«Bloccati dentro casa
perché non ci fanno i tamponi»

CORONAVIRUS – Una famiglia di Treia lamenta di non avere risposta alle richieste di sottoporsi al test: «Mai sorella è infermiera, è risultata positiva al Covid. Ora sono passati 13 giorni, sta bene e ha chiesto anche lei di fare il controllo, dovrà aspettare fino al 3 maggio». Situazione simile anche per Armando Pettinari: «Devo fare il secondo tampone, l'ho chiesto 10 giorni fa e mi hanno dato appuntamento al 29 aprile»

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«Costretti a casa perché non vengono a farci il tampone. Anche mia sorella infermiera, che era risultata positiva al Coronavirus, non può tornare al lavoro perché le hanno dato appuntamento al 3 maggio». Un problema quello di una famiglia di Treia che da 13 giorni vive dentro casa, in quarantena. «Tutto è cominciato quando mia sorella, che lavora come infermiera, è risultata positiva al Coronavirus – racconta a Cronache Maceratesi una 25enne che preferisce non apparire con nome e cognome –. Mia sorella non vive con noi, aveva preso un appartamento due giorni prima di risultare positiva, proprio per evitare di restare nella nostra stessa casa, visto che abbiamo anche una nonna di 93 anni». Dopo la positività al tampone dell’infermiera è scattato l’isolamento a casa per la sorella, i genitori e anche la nonna. «Da 13 giorni riceviamo una telefonata registrata per chiedere se abbiamo tosse, febbre o difficoltà respiratorie. Ho chiamato tutti i numeri per chiedere un tampone perché io a partire dal giorno che mia sorella è risultata positiva avevo lievi difficoltà respiratorie, e una leggera pressione a livello toracico. Il medico mi ha detto che poteva trattarsi di un attacco di panico. Ma io il tampone lo voglio fare, anche perché mia madre ha la tosse, e nonostante il medico le abbia cambiato diversi farmaci non le passa». La 25enne ha fatto diverse telefonate, ha contattato anche il vicesindaco, ma finora non sa quando e soprattutto se, lei e la sua famiglia potranno essere sottoposti a tampone. «Ho chiamato il numero verde (800936677) e mi hanno risposto che fino a che a mia madre non finiscono i sintomi non possiamo uscire, e da quando le passano dobbiamo aspettare altre due settimane. Non è accettabile una cosa simile. Non ci sentiamo capiti, non veniamo ascoltati: chiediamo che ci vengano fatti i tamponi». Anche la sorella infermiera, che sta bene e non ha mai avuto particolari sintomi, ha chiesto di fare il tampone «le hanno dato appuntamento il 3 maggio, significa che deve stare altre due settimane dentro casa in attesa del tampone, nonostante magari sia guarita e possa tornare al lavoro – racconta la 25enne –. Io pure vorrei riprendere a lavorare, sono impiegata in un’attività di estetista, ma non posso farlo. Inoltre non mi sembra normale uscire senza che ci venga fatto un controllo col tampone. Voglio essere sicura che non rischio di contagiare qualcuno, e lo stesso vale per mio padre, che non ha sintomi, e per mia madre. Siamo costretti a stare in casa, ognuno nella sua stanza, una situazione del genere non è accettabile specie se vi siamo costretti perché non ci vengono a fare i tamponi». A lamentarsi dei tempi lunghi per avere il tampone è anche il fotografo Armando Pettinari, di Montecassiano: «Sono allibito, da 10 giorni devono venire a farmi il secondo tampone, mi hanno chiesto la mia mail per inviarmi l’impegnativa la settimana scorsa – ha scritto su Facebook – . Oggi ho chiamato, ho dovuto fare tre numeri diversi, ho chiesto gentilmente quando sarebbe arrivato il mio turno specificando che avevo problemi nella respirazione, mi hanno risposto che avrebbero controllato e richiamato. Dopo poco infatti mi hanno richiamato dicendomi che il mio appuntamento sarebbe per il 29 aprile».

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