Salvatore Patriarca e Cinzia Maroni
di Marco Ribechi
Il sesto Aperitivo Culturale chiude la saga di Tosca. Mentre la notte lo Sferisterio ha ospitato la quarta e ultima rappresentazione dedicata al dramma di Puccini agli Antichi Forni è stato analizzato l’aspetto scenico che trasuda dall’opera ambientata totalmente in contesti reali. La chiesa di Sant’Andrea, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo infatti fanno da contesto alle vicende di Tosca, Scarpia e Cavaradossi proiettando così in maniera geniale e assolutamente moderna anche la città tra i protagonisti degli avvenimenti. Ospite della mattina lo scrittore e giornalista Salvatore Patriarca che ha saputo cogliere alcuni aspetti della personalità dei personaggi paragonandoli anche ad alcune pellicole cinematografiche che hanno guardato alla Tosca nella loro realizzazione. «Per noi moderni l’idea che un luogo possa allo stesso tempo avere valore narrativo e reale è piuttosto scontata – spiega Patriarca – ma non era così all’inizio del Novecento. Puccini, utilizzando tutti luoghi reali e conosciuti, vuole mettere in scena anche una metafora del potere in quella Roma dominata dalla Chiesa, c’è una critica al potere secolare della Chiesa».
Salvatore Patriarca
La grandezza di Puccini quindi traspare anche dalla possibilità di interpretare il suo lavoro a più livelli: «La Tosca può essere analizzata da moltissime sfaccettature differenti – prosegue Patriarca – in cui finzione, sentimento e realtà si mescolano. Sono tutti animati dai sentimenti, non dalla razionalità. Persino Scarpia che dovrebbe essere un uomo di potere fa prevalere il suo lato emotivo, questo aspetto dimostra come la passione entri nel potere, aspetto che si lega alla città di Roma da sempre eterna e immutabile». Secondo l’ospite sono tre le linee che entrano in gioco nel primo atto: «Esiste un problema religioso legato al potere – prosegue Patriarca – poi c’è il tema relazionale sensibile, ovvero gli intrecci sentimentali tra i protagonisti. Infine il tentativo da parte di Scarpia di controllare ogni cosa attraverso la sua intelligenza malvagia che però fallirà inesorabilmente proprio all’apertura del secondo atto».
Il Barone appare come un uomo a metà che non riesce a soddisfare pienamente i suoi desideri. «Se avesse agito razionalmente avrebbe raggiunto i suoi intenti e lo stesso vale anche per Tosca – spiega Patriarca – invece entrambi, con le loro azioni scellerate dettate solo dalle passioni, vanno verso l’autodistruzione ma lo fanno in modo consapevole. Il messaggio politico contenuto nel contesto della Tosca durante la narrazione si perde totalmente, persino Cavaradossi che viene giustiziato in realtà non sembra preoccuparsi troppo della politica, di Roma, il suo dramma è tutto esistenziale poiché ama la vita. Puccini sembra quasi voler dire che nella città dei Papi nulla può essere cambiato, è l’impatto col reale che porta i protagonisti a sbagliare e poi morire». L’aperitivo finale è stato poi offerto da Nino Caffè di via Roma. Il prossimo incontro del 5 agosto approfondirà il tema Pagliacci – The Circus alla presenza del direttore Timothy Brock e del regista Alessandro Talevi.
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