di Fabrizio Cambriani
Dunque, Sauro Longhi, l’ex rettore della Politecnica, almeno per il momento, si ritira dalla corsa per le regionali. A queste condizioni non sarà della partita. La sfida che si sta profilando è tutta partitica. Evidentemente, ha realizzato che non c’è spazio – soprattutto nello schieramento di centrosinistra – per il suo progetto. Che comunque, stando alle sue parole, continuerà nel percorso già intrapreso, fuori dai palazzi della politica. Davanti alle evidenti determinazioni dell’attuale maggioranza, di totale chiusura verso nuovi orizzonti, si arresta la sua corsa. Ma, con molta probabilità, inizia un percorso di più duratura e consapevole aggregazione di singole personalità e di gruppi che intendono la politica come pensiero e non come mestiere. Si chiude, con questa sua decisione, una delle pagine più brutte del centrosinistra marchigiano. Una partita tutta giocata all’interno delle ristrettissime segreterie di partito. In cui l’epidemia, ne ha accentuato ancora di più, tutto l’isolamento dal mondo reale. Autistico, come un bambino poco amato, tutto il blocco del centrosinistra, ha perso l’occasione di aprirsi alla società civile. Egoista, come un ragazzino viziato, si è ripiegato tutto su sé stesso a proteggere il proprio giocattolo. Sordo ai richiami che da tanta parte della società civile si levavano a denunciarne tutte le debolezze, ha preferito fare orecchie da mercante e tirare dritto per la sua strada.
Tutto si può dire, fuorché il professor Longhi non ce l’abbia messa tutta per aprirsi al dialogo e a ogni tipo di confronto con la loro classe dirigente. Qualche mese fa si era perfino reso disponibile a partecipare alle primarie di coalizione. Primarie – ironia della sorte – chieste con particolare determinazione, in una delle prime direzioni regionali del Partito Democratico, proprio da Maurizio Mangialardi. Ben lungi, a quel tempo, dal diventare il candidato presidente prescelto dalla coalizione. La verità vera è che Longhi è sempre stato da loro percepito come un corpo estraneo. Una sorta di mina vagante che avrebbe potuto ribaltare i già precari equilibri – solo a loro noti – su cui si reggono carriere e sopravvivenze. E di cui, alla gente comune, non frega assolutamente nulla. Un cane sciolto che, privilegiando il merito rispetto al pacchetto tessere, non avrebbe garantito assessorati. Oppure consulenze o collaborazioni. Delle quali, nel corso degli anni, abbiamo avuto modo di apprendere origini e carature: che il più delle volte – verificare per credere – corrispondono a illustri trombature elettorali o premature quiescenze. Impensabili da realizzare ai comuni mortali.
Emblematica, quanto al tempo stesso irridente la dichiarazione di Mangialardi al momento del suo esordio in pubblico. Richiesto di un commento su Longhi, ha risposto: “voleva costruire il centrosinistra e il centrosinistra è già qui. La porta a quel progetto e a quelle sensibilità è sempre aperta”. Poco più che una brusca e sbrigativa proposta di firma di un contratto in serie. Quando oggi, anche i gestori di reti telefoniche lo offrono personalizzato. Ma a guardarle bene, molte delle facce rappresentative di quel centrosinistra lì, sono le stesse del secolo scorso. Imbolsiti e incanutiti restano sempre quelli. Con quel sempre più risicato pacchetto di voti che tra loro, reciprocamente millantano. Eppure, nonostante tutto, redigono organigrammi, decidono consigli di amministrazione, gestiscono bilanci milionari. Un ritorno alla più perniciosa partitocrazia di fine anni Ottanta che – il film è già stato visto – portò al collasso di un intero sistema. Non è un caso che il loro programma sia ancora tutto da scrivere. Al contrario, le cariche sono più che definite. La rappresentazione plastica di un asfittico vuoto di idee, a cui fa da contraltare un’inguaribile bulimia di poltrone. No, in questa desolante cornice, non c’era spazio – e neanche tempo – per la visione progettuale e innovativa proposta da Longhi. In questo coacervo di mere visioni personalistiche, è venuto a mancare per lui il minimo di agibilità politica indispensabile. La prima e inderogabile regola della politica è quella di prendere atto della situazione. Il professore della Politecnica, alla fine del suo percorso, questo ha fatto. Partecipare in queste condizioni, mettendoci la sua faccia, sarebbe stato inopportuno e sgradevole quanto il graffio di un’unghia su di una lavagna.
Questa partita per le regionali si giocherà senza alcun valore aggiunto rispetto alle tradizionali liste partitiche. Che potranno pure sdoppiarsi e camuffarsi in liste civiche, ma sempre nell’ormai prosciugato stagno andranno a contendersi voti. Non a caso, stavolta il centrosinistra parte in salita e con il freno a mano tirato. Stando a un sondaggio realizzato dall’istituto Noto per la trasmissione “Porta a porta”, Acquaroli sarebbe in vantaggio di ben otto punti su Mangialardi. Un 48% contro 40%, oltre al 9% stimato a Mercorelli. Che, allo stato attuale, consentirebbe alla coalizione di centrodestra l’attribuzione di 19 consiglieri sui 30 totali: cioè uno in più della maggioranza uscente. Poco più di due mesi per recuperare questo divario. Ma a luglio e agosto la gente avrà, giustamente, altro a cui pensare…
Dite quello che volete, ma Mangialardi ha un gran bel ciuffo.
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Ormai il centrosinistra marchigiano, e il PD in particolare, non hanno più nulla di sinistra, nè a livello ideologico (se ancora si può parlare di ideologia) nè come ancoraggio a valori ideali.
Basti vedere, come spinta ideale ormai messa sotto i piedi, ciò che la giunta regionale uscente è riuscita a fare in materia di sanità, depotenziando ad ogni livello la sanità pubblica (con un occhio di riguardo, ovviamente, al nord delle Marche) e favorendo al massimo la sanità privata.
Il PD oggi è solo un blocco di potere chiuso in se stesso, autoreferenziale e conflittuale, incapace di affrontare i problemi reali (vedasi il terremoto, per il quale il buon Ceriscioli, così determinato in materia di Fiera Covid, ha fatto registrare il nulla assoluto) ma ben capace di mettere da parte le profonde fratture interne tra le varie componenti (ognuna delle quali rappresenta particolari interessi) solo con continui compromessi e continue spartizioni, comunque finalizzati solo a cercare di perpetuare la gestione e l’occupazione del potere. Un’occupazione del potere totale e asfissiante, in vista del quale conta solo l’appartenenza, e non certo il merito.
I sondaggi citati da Fabrizio Cambriani registrano esattamente la crescente insofferenza dei marchigiani.
Sono sempre più convinto dell’imperdonabile,grossolano,errore commesso dalla sinistra italiana all’epoca della caduta del muro.
Allora non si fece altro che mettere in piedi un gruppo di potere,che tale è rimasto,con una maschera di sinistra,nient’altro che una maschera e adesso il quadro è desolante a fronte di una situazione economica,sociale e politica assolutamente drammatica.Ne parleranno i libri di storia che noi non avremo più modo di leggere.Avvilente.
Dopo Ceriscioli, il sondaggio dovrebbe essere: Chiunque 99% Mangialardi 1%. Quindi aspetterei un po’ prima di esprimere i soliti giudizi, spesso affrettati più per convincere o per convincersi? Ultimamente questa scelta mi sembra oltre che poco intelligente, ancora priva di risultati. Bisognerà aspettare e non parlo delle elezioni regionali che dovrebbero essere lasciate un perlopiù senza continue forzature esterne.
Io non vedo tutti questi problemi. E’ giusto, dopo tanti anni, dare aria alla casa. Ok, il centrodx probabilmente non farà chissà che, ma non sarà neanche una tragedia… diciamo che servirà a favorire il ricambio della classe politica del centrosx per il 2025.
Analisi impietosa, ma sacrosanta.