Bisonni ritenta il blitz sulla legge elettorale
Contro i piccoli e a campagna avviata

IL COMMENTO - Tramontata l'ipotesi ballottaggio, viene riproposta l'incandidabilità a consigliere regionale per chi corre da governatore. La maggioranza sul tema è divisa. L'assise voterà martedì

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di Fabrizio Cambriani

Alla fine, è stata ripresentata. E pure licenziata dalla prima commissione regionale. Martedì prossimo toccherà all’aula votarla. Si tratta, a tre mesi esatti dal voto, di una modifica alla legge elettorale. Che, in questo caso, prevede l’incandidabilità alla funzione di consigliere regionale per chi si dovesse presentare al ruolo di presidente. Il proponente: Sandro Bisonni da Tolentino. E, combinazione delle combinazioni, colui che verrebbe più penalizzato da questo provvedimento, sarebbe Gianni Mercorelli, anche lui tolentinate.

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Gian Mario Mercorelli, candidato governatore del M5S

Mercorelli, infatti e da lungo tempo, è stato prescelto dagli iscritti del Movimento 5 Stelle attraverso due distinte consultazioni online: una per la carica di consigliere e l’altra a presidente – imponendosi al ballottaggio – sull’anconitano Quattrini. L’impressione è quella di un espediente tutto à la carte che, così pianificato, squalifica il prestigio dell’assemblea legislativa, derubricandola a sbiadito condominio. Dove i comproprietari si fanno reciproci favori. O, in alternativa, dispetti. La stessa norma coinvolge direttamente anche la lista “Dipende da noi” del professor Roberto Mancini. Il quale annuncia ricorsi e paventa addirittura l’invalidazione delle stesse elezioni. Di sicuro resterà alle cronache lo squallido balletto di chi, a pochi giorni dal voto, tenta reiteratamente di cambiare le regole, modificandole secondo le migliori convenienze. Sia dei gruppi che dei singoli. Una condotta inqualificabile e irrispettosa che trova divisa la stessa maggioranza. Contrarissimo Gianluca Busilacchi di Articolo Uno che era riuscito, nel corso dell’ultimo consiglio regionale, a far stralciare questo passaggio. E che, proprio stamattina, in conferenza dei capi gruppo, ha proposto – citando pregresse sentenze su casi analoghi – che sul testo si pronunciasse il comitato tecnico della legislazione della giunta. Così da evitare il rischio di invalidazione delle elezioni. Proposta bocciata da Pd, socialisti e M5S.

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Sandro Bisonni ha ripresentato la modifica alla legge elettorale che rischia di cambiare le carte in tavola a campagna elettorale già avviata per molti

Dentro il Partito democratico le posizioni non si capiscono bene. Irraggiungibile, a causa di un lutto in famiglia, il capo gruppo Francesco Micucci. L’assessore Sciapichetti è contrario, ma aspetta che sia il partito a pronunciarsi, adeguandosi poi alla decisione. L’assessore Cesetti è contrario e voterà no. Il segretario regionale Gostoli si è trincerato dietro un laconico “no comment”. Mentre il candidato presidente, Maurizio Mangialardi, afferma che, fosse per lui, lascerebbe tutto invariato, ma si rimette al rispetto delle prerogative del consiglio regionale. Insomma, un gran bel casino di cui, francamente, si poteva fare a meno. Soprattutto a candidati già schierati sulla linea di partenza.

Difficile spiegare – a campagna elettorale iniziata – la necessità e l’urgenza di un cambio di regole del gioco che riguardano esclusivamente formazioni minori che – nel caso specifico – decidono di correre da sole. Non è questo il luogo per affrontare, in punto di diritto, la questione. Si tratta semplicemente di valutare l’opportunità politica del provvedimento e le sue ricadute in termini di immagine. Anche perché, nel concreto e da un punto di vista meramente elettorale, poco o nulla sposterebbe la sopravvenuta incandidabilità. Il punto decisivo è che più a formazioni politiche – a campagna elettorale in corso – viene richiesto di rimettere in discussione tutti i loro progetti. Ai loro uomini, di rinunciare alle loro legittime aspettative. E di restare in attesa, appesi sul filo di discutibili decisioni, da parte dell’assemblea legislativa. Che ben oltre la scadenza prevista decide di deliberare sostanziali modifiche alla legge elettorale. Mentre dall’altra parte, il candidato Maurizio Mangialardi ha già affrontato spese stampando manifesti e ingaggiando persone nel suo staff.

Così come lo stesso sta facendo Francesco Acquaroli. Entrambi sicuri che queste eventuali modifiche, non andrebbero minimamente a variare nessuno dei loro programmi. Ecco, tutto questo non è politicamente accettabile. E va respinto, in un sussulto di dignità, in nome di un elementare rispetto che si deve a uomini e donne che, del tutto legittimamente, mettono la loro faccia candidandosi in totale autonomia, rispetto a più titolati e numericamente consistenti blocchi. La pratica della democrazia si palesa soprattutto in questi dettagli. Infierire sui perdenti, sugli sconfitti già in partenza diventerebbe un odioso sopruso. Un inutile, ma incancellabile sfregio a cui il Partito democratico dovrebbe rifuggire. Facendo prevalere quelli che sono i suoi valori fondativi. Invece di metterseli sotto i piedi, solo ed esclusivamente per fare una marchetta a qualche micro-alleato del momento.

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