«Al lavoro 7 giorni su 7,
a volte fino a mezzanotte
Minacce per esserci rivolti al sindacato»

LA DENUNCIA DI CINQUE LAVORATORI EGIZIANI che hanno chiesto aiuto alla Cgil. Raccontano di turni massacranti e di promesse di denaro che non sono state mantenute. I sindacalisti: «A fronte degli impegni presi il 28 febbraio, il comportamento inadempiente di Gesti One è stato avallato da Arcale, che ha inibito il consorzio Gips nel procedere a quanto pattuito. Procederemo per rendere giustizia a tutti i lavoratori sfruttati»

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Da sinistra Massimo De Luca e Daniel Taddei in sopralluogo nei cantieri

 

Al lavoro sette giorni su sette, per 10 ore al giorno, a volte fino a mezzanotte, senza dispositivi di protezione, senza contratti firmati e con un semplice tesserino di carta plastificato: è la vita nei cantieri Sae di 5 operai egiziani della Gesti One che da agosto 2017 allo scorso gennaio, hanno lavorato a Caldarola, Ussita, Camerino, Villa Sant’Antonio di Visso, Castelraimondo e San Severino. Persone che hanno dai venti ai sessant’anni, con anni di esperienza nel settore edile, tra cui ci sono anche dei laureati che sono stati inquadrati come metalmeccanici di primo livello, per evitare i costi più alti del contratto edile. I 5 operai egiziani, dopo i primi tre che hanno avuto il coraggio di denunciare le difficili condizioni di lavoro nei cantieri, si sono rivolti alla Fillea Cgil, che ieri era in trattativa con il consorzio Arcale ed il consorzio Gips, che ha avuto in subappalto parte dei lavori, al quale fa capo l’azienda, sinora inadempiente. Una lunga giornata, che però si è conclusa male, i lavoratori non hanno visto riconosciute le loro richieste, portate avanti in una trattativa serrata dai sindacati, i verbali pronti da firmare, sono rimasti vuoti. «Siamo stati contattati a Milano da due egiziani e da un italiano, ci hanno promesso a seconda del tipo di lavoro 50, 60 euro al giorno. Uno di noi che doveva prendere duemila euro, ne ha avuti solo 700. Abbiamo lavorato tutti i giorni, per almeno dieci ore al giorno, alcune volte anche fino a mezzanotte – raccontano gli operai –, ci avevano promesso di essere iscritti alla Cassa edile, invece su quaranta persone, erano iscritti solo quattro. Abbiamo fatto 700 chilometri da Milano per venire a lavorare qui, ci hanno pagato solo con acconti, è stata una fregatura. Da quando ci siamo rivolti al sindacato, abbiamo subito fortissime pressioni e minacce». Contattati con la promessa di un lavoro, sono arrivati lo scorso agosto ed hanno alloggiato al campo base di Pieve Torina, per poi andare a lavorare nei diversi cantieri dell’entroterra.

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Un cantiere Arcale

«Quando chiedevamo perchè si lavorava fino a mezzanotte, ci rispondevano che era per recuperare quando siamo stati fermi per la pioggia, a Villa Sant’Antonio abbiamo anche dovuto scongelare il cartongesso – proseguono – non abbiamo mai firmato nessun contratto, ad alcuni di noi è stato spedito il modello Unilav di assunzione su Whatsapp. Non ci sono stati dati scarpe, casco e dispositivi di protezione, nessuno ci ha mai fatto una visita medica. Quando chiedevamo perchè lavorare tutte quelle ore e anche il sabato e la domenica, ci veniva detto che se non volevamo, potevamo anche andare via. Tanti non hanno resistito, altri si sono ammalati e se ne sono andati. Per le ore straordinarie dovevamo prendere di più, ma non ci è stato dato». Prosegue il loro racconto: «Stavamo al campo base di Pieve Torina, con un bagno ed una doccia per quattro persone, c’era umidità. Ci sono stati anche dei controlli nei cantieri, il responsabile di cantiere portava solo i documenti, per far vedere che era tutto in ordine. Ci stavano sempre col fiato sul collo. Abbiamo accettato questo lavoro per mantenere la famiglia». La prima visita medica l’hanno avuta lo scorso dicembre, da quando è partito il lavoro di vertenza della Cgil. «Pur a fronte degli impegni presi il 28 febbraio – hanno detto il segretario Fillea Cgil Massimo De Luca ed il segretario generale Cgil Macerata Daniel Taddei – con Arcale e il consorzio Gips, che si sarebbero dovuti adempiere oggi con la firma dei verbali dei lavoratori, il comportamento inadempiente di Gesti One, è stato avallato da Arcale stesso, che ha inibito il consorzio Gips nel procedere a quanto pattuito. Abbiamo subito coinvolto la Protezione civile regionale nella sua veste di soggetto attuatore e procederemo per rendere giustizia a tutti i lavoratori sfruttati». Ad inizio dicembre erano stati un italiano ed un romeno, a squarciare il velo sulle condizioni di lavoro nei cantieri Sae. Si è già conclusa positivamente la vertenza per undici operai di nazionalità romena assunti dalla ditta Europa, mentre per altri sette operai egiziani, anch’essi assunti dalla Gesti One, sono in programma incontri nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, per condurre a termine le trattative sindacali, per vedere loro riconosciuto il contratto edile, l’iscrizione alla cassa edile ed il compenso per il lavoro effettivamente prestato nei cantieri Sae. «Si tratta anche di rendere giustizia agli sfollati che da un anno e mezzo aspettano le Sae – concludono De Luca e Taddei – e per il danno erariale che si sta materializzando in queste situazioni». Della trattativa è stata informata anche la Protezione civile nazionale.



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