di Luca Patrassi
La burocrazia si conferma non al passo con i tempi della crisi, ancor meno con quello del coronavirus cui, pure, ci si vorrebbe riferire. Il primo maggio è partito “Impresa Sicura”, il nuovo bando attivato da Invitalia – l’agenzia che da statuto si dovrebbe occupare dello sviluppo delle imprese – che «punta a sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese di qualunque dimensione, operanti in Italia – è scritto nel documento- . Il bando consente di ottenere il rimborso delle spese sostenute dalle aziende per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale finalizzati al contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19. Sono 50 milioni di euro le risorse disponibili (fondi Inail, art 43.1 DL Cura Italia del 17 marzo 2020). Impresa Sicura rimborsa l’acquisto di mascherine filtranti, chirurgiche, FFP1, FFP2 e FFP3; guanti in lattice, in vinile e in nitrile; dispositivi per protezione oculare; indumenti di protezione quali tute e camici; calzari e sovrascarpe; cuffie e copricapi; dispositivi per la rilevazione della temperatura corporea; detergenti e soluzioni disinfettanti/antisettici.
L’importo massimo rimborsabile è di 500 euro per ciascun addetto dell’impresa richiedente e fino a 150mila euro per impresa. Il bando di Invitalia prevede 3 fasi: 1) Le imprese interessate dovranno inviare la prenotazione del rimborso dall’11 al 18 maggio, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18 attraverso uno sportello informatico dedicato, raggiungibile dal sito di Invitalia. 2) Sempre sul sito dell’agenzia, seguirà la pubblicazione dell’elenco, in ordine cronologico di arrivo, delle imprese ammesse alla presentazione della domanda di rimborso. La domanda potrà essere compilata dalle 10 del 26 maggio alle 17 dell’11 giugno 2020 sempre attraverso procedura informatica. I rimborsi verranno effettuati entro il mese di giugno». Sul sito di Invitalia le indicazioni sono arrivate all’ultimo mentre si palesano altre incongruenze. Sono ammissibili le spese dal 17 marzo 2020, come dire che le imprese che hanno messo in sicurezza operai e dipendenti nei mesi scorsi – la dichiarazione del governo di stato di emergenza è di gennaio – non potranno accedere a questo bando. Il criterio è quello cronologico, una sorta di clic day che perpetua un modo di agire che avvantaggia i territori che hanno reti d’avanguardia e connessioni più veloci. Infine i 50 milioni sono qualcosa ma non evidentemente quanto occorrerà alla copertura delle domande che presumibilmente arriveranno: insomma si risponde ad una esigenza con una logica da “grattino” o – se la parola suona male – da lotteria.
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