La marcia trionfale
del guerriero Francesco

MACERATA OPERA - Il bilancio del triennio targato Micheli nell'ultimo appuntamento degli Aperitivi Culturali. Tra la soddisfazione per il lavoro del presente e le critiche agli sprechi del passato, il MOF del futuro prosegue nel segno dell'innovazione, dell'internazionalizzazione e del legame col territorio

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Cinzia Maroni e Francesco Micheli nell'ultimo appuntamento degli Aperitivi Culturali

Cinzia Maroni e Francesco Micheli nell’ultimo appuntamento degli Aperitivi Culturali

Il direttore artistico Francesco Micheli

Il direttore artistico Francesco Micheli

di Maria Stefania Gelsomini

Si guarda indietro stupito dalla lungimiranza del CdA, che coraggiosamente tre anni fa ha deciso di puntare su un brocco e oggi ha vinto la sua scommessa. Così Francesco Micheli ha definito se stesso ripercorrendo la lunga cavalcata che l’ha portato, da inesperto direttore artistico, a tagliare con successo il traguardo della sua terza stagione allo Sferisterio.
Si è chiuso con un calice di Vernaccia di Serrapetrona, accompagnato da barchette di Cheope ripiene di mousse di porchetta e cous cous l’ultimo dei quindici Aperitivi Culturali imbanditi da Sferisterio Cultura per l’estate 2014. Un perfetto connubio, anche enogastronomico, fra territorialità ed esoticità, fra Macerata e l’Africa che tanta parte ha avuto in questo cinquantesimo anniversario, da Aida al progetto umanitario di ActionAid.
Protagonista odierno il direttore artistico del Macerata Opera Festival Francesco Micheli, che sollecitato da Cinzia Maroni ha tracciato un bilancio riassuntivo del suo primo triennio maceratese e ha anticipato le priorità e le linee guida del lavoro che intende affrontare, almeno, nel prossimo anno, dopodiché si vedrà. Una personale marcia trionfale che da domani ripartirà per puntare a nuove conferme, una chiacchierata in cui Micheli ha difeso le scelte artistiche fatte non tralasciando di lanciare velenose stoccate contro gli sprechi del passato.
“Se quel guerrier io fossi… Se il mio sogno si avverasse” canta Radames quando anela al comando dell’esercito egizio nella guerra contro gli Etiopi. Il sogno di Micheli, “catapultato qui con grande ritardo” il 3 gennaio 2012, sembra essersi avverato. È lui a testimoniare, con una punta di emozione, la coesione e l’entusiasmo raggiunti intorno al lavoro iniziato quel giorno che neanche le più rosee aspettative avrebbero fatto immaginare. “Un cantiere che Macerata ha aperto per uscire dalla grande crisi non solo economica ma di valori che stiamo vivendo. In una città satellitare come questa si è avviato un processo di ripensamento dell’opera, con spettacoli più o meno di successo, che è diventata un luogo vivo che ci fa sentire vivi, anche i fischi e le discussioni ci fanno sentire vivi.” Il riferimento, neanche velato, è alla Tosca di Ripa di Meana: “l’opera ha fatto, tramite la protesta, ciò che spesso la politica non è riuscita a fare, perciò va bene la rottura, per essere innovativi e incisivi bisogna pagare un dazio, ma l’eversione non deve essere un fine. Tosca è un prototipo e come tale è uno spettacolo che ha dei difetti – ammette Micheli – ma si forzano le dinamiche sempre per un motivo, e Ripa di Meana vuol dire nel 2014 ciò che Verdi voleva dire ai suoi tempi.”
E tornando sulla sua Aida, sulle critiche e sulle motivazioni di certe scelte, spiega: “cerco di capirne i limiti e cosa c’è da perfezionare, l’uso di proiezioni ad esempio è molto atipico del mio lavoro registico, ma qui era la scelta giusta, mentre il balletto sulla marcia trionfale non è la celebrazione di un fatto già avvenuto ma l’evocazione di un fatto che si sta svolgendo, l’amarcord di una battaglia sanguinaria”. Micheli ammette lo scarto stilistico fra i costumi dei danzatori (una delle critiche ricevute) e il resto del cast, ma lo giustifica con motivazioni di carattere tecnico (i tessuti troppo fragili e le decorazioni non erano adatti alla ruvidezza del palco e si sarebbero lacerati) e annuncia che verranno comunque rivisti per la ripresa dello spettacolo a Bologna nel 2016.

Il sindaco Romano Carancini e l'assessore Stefania Monteverde

Il sindaco Romano Carancini e l’assessore Stefania Monteverde

Verdi con Aida voleva un immaginario completamente nuovo e per la prima volta portava come protagonista sul palco una donna nera. Se ai suoi tempi era innovativo e “tecnologico” far entrare in scena elefanti e cammelli, oggi la tecnologia è costituita dal mapping. La fedeltà del Micheli regista a Verdi sta proprio qui, nell’aver rispettato un immaginario nuovo e nell’aver utilizzato una tecnologia di ultima generazione.
Quanto alla sua idea di festival, prosegue: “Da regista non mi sono mai fermato alla vetrina, allo spettacolo in quanto tale, ma ho voluto sempre capire chi fosse il mio pubblico e incrementarlo. Qui il lavoro che ho iniziato, quasi inconsapevolmente, era vicino alla natura profonda di questo festival, un festival lirico, popolare e legato al suo territorio, quindi unico nel suo genere”. Popolare è una definizione molto cara a Micheli, e le ragioni vengono da lontano: “l’opera è diventata nel secondo dopoguerra il mezzo di comunicazione e di intrattenimento della classe dirigente, snaturando le sue origini. Non rinnego ciò, ma dopo tre anni a Macerata reclamo che l’opera nasce come popolare, nel senso più alto del termine. Ho riscoperto qui la vera matrice popolare dell’opera, la connessione strettissima di un teatro col suo territorio”. Insomma qui il genius loci è fortissimo dice Micheli, come lo è in altri festival internazionali, da Salisburgo a Santa Fè, da Aix-en-Provence a Pesaro. Popolarità e territorialità sono i genitori naturali del melodramma italiano, e sono loro ad aver generato, strano a dirsi, la ricerca e la sperimentazione, come del resto faceva Verdi che, ancor più strano a dirsi, non ha mai musicato opere su testi letterari italiani ma francesi, tedeschi o inglesi, e ha scelto spesso ambientazioni esotiche, dall’Egitto dei Faraoni per Aida alla Babilonia per il Nabucco. Verdi voleva che le persone andassero a teatro come a una scuola, per migliorarsi? Micheli risponde seguendo la scia del grande compositore di Busseto: si deve uscire diversi dall’opera, anche e ancor più quando si viene spiazzati perché non si trova ciò che ci si aspettava.
“La mia lirica a Macerata è come un piatto locale d’esportazione, è trasversale, e vuole coinvolgere le nuove generazioni, quelle che dal ’68 in poi sono state chirurgicamente escluse dal teatro d’opera. I tre titoli del 2015 saranno l’eccellenza enogastronomica culturale italiana, tanto per rimanere in tema Expo. Il programma per il prossimo anno (“in teoria la mia ultima stagione perché il contratto è in scadenza” precisa Micheli) è di potenziare il legame con il territorio e l’internazionalizzazione, entrambi già ben avviati, e di cercare sinergie di coproduzione anche artisticamente interessanti, tanto che per il Rigoletto 2015 pare ci sia già l’interesse di diversi teatri. Altra priorità l’allargamento del repertorio, sempre a patto di avere come finalità il teatro pieno. Micheli non nega il desiderio di allestire uno spettacolo anche al Lauro Rossi, ma sarà il bilancio a decidere (e con un budget totale di produzione di 2 milioni e 300mila euro circa e una media di 75/80 mila euro a produzione non c’è da scialare).

Il pubblico allo Sferisterio

Il pubblico allo Sferisterio per la Traviata di ieri sera

E a proposito di budget e di spese, non è mancato un nuovo affondo alle gestioni precedenti: “Le scenografie meravigliose e folli del passato, costate ognuna 1 milione di euro, le stiamo ancora pagando. Il nostro cugino si è fatto una mega mangiata e noi qui a grissini e sedano… ma la povertà aguzza l’ingegno e l’immaginazione, perché il grande teatro d’opera è povero e i tradizionalisti sono solo schiavi di regie cinematografiche e televisive. Non ho 1 milione di euro a produzione e sono felice di non averlo, anche se magari qualche decina di migliaia di euro in più mi farebbero piacere, sono soprattutto felice di non vivere negli anni Ottanta, anni di corruzione etico-morale e di dispersione di patrimoni, uno scialacquare finito in una carnevalata pagliaccesca che stiamo ancora pagando. E qui, dalla platea, è scattato fragoroso l’applauso.
Grande soddisfazione per la gestione Micheli è stata espressa anche dal sindaco di Macerata Romano Carancini e dal presidente della Provincia di Macerata Antonio Pettinari, rispettivamente presidente e vice presidente del CdA. “Un viaggio bello, ampio e profondo” l’ha definita Carancini, che ha sintetizzato il successo della stagione 2014 in tre parole: generosità (quella di Francesco Micheli), conquista (per le scelte fatte e la profondità con cui sono state affrontate), e coesione del CdA (che nei momenti difficili ha saputo fare scelte coraggiose e ha posto grande attenzione nella gestione del denaro pubblico). “Oggi sentiamo l’affetto delle persone, di tutti, dai bambini ai melomani – ha concluso il sindaco – e questo ci dà grande energia e determinazione per le sfide difficili che ci aspettano”.
Anche per Pettinari “è una soddisfazione enorme, una gioia e un orgoglio poter dire di essere sulla strada giusta, grazie a un campione ma grazie anche a una squadra coesa in cui ognuno ha fatto la sua parte. Il territorio finalmente può usufruire di questo straordinario evento culturale che è uscito dai confini della provincia, porta promozione a livello regionale, nazionale e internazionale e crea un indotto fondamentale dando lavoro a centinaia di persone. Non bisogna nascondere che abbiamo difficoltà finanziarie, ma vogliamo portare avanti questa scommessa nel segno di Macerata, del territorio e del bisogno di lavoro a cui cerchiamo di dare una risposta concreta”.

 

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