di Laura Boccanera
Non è stato il distanziamento sociale il principale problema della ripresa della Fase 2 per la Omaz, ma il mercato estero bloccato, con gli ordini sospesi. Dal 4 maggio è ripresa la produzione anche nello stabilimento civitanovese della Omaz, azienda che produce e commercializza prodotti specifici per il settore avicolo e che lavora molto con il nord Africa e con l’est Europa.
A causa della pandemia il blocco di tutte le attività ha comportato un ammanco di fatturato pari a 3 milioni di euro e ora lentamente alcuni ordini si stanno sbloccando. «Lunedì abbiamo ricominciato e in produzione sono tornati 10 dipendenti rispetto ai 30 che solitamente si trovano in questo settore – spiega il direttore operativo Stefano Cardinali – gli altri sono tuttora in cassa integrazione. Ma il problema non è il distanziamento o le misure di sicurezza quando l’aspetto commerciale». La Omaz sorge infatti in una vasta area quasi di fronte all’uscita del casello autostradale. In produzione ci sono 4mila metri quadrati a disposizione e la distanza fra un operaio e l’altro è ben superiore ad un metro. All’ingresso, al momento dell’avvio delle attività lavorative è stata allestita una postazione con gel sanificante, guanti e mascherine. «Appena si entra c’è il gel che viene utilizzato in maniera autonoma e poi qui una persona distribuisce la mascherina con la quale si lavorerà per tutto il turno, c’è altro igienizzante e ci sono anche i guanti. Una volta terminata questa prassi ci si reca nello spogliatoio per timbrare e iniziare a lavorare». Spazi più ristretti negli uffici, ma al momento il problema è stato risolto con una turnazione fra chi sta in ufficio e chi fa smartworking da casa in modo che non ci sia più di una persona per ogni ufficio. Ogni settimana viene fatta una sanificazione complessiva. Ma a preoccupare è l’aspetto economico e finanziario: «produciamo attrezzature per allevamenti, ovaiole, pollastre e accessori e sebbene il settore all’estero non sia fermo perché considerato un bene essenziale e primario molti ordini sono stati sospesi e rinviati al termine della pandemia. Il 95% del nostro mercato è estero, Egitto, Algeria, Marocco, Iran. Fortunatamente altri Paesi non hanno sospeso gli ordini e ora stiamo lavorando per rispettare i tempi di quelle consegne, ma la situazione è complessa. Come la maggior parte delle realtà produttive ci aspettiamo che venga immessa liquidità nelle aziende dalle banche. Una realtà pur piccola come la nostra con questo stop ha subìto ammanchi di fatturato per 3 milioni di euro e per continuare a lavorare e riattivare quella catena produttiva del nostro made in Italy serve liquidità. Ma serve subito».
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