Sette anni dopo, ancora zone rosse:
«Sburocratizzazione e no tax area
o diventeremo una riserva indiana»

SISMA - L'intervento di Giovanni Lattanzi sulle questioni ancora in sospeso a sette anni dalle scosse del 2016: «Senza servizi e sostegni si rischia il completo spopolamento del nostro entroterra, serve una visione di lungo periodo da parte delle istituzioni, speriamo nel nuovo commissario»

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Da Giovanni Lattanzi, presidente del consorzio via roma Castelsantangelo, riceviamo: 

«Non vi lasceremo soli! Faremo presto! Ce la faremo!» e molte altre frasi del genere sono state dette in varie occasioni da esponenti politici di tutto l’arco costituzionale. Mi piacerebbe vederli oggi tutti qui nell’entroterra maceratese colpito dal terremoto del 2016, a fare un giro tra Castelsantangelo sul Nera, Ussita e Visso per vedere l’effettiva situazione della ricostruzione ad oggi. Siamo nel 2023, di anni ne sono passati ben sette ma qui spesso sembra l’anno zero: abbattimenti ancora non partiti o comunque non terminati e soprattutto ancora zone rosse, quelle dove l’accesso è proibito, nei comuni più colpiti.

zona-rossa-castelsantangelo-terremoto«Noi riconosciamo il 100% dei danni ai privati, a tutte le abitazioni, anche alle cosiddette seconde case, nella consapevolezza che le seconde case in questi territori sono case di famiglia che rappresentano identità ed economia. Senza questa scelta non si potrebbe parlare di ricostruzione», diceva il primo commissario straordinario Vasco Errani a novembre 2016. Effettivamente questo prevede la legge, ma la realtà di chi prova a presentare il progetto di ricostruzione della propria casa è tutt’altra. Purtroppo quelle norme non si sono dimostrate semplici e veloci, amiche della ricostruzione, ma hanno prodotto un aumento della burocrazia che, come prevedibile, ha provocato un cortocircuito.

Lo Stato riconosce al proprietario un contributo dato dai metri quadrati da ricostruire e dal prezzario dei materiali, che non è stato aggiornato per lungo tempo mentre crescevano vertiginosamente i costi dei materiali, bloccando i progetti delle persone impossibilitate a sborsare di tasca propria miglia o decine di migliaia di euro. Il superbonus 110%, attivo in questa zona fino al 2025, è un potenziale aiuto, ma trovare chi acquisisce i crediti è difficile e si torna al rischio concreto di non ricostruire affatto. Il susseguirsi di commissari non ha aiutato a sburocratizzare. Fa eccezione Giovanni Legnini, che ha provato a dare nuove norme per velocizzare la ricostruzione, applicando una revisione del prezzario e un aumento del contributo, ma nonostante questo ricostruire senza fondi personali è praticamente impossibile. E adesso speriamo nell’operato di Guido Castelli.

Di chi è la colpa di questa situazione, di zone rosse e mancati abbattimenti di progetti non presentati e stop dei cantieri? Dei tecnici? Delle persone che hanno perso la fiducia? Dei Comuni? Delle imprese? Dei consorzi? Forse tutti abbiamo una parte di responsabilità, ma le norme che hanno appesantito la burocrazia, applicando un sistema che sa più di ordinaria amministrazione che di situazione straordinaria ed emergenziale, sono state il male peggiore.

E ricordiamoci che la ricostruzione non è solo case e immobili. Dopo il terremoto il processo di spopolamento dei comuni dell’entroterra si è acutizzato, fatto prevedibile se non si interviene con misure shock che possano fermare o invertire la rotta. Non si può pensare di rianimare una persona in arresto cardiaco con una spugna di acqua fresca, delle carezze e parole dolci ma si deve intervenire con il defibrillatore per salvare la vita! Ecco, a noi servono uno o più salvavita. Chi in questi anni è rimasto nelle zone dell’entroterra terremotato è un eroe, come in molti hanno scritto e detto. L’altro giorno un personaggio noto della tv diceva, al fianco di un sindaco di un piccolo Comune, «siete degli eroi, non dovete andare via, rimanete in questi posti bellissimi!» ed una persona al mio fianco sottovoce commentava: «a te pare facile, che stasera te ne torni a casetta tua in città». Eroi sì ma senza un premio, anzi con sempre meno servizi. Meno sanità, meno trasporti, meno lavoro e così avanti. Per andare a fare una visita si devono fare 70 chilometri tra andata e ritorno, se va bene. Allora perché rimanere, o tornare, in questi comuni terremotati dove la ricostruzione è al palo? castelsantangelo-terremotoO si agisce velocemente sia sui servizi che sulle infrastrutture e sul livello economico o meglio diventare una riserva indiana dove i pochi abitanti diventeranno un’attrazione turistica e magari verranno anche pagati per comparire in trasmissioni come eroi. Da provocazione a realtà è un passo se non si agisce presto con piccoli e grandi segnali.

Tornando sui crediti del bonus 110%, il Governo deve intervenire o attraverso una “moral suasion” nei confronti delle banche o con un intervento diretto dello Stato attraverso Cassa depositi e prestiti. Inoltre è possibile avvicinare la sanità all’entroterra con ambulatori specialistici programmati e un sistema di telemedicina con l’infermiere di comunità che conosce la situazione delle persone e le aiuta nei collegamenti e nella trasmissione dei parametri; attivare un sistema di trasporto pubblico a chiamata oltre che rafforzare quello esistente; attivare incentivi per gli investimenti e nuovi modelli di lavoro innovativi dove lavoro e persone fanno matching a distanza, come nel progetto Obiettivo Remain che tra poco partirà a Cascia. Certo non è un territorio che fa gola alla politica per i pochi voti ma perché non sperimentare qui dei modelli che possono essere replicati in altre situazioni di crisi? Parliamo di un territorio di poche decine di migliaia di persone dove si potrebbe prevedere una “No tax area” completa, per almeno cinque anni, per chi ci vive o chi si trasferisce, una sorta di compensazione del fatto che per avere dei servizi mi devo spostare e anche come premio della scelta di rimanere, tornare o trasferirmi: una completa detassazione per chi investe e taglio del costo del lavoro per chi assume. Insomma delle iniezioni che possono far ripartire la voglia di stare e far crescere un territorio che merita per la sua genuinità e per la sua bellezza.

Bisogna adottare una nuova visione per il nostro territorio, immaginarlo come sarà tra 10, 15, 20 anni e per questo servono competenze e professionalità. Serve adottare una strategia economica, sociale e territoriale comune e non la somma di piccolissime strategie a livello comunale, serve un ruolo forte del Parco dei Sibillini che non sia impegnato solo sulla conservazione ma ruolo di coordinamento su di una visione di sviluppo sostenibile, serve una università che metta a disposizione tutte le sue migliori menti. Insomma serve una presenza più forte delle istituzioni nazionali e locali tutte insieme con il territorio in una struttura di coordinamento, per una nuova strategia per il nostro futuro. Con Next Appennino, programma per il rilancio economico e sociale delle regioni del Centro Italia colpite dai terremoti del 2009 e del 2016, finanziato dal Fondo complementare al Pnrr per le aree sisma, sono stati approvati molti progetti ma sembra che ognuno di coloro che ha ricevuto il finanziamento non sappia quello che fa l’altro, anzi si è innescato un sistema di concorrenza, e purtroppo questo non dà una spinta all’insieme del territorio. Nessuno me ne voglia ma se i finanziamenti di cui sopra arrivano alle “grandi città”, che ne hanno diritto perché all’interno dell’elenco dei comuni terremotati, come Macerata, Spoleto o Tolentino e non a piccoli comuni delle aree interne terremotate, forse dobbiamo rivedere la strategia. O lavoriamo per l’entroterra immaginando un territorio unico con le sue peculiarità oppure cominciamo a costruire i cancelli per la riserva indiana.

 

https://www.cronachemaceratesi.it/2023/08/22/sette-anni-dal-sisma-castelli-tira-le-somme-del-2023-erogati-611-milioni-per-la-ricostruzione/1781498/

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