Il quadrante in pietra ad ora italica indica le ore che passano dopo il tramonto: I (prima ora) II (seconda ora) e così via. L’orologio attualmente invece indica in queste posizioni l’una di notte, le due di notte ecc. sconvolgendo la misurazione rinascimentale
di Marco Ribechi
L’orologio planetario di piazza della Libertà di Macerata non segnerebbe l’ora corretta. O per lo meno non segnerebbe l’ora italica, come era consuetudine per le macchine orarie del XVI secolo. A sostenere la complessa tesi è Giammario Domizi, ingegnere appassionato e studioso di antichi orologi. «Nell’epoca moderna il nuovo giorno inizia alla mezzanotte (quindi alle 00.00). Per i nostri avi invece il giorno iniziava al tramonto del sole e terminava 24 ore dopo, al tramonto del giorno successivo – ricorda Domizi – Questo perché il tramonto era la fine della giornata lavorativa e segnava la chiusura delle porte della città. Sapere quindi quante ore mancavano al tramonto era essenziale per non correre il rischio di rimanere fuori». Per capire questa particolarità basta osservare il quadrante di pietra della Torre dei Tempi. Dove è indicato l’1, cioè la prima ora del nuovo giorno (“I” in numeri romani), sarebbe dovuto tramontare il sole. Il numero quindi indica la prima ora dopo il tramonto che approssimativamente coincide con le 18 moderne, variando a seconda della stagione. La macchina di piazza della Libertà in questa posizione segna, erroneamente secondo Domizi, l’una di notte, cioè la prima ora del nuovo giorno secondo il metodo di misurazione francese e non quello italico.
Il momento del tramonto secondo l’ora italica. Per gli antichi la giornata iniziava in questa fase, per questo nel disco di pietra è riportato il numero 1 (in romano I) cioè la prima ora dopo il tramonto, cioè l’inizio del nuovo giorno. Attualmente invece nell’orologio planetario esso indica il passaggio tra la mezzanotte e l’una.
Questa è la posizione della mezzanotte, la lancetta deve puntare verso il basso per indicare che il sole si trova dall’altra parte della Terra
Ma perchè l’uno è indicato in posizione orizzontale e non come negli orologi a ora francese in posizione verticale? «Gli orologi di allora si accompagnavano con le meridiane – continua Domizi – che segnavano l’ora grazie al sole con l’ombra dello gnomone (chiodo). Negli orologi ad ora italica la lancetta seguiva ed indicava il sole durante l’arco della giornata. Ciò è evidente dall’immagine del sole sulla sua punta. Ne deriva che quando il sole era a mezzogiorno la lancetta doveva essere in posizione verticale e a mezzanotte doveva puntare verso il basso ad indicare che il sole è dall’altra parte della Terra. Nell’orologio della torre di Macerata invece a mezzogiorno la lancetta è praticamente in posizione orizzontale (nell’immagine indicata col numero 12), sconvolgendo l’antica misurazione del tempo in quanto in quella posizione veniva indicata l’alba». Il concetto lo ritroviamo espresso anche nel foglio distribuito dal comune “La torre dei tempi” nell’articolo “Gli automi della processione” a firma di Pasquale di Giuseppe. Un primo semplice intervento per indicare correttamente l’ora italica può consistere quindi nello spostare la lancetta sei ore avanti in maniera tale da far coincidere la sua posizione con le tre fasi fondamentali della giornata rinascimentale: l’alba (in posizione orizzontale, alle 21 circa dei moderni orologi), il mezzodì (in posizione verticale alle 12 dei moderni orologi) e il tramonto (in posizione orizzontale alle 15 dei moderni orologi). Certo il quadrante risulterebbe di più difficile lettura ma anche facilmente interpretabile grazie all’altro orologio, a ora francese, presente sulla torre.
La posizione della lancetta al momento del sorgere del sole (alba) in un orologio a ora italica: in questo modo la punta può seguire il movimento del sole durante l’arco della giornata. L’orologio planetario in questa posizione segna invece il mezzogiorno (12)
Esiste però una seconda complicazione: seguendo l’andamento del sole nelle stagioni, anche la durata delle ore di luce e di buio varia. In inverno il buio arriva a durare circa 15 ore, mentre in estate si riduce a circa 8. Questo è un ulteriore elemento di complessità per la realizzazione di un orologio ad ora italica. «Nei tempi antichi c’era una persona, “il temperatore”, che regolava manualmente l’orologio sincronizzandolo quasi quotidianamente con il tramonto. Per avere un orologio ad ora italica bisogna tenere in considerazione anche questa variazione ad esempio utilizzando un meccanismo che sostituisca il temperatore. Dichiarare di possedere un orologio ad ora italica e vederlo funzionare ad ora francese non è il miglior biglietto da visita agli occhi di un esperto». Ma quali sarebbero i vantaggi di vederlo funzionare ad ora italica? «La sua sistemazione – secondo Domizi – potrebbe essere veramente un mezzo per vivacizzare il centro storico, enfatizzando la nostra medievalità, mostrando come veniva regolata la vita una volta e come viene regolata oggi, con due orologi nella stessa torre. Macerata potrebbe proporsi come luogo di studio e di convegni per amanti della gnomonica e dell’astronomia e come punto di aggregazione per quelle città, e sono tante, che posseggono orologi ad ora italica. Altre iniziative legate all’orologio potrebbero essere l’apertura nei locali di fianco alla torre di un’aula didattica dedicata alla storia delle ore dai tempi antichi sino ad oggi e la sua correlazione con il moto della Terra attorno al sole e degli astri». Una volta regolato correttamente l’orologio, dove nel quadrante indica l’uno, tornerebbe a segnare la prima ora dopo il tramonto, quindi la fine della giornata lavorativa che in maniera ironica corrisponde anche all’orario dell’aperitivo italico.
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Caro ingegnere, se non parla di segni zodiacali, ossia di mesi, non le dà retta nessuno!
Purtroppo è solo un articolo e non un trattato sugli orologi astronomici e tutto non si riesce a dire in poche parole. Questo vuole solo essere un modo per iniziare una trattazione. Poi indovinare quali sono gli argomenti più interessanti da parlarne prima non è facile. Colgo il suo suggerimento, Grazie
Complimenti all’ingegner Domizi. Un articolo veramente interessante con spunti sociali, culturali o solamente di semplice curiosità sicuramente da sviluppare.
Solo un contributo alla chiarezza ed alla rispettabilità di questa nostra città
Ringrazio per le manifestazioni di “Mi piace” ma purtroppo né l’amministrazione comunale né Museo Galilei ha mai risposto alle mie richieste di chiarimenti. I primi ad esserne stati gabbati sono proprio loro e non capiscono che il silenzio gioca a loro sfavore
o non sono aggiornati o sono sommersi dal lavoro
Un bel risultato!!! Bravo Giammario!!
Per l’ing. Domizi. La mia era soltanto una battuta volta a denunciare l’ondata di irrazionalismo (come diceva Freud) e di pressappochismo da cui siamo sommersi.
Iacobini, non me la sono mica presa, e la risposta non era affatto sarcastica, quindi non era necessaria nessuna precisazione di cui comunque ringrazio. Il difficile è sempre scoprire l’elemento che più può interessare la gente, invece è verissimo ciò che dici (ti do del TU perchè penso non sia necessario alcun formalismo): siamo sommersi da pressappochismo e questo ne è un chiaro esempio. Il fatto che a precisa domanda né l’amministrazione comunale né soprattutto museo Galilei risponda la dice lunga.
Per l’ing. Domizi. La gente va dalle cartomanti perché la scienza non riesce ad avvicinarsi alla gente.
Una ulteriore novita! sono mancato alcuni giorni ed oggi ho notato che anche il cartello piccolo che illustrava il funxzionamento dell’orologio (quello che aveva sostituito quello grande tolto alla rimozione del cantiere per lo spostamento della lapide) non c’è più. Come mai? Un ulteriore segno dell’imbarazzo che creava?
Appurato che l’orologio batte l’ora maceratese o caranciniana provvederò a creare una tabella di trascodifica da ora caranciniana ad ora italica in modo che chi lo vede possa apportare le dovute correzioni. Esempio: lancetta sulle ore XI ; ora caranciniana= mezzogiorno, ora italica = un’ora prima dell’alba ecc.
Grande Giammario ce l’hai fatta!
Grazie Francé ma è solo l’inizio. Comunque, spero, chi ben comincia ….
Per fortuna che hanno lasciato l’orologio in cima alla torre, così posso facilmente sapere che ora è.
Sarò ignorante in materia ma con il nuovo orologio, con lancetta nera su fondo nero, mi rimane difficile decifrare l’ora e quindi do un’occhiata al vecchio caro orologio.
Comunque complimenti all’ing. Giammario Domizi per l’articolo
Domizi, meno male che non c’è più il cardinale Roberto Bellarmino, se non rischieresti di essere processato come Galileo Galilei!
Domizi, meno male che non c’è più il cardinale Roberto Bellarmino, altrimenti rischieresti di essere processato come Galileo Galilei!
Caro Giammario Domizi,
cominciamo un altro quindicennio di articoli e petizioni per correggere l’impostazione dell’orario rinascimentale, come sapientemente da lei rilevato. Con l’occasione riusciremo, forse, a sostituire l’orrendo quadrante blu notte con uno azzurro come nei disegni progettuali; ed anche una lancetta dorata, come la doratura dei segni zodiacali.
Se nulla accadrà allo scadere del mandato bis di Carancini, ci sono buone probabilità che ci si riesca allo scadere del primo quinquennio del suo successore (o della sua successora).
Iacobini, si, sono fortunato che l’inquisizione non ci sia più (ma è poi vero o debbo preoccuparmi?)
L’orologio di plastica, che tanti sguardi cattura, nemmeno è bene copiato da quelli rinascimentali?
Annamo bene!
Parbleu!
Per Domizi. Non ti preoccupare, ora i vertici sono presi dalla ‘pericolosa’ IMU sugli edifici scolastici.
Che Macerata fosse stata gabbata sin dall’inizio da Firenze (ma spesso anche da Roma) è ormai una cosa evidente a tutti (gli oltre ottocentomila euro spesi parlano da soli). Lo straordinario è che questo avveniva anche nel passato quando i nostri vecchi mercanti (del XIII e XIV sec.), avevano imparato a loro spese che ogni volta che dovevano concludere affari con i toscani (senesi, piasani e fiorentini), dovevano farsi accompagnare da esperti notai. Di tutto ciò si ha testimonianza nelle lagnanze scritte dagli stessi toscani.
Iommi, ma se è così, allora non si finisce mai di imparare. Cioè, ci ricaschiamo nonostante tutto? Ma forse i nostri odierni non erano assistiti da abili giuristi e notai. In questo caso oltre che dai toscani, anche dai lombardi mantovani. Che figuraccia
@Domizi, i Lombardi no! Di solito sono sempre stati corretti con noi maceratesi perché sapevano che non li potevamo fregare. Anche se lo Sforza, duca di Milano ma nato nei pressi di Firenze, ci ha provato e per un breve periodo ci è anche riuscito. Un po’ come Renzi.
Iommi, in realtà mi riferivo al fabbro (mantovano) che ha realizzato la macchina oraria. I F.lli Ranieri erano prima di tutto matematici ed astronomi (altrimenti non sarebbero stati in grado di realizzare la parte astronomica) poi anche orologiai. Se vuoi c’è un bel documento sul restauro della torre dei Mori di Venezia che fa capire bene come lavoravano allora i bravi orologiai. Non mi riferivo quindi ai lombardi in generale.
@Domizi, il vecchio mantovano Gorla -ex fabbro- è (come noi cittadini) solo uno scudo umano -anche se consenziente- di questa Opera fiorentina che in questi giorni di canicola sta facendo i trattamenti protettivi delle vetro-resine.
Concordo
@ Silvano Iommi
Stanno facendo dei trattamenti protettivi alle parti palsticate per il gran caldo?
Cioè nemmeno una stagione, che le plastiche e le vetroresine sono su, e che già si devono spendere soldi per proteggerle??
Quindi se a dicembre/gennaio ci sarà freddo e neve avremmo (presumibilmente) altri trattamenti per difendere il megaswatch dal freddo?
Ojesumariagiuseppe…..
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Proposta: ma perchè non facciamo un bel contratto pubblicitario con la http://www.swatch.com/it_it/ , cosicchè loro appongono il loro logo sull’orologio (pensa che pubblicità: il più grande orologio di palstica del mondo!!!!) e noi non ci buttiamo sopra altri denari???
In effetti ieri notte alcune parti, già trattate con una prima mano di protettivo anti raggi solari Uv, riflettevano la luce dei fari. Si può immaginare che dopo la seconda mano le superfici plastiche brilleranno come specchi, annullando l’effetto “pietra invecchiata”.
soldi sprecati
jessica i soldi non erano pubblici per la triliardesima volta! quindi nessuno ha sprecato niente. mettetevelo in testa una buona volta.
Ma cosa cambia Eva Ionni? Pubblici o no si potevano usare x qualcosa di più utile (aiutare chi ha bisogno, aggiustare le strade,…). Sempre soldi erano. E pure tanti!!!
dovevano essere destinati all’arte
grande francy
Cioè, in pratica hanno buttato più di 700 mila euro per una copia, attenzione non é un restauro ma una copia e per di più anche sbagliata?
Penso che chi ancora difende l’ indifendibile o é in malafede o é talmente ignorante da non saper sviluppare un opinione corretta degli avvenimenti che lo circondano.
Il comune ha speso ochissimo, il resto sono sponsor. La malafede è vostra ed io non sono ignorante!
Il concorso a premi INDOVINA CHE ORA E’ ” sembra sia terminato.
Infatti, so non mi sbaglio, fra una passata e l’altra di crema solare la lancetta delle ore è stata dipinta color oro.
Che or’è? che or’è? E’ una cosa che tt’accora.
Nun le sentite, sposa, le campane?
Lo sapete che or’è, sora siggnora?
E’ l’ora che le donne sò pputtane.
E’l’ora istessa de jeri a quest’ora,
E che ssarà ppe morte sittimane.
Nun ve state a ppenà, sposa: è abbonora,
Perché butteno ancora le funtane.
E’ l’ora de nun rompe li cojoni:
E’ ppropio l’ora de damme de barba:
E’ l’ora ch’io mminestro cazzottoni.
E’ l’ora, sposa mia, che ssi ve garba
Cascheno li crepuscoli a mijoni
Da mo inzinenta a lo schioppà dell’arba.