Cinzia Maroni con Filippo La Porta
di Marco Ribechi
Antichi Forni affollatissimi per l’aperitivo dedicato a Rossini. Si potrebbe chiamare “il pubblico dei grandi eventi” quello che ha riempito nella mattinata lo spazio sottostante la Torre dell’Orologio per seguire l’appassionante appuntamento diretto da Cinzia Maroni che vedeva tre ospiti illustri: il giornalista e saggista Filippo La Porta, il regista dell’opera Daniele Menghini e il direttore Alessandro Bonato. Il Barbiere di Siviglia, ultima delle tre opere in programma nel Macerata Opera Festival, è andata in scena due giorni fa con l’anteprima giovani e le prime indiscrezioni parlano di uno spettacolo fantastico e ben realizzato. Forse proprio per questo così tante persone sono arrivate agli Antichi Forni per ascoltare la voce dei due giovanissimi professionisti. Tra il pubblico anche il direttore del Mof Paolo Pinamonti. Ad aprire l’incontro la voce del filosofo letterato con La Porta molto chiaro e puntuale nei suoi interventi: «Rossini era molto amato soprattutto dai filosofi e pensatori – spiega il giornalista – come Leopardi, Stendhal, Schopenhauer, persino Nietzsche che vi sentiva la vitalità del sud del mondo. Rossini in effetti può essere considerato la quintessenza dell’italianità, dell’arte del vivere che si limita a danzare sulle superfici senza voler entrare troppo in profondità».
Alessandro Bonato
In effetti il compositore di Pesaro è stato spesso tacciato di essere poco elevato. «Non bisogna far l’errore di confondere facilità con semplicità – spiega il direttore Bonato – Ci sono molti aspetti davvero difficili da rendere sia musicalmente che con la recitazione. Durante tutta l’opera utilizza sempre temi e personaggi in modo sovversivo, giocando sul travestimento. Ad esempio anche il canto sillabico, che vuole una nota per ogni sillaba, richiede un grande sforzo interpretativo e impegna molto riguardo la velocità di esecuzione. Noi abbiamo deciso di partire da ciò che è scritto quindi stasera si ascolterà una versione filologica del Barbiere quasi integrale e in alcuni punti leggermente più lenta del tradizionale poiché vogliamo far fede più alla scrittura che a come è stata interpretata nel tempo». Lo stesso vale per l’aspetto recitativo emerso dopo una lunga ricerca: «Sentivo il grande peso di cimentarmi con un classico che tutti conoscono – spiega Menghini – le due cose che mi hanno guidato sono il vitalismo dell’opera e la costante presenza del travestimento che, come è stato spiegato, avviene anche nella partitura. Quindi abbiamo deciso di portare l’azione nel tempio del travestitismo e Figaro è un servo vincente che ha compreso quali tasti toccare, una vera e propria star. L’allestimento è ipercontemporaneo».
Daniele Menghini
Le conclusioni di nuovo a La Porta: «Il Barbiere di Siviglia è l’autoritratto del popolo italiano dove risiede un po’ di Machiavelli con il rapporto calcolatore col potere, un po’ di Metastasio e quindi di sentimentalismo, e infine un po’ di Dulcamara che dice di avere la pozione risolutrice come fanno i nostri politici. Rossini come Leopardi si sporge dall’abisso per capire che oltre non c’è nulla. Questo nichilismo finale piaceva molto ai filosofi perché li sollevava dal dover pensare, dal dispotismo della logica. Quindi viva la profonda assenza di profondità di Rossini». L’aperitivo finale è stato offerto da Il Quartino e ha visto la presenza anche di Alberto Mazzoni, direttore IMT – Istituto Marchigiano di Tutela Vini. Domani sarà la volta della Bossa Nova per il concerto del mitico Toquinho con Massimo Donà che farà un viaggio nei ritmi brasiliani.
Alberto Mazzoni
Gabriela Lampa
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