pretesa di cambiare la Storia, mostrando il vero volto della stupidità che impera a Macerata, come quella che gronda a Civitanova…ma di che cosa vogliamo parlare!?!
Concordo con l’appello dell’amico Cambi a favore di istituzioni e società aperte alle idee e al confronto, per un ruolo primario della politica, per un protagonismo non occasionale e non rinunciatario dei partiti nella elaborazione e nella iniziativa… Aggiungo però qualche postilla, richiamando indirettamente a modo mio anche alcune osservazioni di Garufi. Non si possono riscrivere ora il programma elettorale e le linee di mandato (e infatti le indicazioni e i percorsi di merito suggeriti da Cambi mi pare si muovano dentro quel quadro); il ruolo del sindaco Parcaroli in queste analisi resta un po’ in secondo piano e invece è decisivo: l’elezione diretta del primo cittadino non nasce in contrapposizione o in supplenza dei partiti ma nei fatti ha rivoluzionato rapporti di forza ed equilibri, pretendendo dai partiti e dalle maggioranze consiliari un di più di inventiva, coraggio e capacità al limite della temerarietà, viste le condizioni di contesto; i partiti stanno come stanno e peggiorano nella deriva verso chiusure e rendite a favore di pochi o uno, limitandosi, quando va bene, a una comunicazione che non interloquisce mai: dobbiamo stimolarli a calci, riesumare vecchi modelli o ripensarli?; l’esperienza delle liste civiche non si dimostra né sufficientemente terapeutica né realmente innovativa; la politica serve, eccome se serve, e servono altrettanto partiti nuovi e veri, ma una certa carenza di pensiero e di passione sta attorno e dentro di noi, mentre cresce l’urgenza di fare i conti con una questione antropologica che ci interroga in forme nuove e spunta anche nella cronaca delle gazzette.
L’uomo,in qualsiasi veste,per crescere,sempre che lo voglia,ha una strada obbligata : il DIALOGO,nel quale ognuno avrà sempre qualche cosa da apprendere,compresa l’eventuale conferma del suo punto di vista.
Ma questo è stato sempre un illustre sconosciuto per la sopravvalutazione che ognuno fa di se stesso.
Ma si vada a ripassare la famosa conclusione di Socrate.
Non sono mai riuscito a prendere sul serio le prolisse e spesso scombinate argomentazioni di Cambi. Stavolta però ne colgo l’amarezza profonda e la obiettiva disillusione, di chi non può che rilevare, a distanza di un anno, l’assoluta inconsistenza dell’attuale amministrazione e la preoccupante debolezza del Sindaco, per non dire della pericolosità per la città non solo di questa inazione ma anche delle regressioni adottate in vari campi. Che l’opposizione, dopo tanti anni di governo, sia ancora impreparata nel suo nuovo ruolo, può anche starci. Ma che una maggioranza eletta con ampio consenso e perfino esagerato entusiasmo amministri già stancamente e senza un progetto per la città – come scrive Cambi – è indice di una cosa sola: che era ed è inadeguata.
Lanzavecchia ,scusi Lei dove è vissuto fino ad oggi.Mi sbaglio o fa parte di quel partito che ha governato fino ad un anno addietro Macerata ? Se si,la prego taccia.
Andrea Monachesi, conosco alcuni con il suo stesso nome e cognome e spero lei non sia uno di loro. Se ha qualcosa da dire nel merito questa è la sede, altrimenti taccia lei. Un cordiale saluto.
Le città non si governano con i padrenostri.
In che senso Macerata è l’Atene delle Marche?
Atene delle Marche? Non penso che abbia alcun riscontro nella realtà, penso invece che sia un artificio di parole coniato decenni fa dai politici per autoincensare la propria politica
Il conio dev’essere di quel periodo in cui nelle barzellette c’erano anche tutti quei matti che si credevano Napoleone.
Più che Atene delle Marche, direi, come recita un cartello posto al suo ingresso “Città della pace”…………. eterna!
Cari Amici maceratesi, anni fa gli anconetani (in modo particolare i cpmmercianti del centro) condividevano chiamarci Macerata Atena delle Marche. Si molte cose sono cambiate ma non solo per Macerata. Se il Corso della Repubblica non è più brillante come una volta, Via Branca a Pesaro, Corso Cefalonia a Fermo, Corso Mazzini a Ascoli Piceno, Via Secondo Moretti a San Benedetto del Tronto, Corso Umberto 1° a Civitanova Marche hanno tutti l’identico problema. I centri commerciali hanno spazzato via le vie storiche delle città anche se si intravede qualche problema anche per loro. Per quanto riguarda la zona industriale Valle Verde chiedo alla nuova Amministrazione di leggere il mio Ordine del Giorno votato nell’ultima ora dell’Amministrazione Carancini dove proponevo l’intervento di una grande multinazionale. Quali sono i “difetti” di questo popolo maceratese non va bene mai nulla la mentalità provinciale ci condanna guardare sempre il nuovo con reoccupazione, cosi non cresciamo mai e segniamo il passo dai tempi del dopoguerra con quella maledetta paura Prima dei Comunisti (no alle grandi fabbriche motori per elicotteri a Sforzacosta, Jolly Hotel in via Martiri della Libertà 12,più recente Elettro Medicali a Piediripa con l’industriale Fratalocchi e il Prof. Murri secondo alcuni politici,sconvolgeva l’equilibrio della Città dei servizi. Siamo rimasti alle incompiute dei piani di Ricostruzione post bellici pezzi di strade sotto Via Severini inghiottite dalla vegetazione mettendo in risalto il cavalcavia in via delle Foibe e lo stop di Via Compagnoni (Montanello – la corta di Villa Potenza. Macerata la Dotta – Atena delle Marche oggi chiede un’altro nome ma non riesco a trovarlo so solo che gli anni passati in consiglio comunale mi hanno fatto soffrire. CHIEDO al Prof. Guido Garufi se ha voglia di raccogliere in un libro tutte le mie proposte presentate nei vari consigli comunali della mia cara amata città di Macerata.
Per Ivano. Certamente caro Ivano, tu sai che da almeno un decennio ti stimolo a farlo. Ho sempre apprezzato la tua forza come consigliere, la tua resistenza, il bel nugolo di voti che hai sempre preso.PurParadiso non avendo “poteri” che ti sostenevano, cinghie sindacali, “apparati” danarosi, sei stato ( da sempre) un consigliere “on the road”. Sulla strada. Hai aiutato che ti voltava, con petulanza benevola presso gli uffici comunali, hai portato avanti le pratiche del “popolo minuto”, di chi no aveva santi in Paradiso. A mio ricordo solo in grande amico Maurizio Fattori di An ( fui consigliere insieme a lui) aveva la stessa tenacia. Anche lui, democraticamente, “popolarmente”, per il popolo minuto. Hai sempre mostrato la “forza del basso”, del Consiglio , rispetto a volte a certe “arroganze” delle Giunte.Questo per me è lodevole. Dunque lo devi raccontare.
Grazie Sig. Tacconi per la lucida autocritica espressa nei confronti della allora classe politica, miope ed ottusa, che per “la paura dei comunisti” ha tenuto lontano l’impresa e l’economia da Macerata. Ma l’Impresa oltre a portare danaro porta anche movimento ed idee e queste non fanno mai male. Non voglio fare l’antropologo d’accatto, ma quella miopia nascondeva anche una arretratezza “piccolo borghese” che vedeva il “lavoro” delle mani e delle braccia riduttivo rispetto alla “presunta” superiorità intellettuale che secondo i Soloni di allora albergava all’interno delle mura di questa piccola Atene. Ed allora si. Facciamo lavorare il contado circostante, il quale, poi, cappello in mano, verrà a chiedere i nostri servigi di medici, avvocati e professionisti in genere. Purtroppo è finita in un altro modo e la cosa più triste che la classe dirigente che è venuta dopo quella ha continuato a perpetrare i medesimi errori.