di Monia Orazi
La “lezione mancata” dopo il terremoto dell’Aquila, nell’Italia in cui in media ogni cinque anni si registrano scosse che mettono in ginocchio un pezzetto di Paese e si spendono due miliardi l’anno, a partire dagli ultimi sessant’anni per cancellare i danni dei terremoti, è racchiusa nell’omonimo libro dell’ex sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, primo cittadino tra il 2007 ed il 2017, oggi ospite a Camerino del comitato Concentrico. Stamattina l’ex sindaco ha incontrato i ragazzi delle superiori ed ha fatto un giro in zona rossa, al pomeriggio ha partecipato nell’auditorium Benedetto XIII all’incontro moderato dalla giornalista Linda Cittadini “L’Aquila 2009. Una lezione mancata?”, che riprende il titolo del libro di Cialente, ma con un punto interrogativo che ha voluto aggiungere Francesco Nobili, presidente di Concentrico. «E’ un punto interrogativo messo come segnale di speranza, con la volontà di cogliere gli insegnamenti di una gestione decennale del post terremoto», ha detto Nobili nel suo saluto.
E’ toccato poi all’attuale rettore dell’università dell’Aquila, Edoardo Alesse, dire una cosa fondamentale che vale anche per Camerino: «Non so se l’Aquila senza università avrebbe tenuto botta, se sarebbe in ripresa come lo è oggi, l’università di Camerino, come accaduto da noi, sarà il volano per il rilancio economico, sociale culturale di questo territorio». Due i punti toccati nel lungo intervento di Massimo Cialente, che vide Camerino da ragazzo in sella alla sua Vespa 125 ed oggi in centro storico è rimasto di nuovo sorpreso da tanta bellezza, anche se ferita. Il primo ha riguardato la mancata prevenzione per i rischi da calamità naturali, il secondo la mancanza di una normativa definitiva su come ricostruire. Ha detto Cialente: «Ho scritto questo libro perchè non sopporto che ogni volta dopo il terremoto, sia la prima volta. Il terremoto è un evento periodico che sconvolge le nostre vite, ma l’Italia è l’unico paese che non fa prevenzione. Si potrebbero indirizzare i cinquanta miliardi stanziati per la green economy, per mettere in sicurezza il paese contro le calamità, ci sarebbe lavoro per decenni e saremo pronti ad affrontare le emergenze». Ha proseguito l’ex primo cittadino: «In uno dei paesi con i migliori sismologi al mondo non si fa prevenzione, si scaricano tutte le responsabilità addosso ai sindaci. In Italia, manca la definizione di emergenza, mancano norme sulla ricostruzione uguali per tutti gli italiani, sarebbe come se un chirurgo che opera colecisti, si inventi ogni volta una tecnica nuova. Non si può affrontare la fase del post emergenza, con la stessa normativa ordinaria delle opere pubbliche. Chi sa, conosce quali zone del paese stiano aspettando l’emergenza, ma la parola d’ordine è quella di non parlare». L’ex sindaco dell’Aquila ha tracciato un quadro della situazione attuale in Abruzzo: «L’anticipo ai professionisti da noi è stato introdotto solo tre anni fa. In questo paese nessuno vuole mettere firme, prendersi responsabilità. La ricostruzione pubblica è ferma. Come amministratori abbiamo il dovere di guardare alla Camerino ed all’Aquila del 2035, di mantenere e rilanciare le nostre comunità». Il libro Cialente aveva deciso di non farlo uscire, ma di fronte al dramma dei terremoti del 2016, ha sentito il dovere morale di dare la sua testimonianza.
Claudio Pettinari
E’ toccato alla rettrice dell’ateneo dell’Aquila Paola Inverardi, in carica dal 2013 allo scorso settembre raccontare della nuova situazione della città: «Abbiamo avuto sei anni di emergenza, un numero enorme, ricevendo venti milioni di euro dal sistema nazionale. La sfida non è quella di pensare che la situazione transitoria finirà a breve, ma di capire che la vita che si fa sarà il futuro dei prossimi anni. Non si deve cadere nella trappola del ricordo, pensando che tutto sarà come prima. Agli studenti che ci hanno scelto per investire sul proprio futuro, abbiamo scelto di dare un visione di un progetto futuro per università e territorio. Loro hanno visto ciò che è la città in questo momento, non ciò che era prima, bisogna dare loro valori positivi qui ed ora. Siamo stati richiamati a come eravamo dieci anni fa, ma è un tornare indietro, in questi anni abbiamo vissuto, lavorato, ricostruito». La professoressa Inverardi ha tracciato il quadro di quanto compiuto durante il suo mandato: «L’università ha lavorato per dare al territorio il senso di una prospettiva. Abbiamo avuto la possibilità di decidere del nostro futuro, non tutte le generazioni ce l’hanno». Ha concluso Inverardi: «Solo un anno fa siamo tornati in centro con l’università, un gesto molto apprezzato, che denota la volontà di rientrare anche a costo dei disagi. Dobbiamo accettare che le cose non saranno le stesse di prima. Il cambiamento non sempre è negativo. Siamo una città ed un’università migliori, più consapevoli. Siamo forzati a pensare al cambiamento, è il nostro mestiere di università, guardare avanti verso il futuro, senza avere paura di ciò che non sappiamo». Il presente di Unicam che ha fatto da propulsore alla ripartenza di Camerino è stato raccontato dal rettore Unicam Claudio Pettinari, che ha sottolineato lo strettissimo legame con la città ed il territorio, gli sforzi per mantenere i servizi e rendere attrattiva e di qualità, la proposta didattica e di vita dello storico ateneo. Il sindaco Sandro Sborgia ha parlato della necessità di riaprire il centro storico di Camerino, città conosciuta da studente universitario, dello stretto legame con l’ateneo, chiedendo una normativa unica in tema di ricostruzione. Maria Sole Cingolani ha letto alcune pagine del libro di Cialente. Sono intervenuti anche Claudio Cingolani di Io non crollo, Valeria Baglione di Metis.
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