di Mauro Giustozzi
«Il 6 marzo eravamo pronti per firmare gli accordi che erano stati concordati attraverso un lungo e faticoso percorso con la Gesti One e che riguardano lavoratori romeni ed egiziani quando improvvisamente è giunta una telefonata dai vertici di Arcale che prendeva le distanze da quell’atto. Che non si è più fatto. Di questo abbiamo immediatamente informato sia la Regione che la Protezione civile e ci riserviamo di adottare tutte quelle misure necessarie a difesa dei lavoratori». Daniel Taddei, segretario della Cgil Macerata, e Massimo De Luca della Fillea-Cgil, enunciano queste accuse davanti ad alcuni dei lavoratori stranieri che nei giorni scorsi aveva fatto rientro a Macerata perché convinti che finalmente avrebbero potuto avere la liquidazione degli stipendi per i lavori fatti nei cantieri delle Sae dell’alto maceratese. Lavoratori che non prendono stipendi da novembre e che faticano a tirare avanti.
Se per 7 operai romeni il dramma è legato al non aver percepito buste paga, stipendi e contribuzioni, per 13 lavoratori egiziani, a queste problematiche, si sommano quelle legate ad un permesso di soggiorno che può essere rinnovato solamente se si dimostra di lavorare e percepire uno stipendio in Italia. Per tutti loro la data del 6 marzo era quella fatidica per poter avere quanto dovuto. Ed invece si è rivelata l’ennesima beffa di una storia infinita. Che vedrà sicuramente altre puntate nelle prossime settimane.
«Intanto abbiamo subito provveduto ad informare dell’accaduto sia la Regione, attraverso l’assessore Sciapichetti – spiega sempre Taddei – che la Protezione civile. Ci risulta che Arcale, impresa che segue la costruzione delle Sae, abbia finora percepito per intero i soldi pubblici necessari per quest’opera. Ma non ha rispettato quegli accordi che pure si erano faticosamente raggiunti per chiudere una partita che riguarda sia gli aspetti contrattuali che quelli economici-contributivi che riguardano dei lavoratori che da novembre non hanno percepito buste paga e stipendi. Parliamo di 7 operai che hanno lavorato per la ditta subappaltante ex Europa, uscita dai cantieri, e altri 13 che riguardano la Gesti One cui Arcadia ha appaltato dei lavori». Il segretario della Cgil ha poi ripercorso le tappe che hanno portato allo stato attuale: un lungo iter che ha visto un’accelerazione tra gennaio e febbraio, prima del negativo colpo di scena del 6 marzo. «Ci sono stati tutta una serie di passaggi – ricorda Taddei – che hanno riguardato il carico di responsabilità che si sono assunte le aziende protagoniste di questa situazione. Il 28 febbraio scorso io e De Luca ci siamo recati ad Impruneta, nella sede di Arcale, per un incontro dal quale era scaturito che la ditta consorziata Gips avrebbe sostituito in solido la Gesti One nel pagamento degli oneri e dei contratti dei lavoratori. Con i dirigenti di Arcale che avevano dato il loro benestare ad intraprendere questa strada. Al punto che, tramite mail, era giunta la conferma del bonifico bancario e dell’incontro fissato il 6 marzo a Macerata. Poi la retromarcia mentre tutto era pronto. E la richiesta di spostare la vertenza su un tavolo nazionale il 16 marzo a Roma. Noi a questo diciamo un no fermo. La trattativa si fa qui a Macerata: perché qui ci sono i cantieri, qui gli operai hanno lavorato, qui arrivano i soldi delle casette Sae». Sulle condizioni lavorative in cui hanno operato i lavoratori romeni ed egiziani interviene Massimo De Luca della Fillea Cgil: «Qui c’è un problema da un lato economico –afferma – dall’altro di inquadramento contrattuale. Nel primo caso questi lavoratori, molti dei quali hanno terminato il lavoro o lo stanno concludendo in questi giorni, debbono percepire degli stipendi. Dall’altro in moltissimi casi è stato adottato un contratto da metalmeccanico rispetto a quello naturale che avrebbe dovuto essere adottato dell’edilizia. Queste persone che non hanno un reddito si trovano in difficoltà a pagare l’affitto o mantenere la famiglia. E qui di fronte abbiamo una minoranza di lavoratori, perché molti sono stati quelli che se ne sono andati via silenziosamente perché le condizioni di lavoro erano davvero proibitive e mal pagate. Siccome tutto ciò viene fatto con soldi pubblici è necessario fare la massima chiarezza. Noi difenderemo sino alla fine questi operai e non accettiamo lezioni da Arcale. Tutto quello che diciamo ed affermiamo è documentato dalla prima all’ultima riga. Se Arcale farà orecchie da mercante ci rivolgeremo allora alla Protezione civile per ottenere quello che spetta a questi lavoratori che prima di tutto sono persone e come tali debbono essere trattate».
Giungla sae, Arcale: «Trattative non interrotte, Vigiliamo al massimo sui cantieri»
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sono persone e questo è evidente esattamente come la truffa.