di Marco Ricci
Cena aziendale in vista del Natale del 2011. Al microfono l’ex direttore generale di Banca Marche, Massimo Bianconi. Davanti a lui, nell’ampio ingresso della sede generale di Fontademo di Jesi, tutti i direttori di filiale e i dirigenti apicali di Banca Marche sono seduti ai tavoli imbanditi per l’occasione. Non è chiaro se ci fosse anche il presepe, da qualche parte, ma il climax di attesa è da comizio di Togliatti in piazza del Popolo. Più probabilmente, come descrivono molti, l’atmosfera è una via di mezzo tra un discorso tenuto dal colonnello in una camerata di fanteria o quella che si potrebbe respirare in riunione di boy scout mentre parla il grande Mowgli, Akela. Bianconi è un ottimo comunicatore, a detta di tutti anche un gran fascinatore. Il silenzio è dunque totale mentre il capo, in piedi insieme a chi gli regge il microfono, parla. Poi il discorso si scalda, le parole dell’ex dg diventano più intense e pressanti quando il discorso si avvia verso l’ormai epico giuramento di Fontedamo e l’aumento di capitale che Banca Marche sta per aprire. Sarà l’ultimo considerato come è finita la storia, quello che nel febbraio del 2012 inghiottirà 180 milioni di euro di risorse delle Fondazioni e dei risparmi dei piccoli azionisti marchigiani.
“Giurate che farete di tutto perché sia interamente sottoscritto l’aumento di capitale?”. La risposta che si leva da alcune bocche, non tutte, all’incitamento del capo è una sorta di giuramento di Pontida. “Lo giuro”. E così fu. Il verbo del capo divenne carne, o meglio si trasformò nelle ossa rotte di quelle migliaia di piccoli risparmiatori invitati a sottoscrivere, in modo molto pressante, quell’ultimo aumento di capitale. Migliaia o decine di migliaia di risparmiatori a cui mancava però qualche passaggio, ignari come erano delle versioni integrali dei verbali ispettivi della Banca d’Italia giunti all’istituto nel 2010 e nel 2011 (leggi l’articolo). Verbali sconosciuti non solo a coloro che prestarono il giuramento di Fontedamo, ma anche alla stragrande maggioranza dei dipendenti dell’istituto di credito, cioè proprio a coloro che mettevano tutti i giorni la loro faccia e la loro professionalità davanti a clienti che spesso conoscevano da decenni.
“Desidero ringraziare tutti i nostri azionisti e dipendenti per avere contributo al successo dell’aumento di capitale e per avere creduto nella solidità del nostro istituto”, così disse l’ex direttore generale al termine del collocamento delle oltre 200 milioni di nuove azioni di Banca Marche, chissà se fiero del giuramento dei suoi sottoposti. Perché l’incitamento aveva avuto effetto. L’obiettivo era stato raggiunto e anche molti dipendenti, investendo i loro risparmi nelle azioni appena emesse, avevano creduto nell’affare, nella “solidità dell’istituto” o, più banalmente, nella banca del territorio. In fin dei conti, come aveva scritto anche l’ex presidente di Banca Marche il giorno prima che si aprisse l’aumento di capitale, “La nostra banca, la vostra banca, non è mai stata così liquida e patrimonializzata”. Perché non crederci?
Non si sa se anche Massimo Bianconi avesse giurato durante quella cena di Natale, magari a voce alta o magari a mezza bocca. Certamente, rispetto a quanto si potrebbe dire per molti altri dipendenti dell’istituto e per molti marchigiani, il suo fu il classico colpo di fortuna o il bernoccolo per gli affari. Perché Bianconi destinerà ben pochi dei propri risparmi alla “solidità” della banca che guidava da otto anni. O meglio, si limitò al minimo. Infatti dell’oltre milione di euro annui di retribuzione, di quel milione e mezzo incamerato dall’ex dg solo pochi mesi prima grazie all’interruzione di tre settimane del suo rapporto di lavoro con Banca Marche – interruzione elusiva delle norme che prevedevano di assoggettare le buonuscite dei manager apicali ai rischi assunti, come spiegherà poi Bankitalia – insomma di tutti questi milioni di euro solo una briciola fu investita per la “solidità” della banca.
L’ex direttore generale di Banca Marche acquisterà infatti ben 1.025 di quell’oltre 200 milioni di nuove azioni emesse da Banca Marche, per un investimento che raggiunge addirittura l’astronomica cifra di 871 euro e venticinque centesimi. Sì, avete letto bene, 871 euro e venticinque centesimi, di fatto quanto l’Audi A5 coupè della banca – concessa come benefit a Bianconi ma per un paio di anni in uso a un suo familiare – costava agli azionisti di Banca Marche per giusto qualche settimana di pedaggi autostradali e di benzina mentre si spostava meritatamente tra Milano, Cortina d’Ampezzo, Rapallo o le spiagge molto glamour di Viareggio (leggi l’articolo), così come racconta un tabulato sequestrato oltretutto dalla Guardia di finanza di Ancona.
Con il senno di poi, ci volle forse un buon intuito finanziario per non investire nel malconcio istituto di credito grosso modo i frutti di più o meno un paio di giorni di lavoro, limitandosi alla sottoscrizione pro quota di 41 nuove azioni ogni 200 possedute. Certo, l’ex dg – a differenza di tutti gli altri piccoli azionisti e dei dipendenti – aveva letto l’ormai famosa comunicazione del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sullo stato della banca, comunicazione che, se Massimo Bianconi non avesse dolosamente occultato al mercato – secondo quanto scrive Consob nel suo provvedimento sanzionatorio – avrebbe verosimilmente dissuaso gli azionisti dall’aderire all’offerta. Visco o non Visco, Consob o non Consob, la decisione dell’ex dg fu – con il senno di poi- indubbiamente azzeccata, come hanno compreso da pochi giorni i marchigiani che si sono ritrovati in mano titoli il cui valore non è superiore a quello della carta straccia.
Spiace ovviamente pensare – così come spiace per tutti i piccoli risparmiatori – che anche Massimo Bianconi abbia visto volatilizzare dal dissesto dell’istituto parte dei suoi risparmi, qualcosa che nel complesso valeva nel 2012 intorno ai 5.500 euro, probabilmente qualcosa di meno. L’ex dg aveva infatti in portafoglio un totale di ben 6.025 azioni Banca Marche. Ma tutti gli ex dirigenti apicali dell’istituto, così come i loro familiari, non dovettero mai avere una particolare propensione ad investire nella “solidità” dell’istituto, nonostante le pressanti sollecitazioni ricevute dalla rete da parte dei vertici per vendere azioni al mercato. Tutti insieme – bilancio 2012 alla mano – i massimi dirigenti di Banca Marche possedevano infatti più o meno 100mila euro di quel capitale che nel 2011 sfiorava il miliardo e mezzo di euro. Altro che i top managers di Lehman Brothers i quali, con il crollo della quarta banca d’affari degli Stati Uniti nel 2007, videro scomparire la stragrande maggioranza dei loro guadagni, guadagni che – in massima parte – erano rappresentati proprio da azioni Lehman Brothers.
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Genuflessi davanti a dei farabutti! Non posso dire quello che penso … Pena l’arresto!
Mi sembra la versione, aggiornata e corretta di:
VINCERE E VINCEREMO!!!!!
La BdM rivendica l’impero!!!!
Per certi fatti ci vorrebbe una pena esemplare che le generazioni future siano in grado di ricordare e ricordare …. Non dico di più per non avere querele. …
A che punto è il lavoro della magistratura?quando vedremo questi signori in un’ aula di tribunale ?voglio proprio sperare,e credo di essere in numerosa compagnia,che abbiano in tempi ragionevolmente brevi la”giusta ricompensa” per lo straordinario impegno e l’elevata professionalità con cui hanno condotto bancamarche alla ingloriosa fine che abbiamo sotto gli occhi.
Bianconi di intuizioni ne ha avuta piu’ di una, la migliore e’ stata di venire a lavorare in una banca gestita da incapaci,nominati da altrettanti presidenti delle fondazioni incapaci,con dirigenti e direttori muniti di lingue diventate chilometriche per il troppo leccare il loro idolo.Certo che Bianconi ha fatto carne di porco in banda marche,era l’unico che capiva qualcosa di banca ed..altro..circondato da una masnada di …fate voi.Auguro a lui non il disprezzo di tutte le persone che ha truffato( lo ha gia’ senza nessuno sforzo) ma quello dei suoi figli e dei suoi familiari.ed anche del cagnolino che porta fiero a spasso per le vie di Roma.
Passando poi alle blasonate istituzioni di controllo( che insieme al governo si sono comportate con la stessa morale e lo stesso cinismo di Bianconi,anzi peggio),vorrei capire la logica per la quale banca d’italia scrive una letterina ad una banca colabrodo e poi affida a chi l’ha resa tale il compito di divulgarla.E se nessuno lo fa’ rimane lettera morta( nel vero senso della parola).Altrettanto avviene per consob,la quale non conosce l’esistenza della letterina ed autorizza l’aumento di capitale truffa da 200 milioni.Non basta,le fondazioni anche loro dicono di non sapere niente dei rilievi di banca d’italia e tranne carima sottoscrivono prone a Bianconi l’a.c.perdendo anche gli ultimi soldi che avevano in cassa.Goffi nel frattempo scoppiato il patatrac non conosce! il contenuto della lettera di manleva rilasciata da Costa( si quello che aveva messo in sicurezza la banca..) nel giorno delle dimissioni di Bianconi allo stesso insieme al secondo assegno di buonauscita.Mi chiedo allora qual’e’ il ruolo di banca d’italia,di consob,dei commissari,del sostituto di Bianconi e che cosa hanno conbinato in questi due anni e con che poteri,ma sopratutto con che obiettivi.Ricordo a tutti che fino a qualche anno fa solo parlare di fare causa ad una banca sembrava una eresia,credo che oggi vada sfatato un altro tabu’,ovvero portare in tribunale e mettere di fronte alle loro responsabilita’ banca d’italia( un anno dentro bmarche per partorire una letterina non letta da nessuno) e la consob ( quella che tramite tale Vegas,vedere foto di questo signore negli articoli..sostiene co piglio deciso ed autorevole,vedere sempre foto.. che i sottoscrittori di obbligazioni hanno firmato degli stampati quindi sapevano e quindi che vanno cercando?).C’e sempre una prima volta per tutto,non e’ vero?E magari un giorno rileggendo la storia di quello che e’ successo…
Quarantatré nnomi
Cqua nun ze bbatte, sor cacazzibbetto,
sor zucchiasavonèa, ciscio-bbrodoso,
farfallino, scogliattolo, crestoso,
smerdacamiscia, passero, pivetto,
sgrullino, cacasotto, pisscialletto,
stro.nzo, fanello, chicchera, mmerdoso,
bbragalisse, pupazzo, moccioloso,
sartapicchio, sgriggnappolo, fischietto,
cacarella, bbavoso, spizzichino,
purcia, grillo, pidocchio, reduscello,
raggno, tappo, sscimmiotto, marmottino,
fongo, schifenza, cimiscia, franguello,
fichetto, cirifischio, ggnaccherino,
sbusciafratte, cazzetto e ccojjoncello.
Così si fa’ solo un gioco al massacro! Io non c’ero a quella cena e non so se avrei giurato ma dico solo che quale dipendente di qualsiasi istituto o azienda davanti al d.g. non avrebbe giurato? Con il senno di poi siamo tutte “vergini” compresi i colleghi di altri istituti “costretti ” a fare ben altro x vendere prodotti! E non scordiamoci che in quegli anni c’era la fila di richieste da parte di colleghi per essere assunti in bm. Chiedete quanti curriculum arrivavano?!?!
Scusate ma noi, dopo tutte le sofferenze passate, noi che rischiamo il posto di lavoro, noi che ci abbiamo lasciato oltre ai risparmi anche la nostra faccia, noi che tutti i giorni dobbiamo affrontare i clienti incazzati non ne possiamo più di questo rivangare il passato che non fa’ altro che innervosire le persone! Noi x primi!
Sarà più facile che un lupo marsicano diventi presidente degli Stati Uniti D’Europa che un ricco Ex banchiere, ladro, truffatore e raggiratore passi tra il buco delle serratura di un carcere.
Scusi Fulgenzi, ma quindi noi marchigiani non possiamo avere il diritto di sapere le cose per non innervosire lei? Lei sa quanti marchigiani hanno perso lavoro e serenità perché la banca marche chiedeva di rientrare da fidi o non erogava mutui mentre nel contempo regalava miliardi ai soli noti? (E dalle indagini pare anche che ci prendevano pure il 5% di commissioni in nero).Aspetto con ansia di conoscere tutta la verità, anche in merito a decenni di assunzioni di comodo, di amici degli amici, di raccomandati, persone che di certo non hanno contribuito alla crescita della Banca e delle professionalità interne. Buttarla sul “tutti lo avrebbero fatto” e’ comodo e triste, perché allora così vale tutto, senza limiti. Nulla di specifico nei suoi confronti, ovviamente, ma purtroppo occorre tutelare di più i cittadini che i dipendenti e quindi, in questa fase, parlarne e sapere tutto e’ un dovere, di tutti…anche dei dipendenti che devono sapere la verità, metterci la faccia e saper dimostrare che loro, certamente, sono brave persone che hanno solo perso da questa storia.
Banca, banca, banca!
Leon, leon, leon!
(dal giuramento dell’Armata Bancaleone)
Fulgenzi@Sacrosanto il suo sfogo sulla pesante situazione che si ė creata per i dipendenti b marche,che si trovano oggi a subire in prima fila le recriminazioni , altrettanto sacrosante,di quelli che sono stati ingannati e defraudati da una conduzione dissennata e fraudolenta che ,però,” volava” molto al di sopra delle teste dei semplici esecutori materiali,probabilmente all’oscuro della gravità di quanto stava accadendo e comunque nell’impossibilità di impedirne lo sviluppo.Mi lasci però dirle che ad una settimana dal punto fermo messo dal provvedimento del governo,che ha evidenziato in tutta la sua profondità la crisi di bmarche,non è facile per noi clienti “non rivangare un passato “che purtroppo è invece fin troppo presente.
Non crederò mai che non ci siano dei responsabili: che siano perseguiti per legge senza se e senza ma.
Quando guardo le facce di miei amici che, fiduciosi dell’affidabilità della “loro” banca, avevano investito i propri risparmi per arrotondare la pensione, mi vien da domandarmi come possa essere successa una cosa simile. Personalmente ho interrotto il mio rapporto quando, al tempo in cui si davano interessi a due cifre, molte persone semplici riuscivano ad avere si e no il 2/3 %. Mi sembrò azione immorale. Mi pare però che la moralità non sia poi stata la linea degli amministratori, se si è arrivati alla situazione attuale. Mi auguro, per il rispetto di tutti quei piccoli risparmiatori che hanno investito il guadagno di una vita di lavoro e di sacrifici, che la giustizia faccia rapidamente il suo corso, per quello che si può, visto che il denaro custodito nei paradisi fiscali rimarrà al sicuro (?). Però mi domando anche:” Ma quegli amministratori dell’Istituto erano proprio tutti così insipienti da lasciarsi affascinare dall’affabulatore di turno? Ma chi li ha messi a guidare un importante Istituto di credito?” I cittadini le risposte se le sapranno comunque dare, anche se servirà a poco. Mi auguro comunque un intervento del Governo perchè mi pare assurdo punire così duramente cittadini che hanno commesso il solo errore di fidarsi della “loro” banca.
Sono molto piu in sintonia con il pensiero del sig. Marzioni che con quello degli altri commentatori.
Chi compra azioni seppur di una banca lo fa a suo rischio e pericolo, accettando il riischio di impresa, come si divide gli utili, si pagano i debiti.
A maggior ragione se giuri addirittura di comprarle non vedo con chi te la puoi prendere se prendi la sola.
Diversa e’ la situazione, come giustamente dice Marzioni di tutti quelli che si sono visti negare prestiti necessari per continuare la propria attivita’ o addirittura chiudere i fidi solo perche’ i vertici della banca per ingrassare i propri amici e se stessi hanno buttato via miliardi di euro.
Anche i dipendenti, quelli che non hanno venduto le azioni come oro quando sapevano benissimo che erano merd.., meritano tutela, ma la stessa di tutti i dipendenti di societa’ che se la passano male.
Per il resto non vedo per quale motivo si pretende che lo stato, quindi tutti noi, si debba in qualche modo rimborsare gli azionisti e gli obligazionisti del loro fallimentare investimento.
Allora lo si dovrebbe fare per tutti gli azionisti e gli obligazionisti di tutte le societa’ fallite.
Cio’ non toglie che chi ha causato tutto questo vada perseguito in tutte le maniere e lasciato in mutande su uno scoglio in mezzo all’oceano.
Di seguito articolo del Sole 24 Ore che riporta l’esito del processo per il crack Enron. Il resto sono tutte chiacchiere che come si dice dalle nostre parti “fa li pidocchi”.
Crack Enron, un quarto di secolo di carcere per l’ex ceo Skilling
A quasi cinque anni dal collasso del gigante energetico Enron, l’ex amministratore delegato Jeffrey Skilling è stato condannato da un tribunale federale di Houston a 24 anni e quattro mesi di carcere per il suo ruolo nello scandalo più grave della storia aziendale degli Stati Uniti.
Il giudice distrettuale Sim Lake ha ordinato gli arresti domiciliari per Skilling, 52 anni, fino a quando le autorità carcerarie non faranno scattare il periodo di reclusione nel carcere di Butner, in Carolina del Nord. All’ex dirigente dell’azienda, che sconterà la pena più severa comminata fino a questo momento nell’ambito dell’indagine, è stato applicato un bracciale elettronico.
Skilling è stato riconosciuto colpevole a maggio di 19 dei 28 capi di imputazione per frode, associazione a delinquere, insider trading e false dichiarazioni contestatigli. Nell’udienza conclusiva durata due ore, l’ex Ceo ha insistito fino all’ultimo sulla sua innocenza e al contempo ha espresso rammarico per il suo ruolo nello scandalo. Quel ruolo secondo il tribunale è costato la perdita di migliaia di posti di lavoro, oltre 60 miliardi di dollari in azioni Enron e 1,6 miliardi in fondi pensione dei dipententi. L’ex direttore finanziario Andrew Fastow è stato condannato a sei anni, in cambio della cooperazione con gli inquirenti. La sentenza di Skilling è comunque più lieve rispetto a quella comminata all’ex amministatore delegato di Worldcom Bernard Ebbers, che è stato condannato a 25 anni di carcere per il suo ruolo nel crack da 11 miliardi dell’azienda.
Skilling è rimasto con le mani basse senza lasciare trasparire alcun segno di emozione alla lettura della sentenza, con il suo legale Daniel Petrocelli al fianco. «Vostro onore – ha detto – io sono innocente per queste accuse. Sono innocente per ciascuna di queste accuse». L’ex amministratore ha anche smentito le illazioni sulla sua mancanza di rimorsi. «Nulla è più lontano dalla verità – ha detto – è stata durissima per me, e incredibilmente dura per la mia famiglia». Il 25 maggio la giuria popolare del tribunale di Houston, otto donne e quattro uomini, hanno emesso sentenza di colpevolezza nei confronti dell’ex presidente Kenneth Lay e dell’ex amministratore delegato Jeffrey Skilling. Lay è morto all’inizio di luglio per un attacco cardiaco nella sua residenza di Aspen in Colorado e le pene sono state estinte. L’ex presidente era stato condannato anche per truffa ai danni di tre banche e di false dichiarazioni in un caso secondario rispetto a quello deciso dalla giuria popolare. Lay era accusato di aver truffato tre banche (Bank of America, Chase Bank of Texas e Compass Bank) da cui aveva preso in prestito 75 milioni di dollari tra il 1999 e il 2001 con l’impegno a non utilizzarli per comprare azioni o fondi di investimento.
Lay e Skilling, secondo la giuria, erano stati pienamente a conoscenza e avevano anche incoraggiato gli illeciti contabili compiuti dall’ex direttore finanziario Andrew Fastow. Quest’ultimo aveva creato due entità esterne, ribattezzate Ljm1 e Ljm2, e le aveva utilizzate per nascondervi il debito della Enron. Agli occhi degli investitori dunque l’ex-colosso dell’energia godeva di ottima salute e gli esperti ne tessevano le lodi tanto che la Enron era considerata la settima azienda americana per capitalizzazione di mercato e Skilling il secondo miglior amministratore delegato del paese. Il quadro visto dal di dentro era invece ben diverso. I debiti dell’azienda continuavano a crescere e i vertici aziendali, sempre più preoccupati che gli investitori potessero averne sentore, incitavano i sottoposti, tra cui lo stesso Fastow, a trovare modi per nascondere il debito. E senza ombra di dubbio è stata proprio la testimonianza dell’ex direttore finanziario a incastrare Skilling e Lay alle loro responsabilità.
RENZI CORRIERE DELLA SERA DEL 06/12: rivendico con orgoglio il decreto salva banche,valuteremo di fare qualcosa per i titolari di obbligazioni subordinate,che pero’ non sono stati truffati da nessuno perche’ hanno firmato dei moduli di sottoscrizione chiari e precisi.La sfrontatezza e la mancanza di rispetto dei sudditi coglioni non ha limite.Se poi pensiamo che li’ a sparare cazzate ci si e’ messo da solo…RENZI STAI SERENO…cosa ci potevamo aspettare da uno spergiuro che ha tradito anche i suoi compagni di partito?Ma chi di spada ferisce di spada perisce,raccogliera’ quello che ha seminato,me….
Vorrei dire inoltre la mia sul concetto di investitori consapevoli o meno dei rischi,perche’ non ne posso piu’ di leggere tante ca..sull’argomento.Per iniziare a me se un investitore era consapevole o no non me ne puo’ fregare di meno.Io ad esempio sono un investitore consapevole,speculatore( pensate investo e vorrei ottenere un guadagno), ho sposato da tempo il concetto della utilita’ per l’economia dell’azionariato diffuso e da anni piuttosto che comprare bot e cct,ovvero debito di uno stato,investo in azioni di aziende,banche comprese.Leggo i bilanci,controllo che siano certificati ed avvallati da una societa’ di revisione,leggo le dichiarazioni dei suoi vertici( in borsa quando parla un A.D.il titolo della sua azienda puo’ scendere o salire in base alle sue dichiarazioni che devono essere veritiere),in base a tutte queste variabili compro,vendo,ricompro per mediare.Mi spiega per favore chi sostiene che chi compra azioni mette in preventivo il rischio di perdere che cosa c’entra tutto cio'( che concordo) con quello che e’ successo in banda marche?Bilanci falsi,societa’ di revisione che li avvallano come buoni,A.D.,direttori generali nuovi e vecchi,commissari che rilasciano dichiarazioni ottimistiche e fuorvianti,titolo sospeso( un azionista rischia ma puo’ vendere e comprare e decidere quanto e fino a che punto rischiare),mai piu’ rimesso sul mercato e per finire AZZERATO!!Allora caro governo,commentatori della domenica,saggi sostenitori dei luoghi comuni mettetevi in testa che una truffa non ha niente a che vedere con i rischi di comprare azioni od obbligazioni subordinate,tanto meno conta se lo ho fatto consapevolmente o da ignorante.Una cosa e’ puntare su una azienda,una banca e rischiare,altra cosa e’ subire una rapina bella e buona e perdere tutto,ripeto tutto!Alla vittima di una rapina in banca( quelle con il passamontagna ed il mitra non con le giacche e cravatta) qualcuno chiede prima di dargli la sua solidarieta’ se conosceva i rischi di un evento delittuoso avvicinandosi ad uno sportello o entrando che so’ in una gioielleria?E se risponde si non va risarcito o se muore in un conflitto a fuoco..ben gli sta?E’ possibile e logico che in questa vicenda per avere una possibilita’ di risarcimento bisogna essere ignaro,anziano,cadere dalle nuvole o simulare di essere tale?Follia nella follia,ci rimane solo di creare una guerra tra poveri mettendo contro azionisti ed obbligazionisti,esattamente quello che sta cercando di fare il governicchio,e siamo a posto!!
Il sospetto dei magistrati è che la Chil post, l’azienda di Tiziano Renzi, sia stata svuotata della polpa con la cessione di un ramo d’azienda alla Eventi 6, gestita dalla madre e dalle sorelle del premier. Valore della compravendita: appena 3.878 euro. Anche se il bilancio del 2009 era stato chiuso con 4,5 milioni di fatturato e quasi 36 mila euro di utili. Il 14 ottobre del 2010, sei giorni dopo la cessione, quel che resta della Chil post viene venduto a un prestanome ultrasettantenne, Gianfranco Massone, per 2 mila euro.. La società finisce rapidamente nel camposanto dei fallimenti. È il febbraio del 2013. Un anno più tardi la Procura di Genova indaga Renzi, i Massone e Gabelli per bancarotta fraudolenta.
Tra i debiti mandati al macero spicca quello con la Banca di credito cooperativo di Pontassieve: quasi mezzo milione di euro. Presidente dell’istituto è Matteo Spanò, baldo quarantenne, fraterno amico del presidente del Consiglio. Un debito che la Chil post si portava dietro da anni. La nota integrativa al bilancio 2010 dettaglia: al 31 dicembre del 2009 era di quasi 191 mila euro. Nell’esercizio seguente sale a 259 mila euro. Poco più avanti, il 21 maggio del 2011, Spanò, dal 2008 nel cda della banca, diventa presidente. Qualche mese dopo, il debito finisce a Massone assieme alla Chil. Riappare a maggio del 2013, nell’elenco dei creditori stilato dal curatore fallimentare: 496.717 euro. Tiziano però assicura di essere sereno. La mattina di lunedì 22 settembre, passato qualche giorno dallaproroga delle indagini, il cielo di Pontassieve era terso. Intorno alle nove, davanti alla sede del Credito cooperativo in piazza Cairoli, Tiziano Renzi parlottava e rideva con Spanò e altri due dirigenti della banca. Lo sguardo era il solito: spavaldo e sicuro. Per ricordare a tutti chi è il padre di cotanto figlio.
@ Pavoni. In un post di ieri su Cm, leggevo che il padre della Boschi è il vicepresidente di Banca Etruria.
Una volta le colpe dei padri si dice, ricadevano sui figli, adesso manco per il cassius. Anzi, i figli diventano garanzia di comportamento leale e legale. Pavoni scusa ma a me piace ogni tanto rimare un po’ o giocare con le parole.
Se qualcuno pensa, in questo caso a ragione, di aver subito una truffa o aver subito un danno da azioni indebite e malavitose di terzi ha tutto il diritto di pretendere un risarcimento nelle dovute sedi da quest’ultimi non certo dallo Stato.
Nello speculare, qualche volta, e io aggiungo per fortuna, si può anche andare incontro a spiacevoli sorprese.
C’è un altro aspetto, clamoroso e diabolico, dietro il salvataggio delle quattro banche in crisi. I risparmiatori e gli investitori che hanno perso in una notte tutti i loro soldi – dopo che le azioni e le obbligazioni subordinate di Banca Marche, CariChieti, Carife e PopEtruria sono state azzerate – dovranno comunque onorare il debito col fisco. E attenzione: non scherziamo. La brutta sorpresa arriverà a fine anno, quando la banca invierà il mitico estratto conto a tutta la clientela. Le fregatura tributaria è doppia. Nonostante la perdita – 788 milioni di euro in bond e oltre 1,7 miliardi di azioni – non solo vanno pagate le tasse, ma si perdono anche i benefici fiscali solitamente concessi sugli investimenti in rosso. Le tasse da versare – come rilevato ieri da Plus24 – sono, nel dettaglio, le imposte di bollo: una cifra pari allo 0,2% dell’ammontare investito e custodito in banca.
In ballo ci sono centinaia di migliaia di euro e, magari, davvero poca roba «a testa» per i clienti degli istituti. Clienti ai quali, tuttavia, qualcuno dovrà spiegare perché lo Stato pretende di incassare una somma come «bollo» su un gruzzoletto che non esiste più.
E poi c’è un’altra beffa. Chi è rimasto scottato con le quattro banche «salvate» dal decreto del governo non potrà usare il credito d’imposta del 26% sulla minusvalenza. Un paradosso. Ma l’azzeramento del valore deciso per legge – e con un tratto di penna da Bankitalia – non è una cessione del titolo sul mercato, ragion per cui, tecnicamente, il risparmiatore non contabilizza una perdita di valore anche se, in realtà, ha perso tutto
Una domanda cruciale è la seguente: coloro che hanno proposto l’aumento di capitale mediante la sottoscrizione di azioni quante di queste azioni hanno comprato?
@ Paolo Ponzelli, scusi. Letto il suo commento, non riesco proprio a comprendere il distinguo che lei fa tra “rischio d’impresa” e “rischio d’impresa” , uno, da Bm rispetto gli imprenditori che ha messo sul lastrico chiudendo loro i fidi per una sua gestione scellerata – come lei stesso denuncia- ” solo perche’ i vertici della banca per ingrassare i propri amici e se stessi hanno buttato via miliardi di euro” – l’altro, verso gli azionisti/obbligazionisti , se entrambi possono dirsi a buon titolo, visti i fatti, vittime di mala gestio della BM, così come di tutte quelle banche fin qui salvate ( fin qui, perché pare che altre dieci sparse in tutt’Italia siano in attesa di salvataggio). Ora, io non sono competente in materia, e neanche di diritto bancario o societario, esprimo solo la mia opinione alla luce del concetto stesso di rischio d’impresa , stante anche le recente giurisprudenza. Credo sia infatti improprio e tagliente come una lama a doppio taglio, ricorrere al concetto di ” rischio d’impresa” nel contesto di BM.
Il rischio d’impresa non è semplice fatalismo di mercato, e non è certamente valutabile ex post, ma ex ante,quindi: per arrivare a tale dissesto finanziario e mettere in ginocchio migliaia di suoi azionisti e obbligazionisti, lei può dire che BM si sia diligentemente adoperata alla valutazione dei rischi connessi ad una scelta imprenditoriale che alla prova dei fatti è poi risultata perdente?
C’è un discrimine sa, tra condotta diligente e mala gestio. La prima assume in sè il suo citato rischio d’impresa, la seconda per evitarne le responsabilità dirette degli amministratori occorre accertare se l’amministratore, prima di prendere una certa decisione gestionale, abbia approfonditamente ed adeguatamente ponderato tutti i possibili e prevedibili profili di rischio ad essa connessi, ed abbia a tal fine apprezzato altresì tutti i dati e gli elementi di valutazione concretamente acquisibili nel caso specifico.
Quale rischio d’impresa, perciò, secondo lei, dovrebbe ricadere passivamente sugli azionisti e obbligazionisti fiduciosi verso chi , da quanto ne sappiamo, non può dirsi abbia compiuto una gestione improntata a diligenza? La prima responsabilità , e diretta dovrebbe essere dei suoi dirigenti, e il Governo non dovrebbe pietire elemosine con ristori vari dopo avere silurato i piccoli risparmiatori delle banche, a cui spetta semmai far valere i propri sacrosanti diritti nelle giuste sedi.
Beh non mi pare che il rischio di impresa degli azionisti di una Spa possa essere paragonato, in questo caso, con quello che ha accettato un imprenditore che dalla banca ha ricevuto dei crediti, ripagandoli molte volte con interessi anche superiori al tasso usurario e che si è visto chiudere i rubinetti proprio quando, causa la crisi, ne aveva più bisogno.
I primi gli azionisti, o soci, volenti o nolenti sono la banca stessa, i secondi sono quelli che di detta banca sono i clienti quelli che per campare, si sono dovuti fidare ed affidare.
Una differenza mi pare che tutto sommato ci sia.
Ponzelli, ma nel caso specifico gli azionisti di dette banche non sono stati messi in condizione di ponderare i rischi cui andavano incontro non essendo stati adeguatamente informati da chi ,al contrario, pur a conoscenza della reale situazione, li spingeva all’acquisto di titoli “venduti come fossero titoli di Stato” ( parole di Fassina) . Non a caso, la rabbia degli azionisti non è espressa per avere perso in operazioni di borsa, ma per essersi sentiti traditi dalla propria banca verso cui riponevano fiducia. Per questo trovo del tutto improprio fare richiamo al rischio d’impresa in queso contesto.
Le banche non sono imprese private perché sono finanziate dalla BCE, la BCE ha distribuito alle banche 2000 miliardi di euro e le altre banche centrali del mondo ( USA, Giappone ecc, ) ne hanno distribuiti 12000.
Il piccolo risparmiatore che comprava obbligazioni bancarie come fossero titoli di Stato ragionava in modo niente affatto stupido. Resta da capire perché la BCE che stampa euro a migliaia di miliardi non abbia voluto acquistare quelle poche centinaia di milioni di euro di subordinate che avrebbero evitato il panico tra i risparmiatori, il crollo dei titoli bancari in borsa, la destabilizzazione di un governo europeista già squilibrato di suo… forse le piccole banche eccitano le libidini predatorie dei poteri forti, forse l’insicurezza, la paura, lo smarrimento del parco buoi sembra loro buon terreno di coltura. Tutto il godimento della ricchezza sta nel contemplare la povertà dei nuovi poveri… non tutti i pervertiti sono criminali, ma tutti i criminali sono pervertiti diceva Freud…