Incendio Orim, mozione in Consiglio
I residenti puntano i piedi:
«L’azienda deve spostarsi»

MACERATA - Marco Bernabei, portavoce di 140 persone che vivono a Piediripa, attacca: «L'inquinamento adesso è certificato, anche quello delle falde. La ditta non può più lavorare lì». Con lui Deborah Pantana, che presenterà un documento per far sì che l'amministrazione vada in Regione a trattare la delocalizzazione

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L’incendio del 6 luglio alla Orim

 

di Federica Nardi

Una mozione in Consiglio comunale e il blocco dei residenti di Piediripa e San Claudio chiedono che la Orim, nella frazione di Macerata, non riapra. «Chiediamo che l’azienda non lavori più in quel sito», dice Marco Bernabei, che rappresenta per il momento 140 abitanti della zona interessata dall’incendio del 6 luglio. Della vicenda si è interessato anche il senatore Romagnoli, del Movimento 5 stelle, che ha chiesto udienza al ministro dell’Ambiente dopo i dati Arpam sulla falda sottostante all’azienda che hanno rivelato uno «stato di grave contaminazione». Scattato il divieto di captazione dai pozzi vicini alla ditta (quindi anche nel territorio di San Claudio, a Corridonia), la preoccupazione ora è per la salute. «Nella zona colpita quasi nessuno usa l’acquedotto e quasi tutti hanno il pozzo privato, che usano per bere, per lavarsi o per far bere gli animali. Che cosa devono fare queste persone se nel frattempo hanno bevuto l’acqua? Non è stata nemmeno portata un’autobotte precauzionale». 

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Marco Bernabei

Bernabei replica anche alle dichiarazioni del titolare della Orim, Alfredo Mancini, che ieri in un’assemblea pubblica con i dipendenti ha annunciato azioni legali contro Comune e Provincia per gli stop all’attività in seguito all’incendio. «Non è tollerabile – dice Bernabei – che quanto accaduto venga derubricato a situazione di poco conto. L’inquinamento adesso è certificato, anche quello delle falde. Le comunicazioni della proprietà ci lasciano perplessi. Si chiedono perché sono ancora chiusi? Forse non si sono accorti che c’è un’indagine in corso. Io mi chiedo perché erano ancora aperti, dopo altri sei episodi gravi negli ultimi anni, anche se non gravi come l’ultimo. Non possono essere giustificate le pressioni che si fanno al sindaco e alla Provincia, minacciando ricorsi al Tar.  La tutela del lavoro passa in primis dalla salute dei lavoratori e bisogna prima stabilire se quello è un ambiente sicuro. Mi aspetto, data la legge, che nei prossimi giorni quello sarà indicato come sito inquinato. Chi minimizza la situazione, lo invito a venirsi a bere due litri d’acqua dei pozzi circostanti.  Io – aggiunge Bernabei – lavoro a 100 metri da lì. Ho un negozio molto vicino allo stabile e stavo lì prima della Orim. Così come prima c’erano un supermercato e altre attività e la zona residenziale di San Claudio. Quindi finiamola con questa storia che la Orim era lì prima di tutti gli altri, non è così. E lì questo tipo di azienda non sarebbe dovuto nascere. In anni passati, a causa dei cattivi odori, è stato evacuato anche il centro commerciale. Il valore dei fabbricati circostanti, dopo l’incendio, è compromesso. Non è possibile che l’interesse di un singolo sorpassi quello di tutti gli altri. Nel rispetto dei lavoratori e dello stesso Mancini – conclude Bernabei -, chiediamo che si trovi nell’immediato una soluzione che porti a delocalizzare la Orim in un luogo idoneo, dove in caso di incidente non avvengano tutti questi danni». Insieme a Bernabei anche la consigliera comunale di Forza Italia Deborah Pantana, prima firmataria del provvedimento che andrà al voto lunedì in assise e che impegnerà l’amministrazione, se votato, ad andare in Regione per trattare lo spostamento della ditta. «Gli stessi lavoratori – dice Pantana -, non possono continuare a lavorare in quell’azienda. Delocalizzare serve a tutelare anche la salute dei dipendenti perché l’azienda, in uno stabilimento ex novo, dovrà munirsi di alcuni accorgimenti che oggi non ha. Si faccia un tavolo di lavoro e si aiutino la Orim e i suoi dipendenti ad andare da un’altra parte. Mi auguro che il sindaco voti questa mozione».

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Da sinistra Deborah Pantana e Marco Bernabei

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