La resa di nonna Lorenza:
«Troppo sola e senza servizi,
ho riconsegnato la Sae»

3 ANNI DAL SISMA, LA STORIA - Originaria di Castelsantangelo, emigrata a Roma, ha scelto di tornare in vecchiaia nella sua montagna. La casa di Visso è crollata con le scosse di agosto e ottobre 2016, dopo un anno e mezzo a Civitanova ha avuto la casetta, ma non ce l'ha fatta ad affrontare l'inverno e così ha restituito a malincuore le chiavi

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Lorenza Maggi

 

di Gabriele Censi

Nonna Lorenza non ce la fa a restare a Visso, l’inverno è duro, le gambe faticano a percorrere la strada che separa la sua Sae dal medico e così ha deciso di restituire le chiavi della casetta e andare vicino ai figli a Roma. Certo non si può dire che non ci ha provato, dopo le scosse dell’agosto e ottobre 2016, la sua storia lo testimonia.  

Lorenza Maggi è una delle tante donne che hanno lasciato la montagna negli anni ’50 e ’60 verso la città. Ma con la voglia di tornare sempre nel cuore. La sua vita inizia lungo il fiume, alle sorgenti del Nera, dove la sua famiglia allevava trote quando quell’acqua pura si beveva alla fonte dell’Uccelletto, e l’imbottigliamento della Nerea era ancora di là da venire. Poi il matrimonio con Gigetto, anche lui della Valnerina ma oltre il confine,  in Umbria. Il viaggio su quella strada verso Roma era destino, con in arrivo già la prima figlia, poi altri tre, e una vita di sacrifici in un portierato di periferia per avere finalmente poi una propria casa. Ma quando le cose sono andate meglio il richiamo della montagna è tornato e l’estate a Castelsantangelo era lunga tre mesi, con Gigetto che cercava funghi e i figli a pescare trote.

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Lorenza con due suoi nipoti

Lorenza ha oggi 88 anni, tanti nipoti e una grande dignità. Rimasta vedova nel 2001 ha venduto la sua casa di Roma ed è tornata sui Sibillini, ha scelto Visso piuttosto che Castello (così nella zona tutti chiamano Castelsantangelo). «Perchè avevo tutti i servizi vicini, il medico, la farmacia, le poste, la corriera» ci racconta. Così la sua vecchiaia è scorsa nella nuova casa nel centro del paese fino ai tragici fatti del 2016:«Quando c’è stato il terremoto di agosto è venuto mio figlio Paolo a prendermi e mi ha portato a Roma, sono uscita solo con le ciabatte e tutto quello che avevo è rimasto lì dentro, abbiamo provato a tornare ma i crolli intorno alla casa non permettevano neanche ai vigili del fuoco il recupero dei miei ricordi, neanche una fotografia. E’ rimasto tutto lì sotto, possiedo un po’ di carità che mi hanno fatto e un po’ di cose che sono riuscita a ricomprare. Allora ho deciso di andare a Civitanova dove stavano tutti i vissani sfollati, lì sono rimasta un anno e mezzo fino a quando mi hanno dato la Sae. Il primo di agosto del 2018».

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Le Sae a Visso

«Queste penne però sono lisce e non le mangio, prendetele voi». In una frase la gioia della semplicità quando i parenti vanno a trovarla:  «Ci hanno dato tutto, le pentole, la tv, le posate, anche la pasta». Sono state tra le ultime casette consegnate a Visso lungo la strada a Villa Sant’Antonio, quelle con la muffa, oggetto di inchieste giornalistiche e giudiziarie.   «La storia mia è semplice, io ho avuto la casetta nel 2018 e sono rimasta fino a dicembre. Eravamo sparsi, non avevo nessuno vicino, poi con l’arrivo del freddo ho visto che non potevo passare l’inverno in quelle condizioni e ho deciso di tornare a Roma. Con il Comune ho fatto il mio dovere, ho subito avvisato che avrei lasciato la casa, poi sono passati mesi senza nessuna comunicazione e ho chiesto spiegazioni, finalmente qualche settimana fa sono stata richiamata per chiudere la pratica e ho riconsegnato le chiavi».

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Lorenza Maggi a Castelsantangelo con i suoi gemelli Giovanni e Paolo negli anni ’60

Un gesto normale che può apparire eccezionale vedendo a Visso tante auto di lusso che arrivano da Roma per il week end ad occupare quelle Sae, nella tragedia come sempre accade c’è chi resta senza nulla e chi magari ne trae vantaggio, sono tante le storie del terremoto, questa è una storia di gente vera di montagna. Paolo ha accompagnato la mamma per svolgere la pratica per cui ha tanto insistito sapendo che forse non ci saranno molte altre occasioni di tornare per lei. Dove tutto era iniziato e dove avrebbe voluto concludere la sua storia: «Se io avessi preso la casetta a Castello sarei rimasta perchè lì hanno costruito tutto insieme e si poteva stare, ma a Visso no. Con le gambe che vanno sempre peggio dovevo camminare mezzo chilometro per andare dal medico». 

 

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