Delitto Rosina, schermaglie tra consulenti:
divisi da orario della morte e fratture
Niente perizia psichiatrica sul nipote

CORTE D’ASSISE – Sentiti due medici legali della difesa e riascoltato il consulente del pm che ha fatto l’autopsia. Nessuna traccia di dna degli imputati su collo e viso della vittima, la genetista: «L’aggressore può aver usato qualcosa. Una coperta? È possibile». L’avvocato Valentina Romagnoli ha ricostruito il comportamento di Enea Simonetti e il rapporto con la mamma, Arianna Orazi, ribadendo la richiesta di un esame specialistico. Nulla da fare. Udienza durata 6 ore, la prossima l’1 dicembre per la fase conclusiva
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Da sinistra Arianna Orazi, Enea Simonetti ed Enrico Orazi. Nei riquadri in basso Rosina Carsetti e uno degli accertamenti dei carabinieri

di Gianluca Ginella

Battaglia tra medici legali al processo per l’omicidio di Rosina Carsetti. Per gli esperti nominati dalle difese la 78enne, uccisa il 24 dicembre del 2020 a Montecassiano, sarebbe stato il massaggio cardiaco a causare la rottura delle costole e per uno dei consulenti l’anziana sarebbe stata uccisa al massimo due ore prima dell’intervento del medico del 118.

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Gli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli

Per il consulente del pm le costole sarebbero state rotte da chi l’ha uccisa anche se non esclude che possa aver partecipato anche il massaggio cardiaco e la morte risale tra le 2 e le 4 ore prima dell’arrivo del medico. La Corte d’assise di Macerata ha poi respinto oggi definitivamente la richiesta di perizia psichiatrica su uno degli imputati, Enea Simonetti, nipote di Rosina. Una udienza durata circa sei ore per dare spazio ai consulenti dei difensori dei tre imputati. Sotto accusa, oltre ad Enea, ci sono la figlia di Rosy, Arianna Orazi e il marito della donna uccisa, Enrico Orazi. Per prima è stata sentita Anna D’Ambrosio, genetista che ha esaminato i reperti del delitto nel corso degli accertamenti del Ris.

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Enea Simonetti

«L’esame riguardava tamponi sul corpo della signora uccisa, sul viso, e sul collo, poi c’era il maglione della vittima, due calzini, reperti subungueali della vittima, dei cavi elettrici e delle banconote. Sul viso oltre al dna di Rosina Carsetti c’era il dna di un carabiniere intervenuto sul posto. Su quello del collo c’era dna di Rosina e di un soccorritore del 118». L’avvocato Valentina Romagnoli, legale di Enea, ha chiesto: «Il fatto che non sia stato trovato dna può indicare sia stato usato qualcosa dall’aggressore?».

«Mi sembra molto difficile agire meccanicamente senza lasciare un minimo di traccia biologica» ha risposto D’Ambrosio. Anche sotto le unghie non sono stati trovati dna se non quello di Rosy. C’era qualcosa sul maglione, lì è stata trovata una traccia di dna di Enrico Orazi e una seconda, sempre riferibile ad un uomo, che però è rimasta non identificata (la traccia era sulla manica sinistra). Sono state analizzate anche le banconote che vennero trovate in auto (e che gli imputati hanno spiegato erano soldi per la vendita di una moto): «non c’era traccia di dna della vittima su quelle» ha detto la genetista. L’avvocato Romagnoli ha chiesto se siano state trovate tracce di dna di Enea nel corso degli accertamenti: «No, nessuna». Il presidente della Corte d’assise, Andrea Belli, ha chiesto, sul fatto che non ci fossero tracce di dna del possibile aggressore di Rosina sul collo e sul viso: «Potrebbero avere usato guanti?». «No, perché penso che comunque si potevano trovare tracce di sudore, saliva» ha risposo D’Ambrosio. L’avvocato Romagnoli ha poi chiesto: «Se l’aggressore avesse usato una coperta?». «Beh in quel caso sarebbe stato un grosso filtro». Secondo il legale infatti l’aggressore poteva aver ucciso Rosina utilizzando una coperta, che in seguito Arianna Orazi ha buttato.

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Il medico legale Roberto Scendoni

Al processo oggi sono stati sentiti due medici legali per le difese. La prima, Francesca Tombesi ha detto che la morte di Rosina è dovuta a «strozzamento. Innegabili i segni rilevati al collo, con segni di compressione sia manuale che digitale» e su questo era in linea con l’analisi del medico legale Roberto Scendoni che ha svolto l’autopsia per la procura. Ma poi «Scendoni colloca la morte tra le 4 ore e mezza e le 6 ore e mezza prima del suo arrivo, è arrivato alle 23,05. Quindi secondo Scendoni la morte è avvenuta tra le 16,35 e le 18,35. Premesso che si condivide sul parere circa il fatto che non è possibile mai stabilire al minuto quando è accaduto il decesso, in questo caso a mio avviso abbiamo molti elementi che possono restringere l’orario». Secondo Tombesi «Alle 20,24 del 24 dicembre il medico del 118 dice che c’è assenza di rigidità cadaverica e non rileva le ipostasi (chiazze legate a coaguli di sangue che si formano alcune ore dopo la morte, ndr)». Inoltre ha evidenziato che a suo parere le costole (13 quelle trovate rotte) potevano essere state fratturate col massaggio cardiaco e che la presenza di sangue (tecnicamente: infiltrazioni emorragiche) in alcuni punti in cui erano rotte potrebbe essere dovuto non al fatto che la vittima fosse viva ma al massaggio cardiaco «che è stato praticato per 22 minuti e le è stata iniettata adrenalina, in pratica il sangue viene rimesso in circolo e per questo potrebbero essersi formate». Sull’orario della morte «ritengo difficile fossero passate più di due ore da quando è arrivato il medico del 118. Quindi direi alle 18,24».

Il secondo medico legale sentito oggi, Luca Pistolesi, chiamato dall’avvocato Barbara Vecchioli, legale di Enrico Orazi, ha confermato pure lui la causa della morte: «Condivido come tipologia di morte lo strozzamento, è la più probabile. Premetto non ho partecipato all’autopsia. In questi casi la morte avviene in 4, 6 minuti». Anche secondo lui le fratture alle costole sono legale al massaggio cardiaco. «Il collega evidenzia infiltrati emorragici su 7 delle tredici costole rotte. Mi aspetterei un infiltrato più marcato, se provocassi fratture costali in vita».

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Il pm Vincenzo Carusi

Il pm Vincenzo Carusi ha chiesto un confronto tra consulenti, la Corte d’assise ha respinto la richiesta ammettendo però di riascoltare il medico legale Scendoni. È stato sentito alla fine per alcune puntualizzazioni. «Sull’infiltrato emorragico, dopo un’ora, un’ora e mezza dalla morte, senza i meccanismi coagulativi del sangue, i tessuti non assorbono il sangue. Può accadere poco dopo la morte, ma non è questo il caso. Io non ho sostenuto – ha poi detto Scendoni – che le fratture, alcune, non siano state causate dal massaggio cardiaco. Ritengo che ci siano stati due meccanismi che hanno causato le fratture. Il primo quello dell’aggressore, il secondo il massaggio cardiaco che si è sovrapposto». Sull’ora della morte «riconfermo il range che ho indicato (dunque tra 16,30 e 18,30, ndr). Vanno visti tutti i fattori. Sul fatto che non ci fosse rigidità al momento dell’arrivo del medico del 118 dico che ad un occhio non esperto una minima traccia di rigidità può sfuggire. Non aveva una rigidità media o importante alla mandibola su questo siamo d’accordo, ma che non ce ne fosse una tenue, minima, questo non si può dire». Il giudice Belli ha chiesto: «c’è compatibilità con l’uso della coperta?». «Non posso dire né sì né no». Altra domanda, «non gliel’avevamo fatta la volta scorsa – ha detto il giudice -. Ma secondo lei la dinamica è compatibile con il coinvolgimento di una o due persone?». Su questo Scendoni ha detto che non si può stabilire con certezza. Di tutt’altro genere gli accertamenti svolti da Herny Coppari, che per la difesa ha partecipato alle indagini su cellulari e pc (svolte dal consulente della procura Luca Russo).

Alla fine dell’udienza l’avvocato Romagnoli ha chiesto la perizia psichiatrica sul suo assistito «ritengo siano emersi importanti elementi sulla storia di questo ragazzo, emersi sia dalla sua testimonianza che da quella del padre». Ha detto che il rapporto tra Arianna ed Enea è un legame che va ben oltre quello tra una madre e un figlio e che si è rafforzato negli anni. Enea vedeva nella madre un unico punto di riferimento e di ancoraggio e allo stesso tempo sostituiva con il nonno la figura paterna. Tutti questi aspetti, la forte attività di controllo ha fatto sì che il ragazzo avesse assunto determinate scelte che da un punto di vista razionale facciamo fatica ad accettare». Ha detto che «col collega Andrea Netti siamo andati spesso a parlare con Enea e gli abbiamo spiegato le sue possibilità. Così si è convinto e abbiamo fatto l’interrogatorio davanti al gip. Enea all’inizio ha cercato di tenere la posizione ma poi ha fatto una mezza confessione e ha accusato il nonno. Successivamente lo scorso giugno e luglio andiamo a Montacuto e Enea aveva deciso di dire quello che sapeva. Poi l’udienza era slittata a settembre. Il 9 settembre sono andata da Enea e mi dice che vuole dire quello che sa. Il 10 si sente con Arianna, e poi l’interrogatorio in udienza è andato come andato. Dobbiamo dire grazie al pm perché quel giorno gli ha fatto toccare il fondo, e allora ha capito che doveva dire la verità (questo il motivo per cui per metà della testimonianza Enea era stato incerto, per poi nella seconda parte dare tutt’altra versione e puntare il dito verso mamma e nonno, ndr). Certo si può pensare che il ragazzo stia cercando di coprire se stesso, ma io credo che qui abbiamo la dinamica familiare che incide parecchio».

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L’intervista alla criminologa Margherita Carlini

Il legale ha fatto poi riferimento a due interviste uscite all’epoca dell’omicidio. Una sul Corriere della Sera, alla criminologa Alessandra Bramante, la seconda su Cronache Maceratesi, alla criminologa Margherita Carlini. Entrambe avevano sottolineato che qualcosa non andava nel rapporto tra Enea e la mamma. Il legale ha chiesto la perizia su Enea e anche su Arianna. Il pm alla richiesta di perizia ha dato parere negativo: «non reputo ci siano le condizioni per una perizia, che il rapporto fosse particolare nessuno lo nega, ma che non fosse lucido e non capisse è smentito da tutta una serie di intercettazioni che sono state fatte dopo l’omicidio». La Corte d’assise ha respinto la richiesta di perizia. E il processo per quanto riguarda testimonianze e perizie si è chiuso qui. La prossima udienza si svolgerà l’1 dicembre con l’ultima fase: requisitoria pm e arringhe. Gli imputati avranno la possibilità di rendere spontanee dichiarazioni.

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