Alfonso Valori
di Alfonso Valori*
La riforma della seconda parte della Costituzione è stata promossa da tutte le forze politiche storiche presenti, tutti i presidenti della Repubblica e quindici governi. Tutti i progetti di riforma prevedevano la fine del bicameralismo perfetto ed il rafforzamento del potere governativo (cosa ovvia e necessaria in un Paese notoriamente di difficilissima governabilità). In particolare, il progetto D’Alema riscriveva di sana pianta la seconda parte della Carta, prevedendo un progetto semi-presidenzialista con elezione diretta del Capo dello Stato ed assieme la fiducia della sola Camera dei Deputati. Il procedimento legislativo era analogo a quello proposto oggi, con l’approvazione da parte della sola Camera dei Deputati ed un mero potere di richiamo da parte del Senato. Il numero dei parlamentari, veniva ridotto a circa 700 deputati. Il progetto Berlusconi era del tutto analogo per ciò che riguarda la ripartizione dei ruoli tra le Camere, sia nel procedimento legislativo (competenza della Camera, con alcune materie riservate al Senato, sia nel conferimento della fiducia (solo da parte della Camera). Venivano rafforzati i poteri del primo ministro. Rispetto a questi progetti, quello attuale, pur inserendosi pienamente nel solco tracciato dai precedenti, appare in definitiva più equilibrato e completo, assicura una maggiore riduzione dei parlamentari e semplificazione del procedimento legislativo, oltre ad offrire ulteriori istituti di garanzia non previsti prima. E sul referendum che andremo ad affrontare, che è il cosiddetto referendum confermativo, bisogna sottolineare che in questo caso la volontà di effettuarlo è stata avanzata non dagli oppositori ma promossa dallo stesso Governo, credo sia un elemento di cui tenere conto. Dal punto di vista tecnico-giuridico si può dire che la riforma costituzionale che verrà sottoposta al voto degli italiani sia perfetta? O, dal punto di vista politico, che essa risolverà tutti i problemi politici della Repubblica? La risposta non può che essere negativa in entrambi i casi: non è perfetta e non risolverà tutti i nostri problemi politici. Poteva essere evitato il potere di richiamo del Senato sulle leggi della Camera, ad esempio, che costituisce un fattore di rallentamento? Si, ma in tal caso, oltre a mancare un fattore comunque equilibrante nella dialettica tra le Camere, si sarebbero alzati gli alti lai dei difensori della “Costituzione più bella del mondo” (altra panzana che andrebbe sfatata) e le lamentazioni degli autonominati “tribuni del popolo” per il vulnus alla democrazia.
Sono, a mio avviso, del tutto in malafede le lamentele di quei politici i quali denunziano “difetti” i quali in realtà sono proprio il frutto delle estenuanti mediazioni e contrattazioni cui hanno costretto (giustamente, nella dialettica parlamentare) la maggioranza di governo. Vi è, tra i sostenitori del no, addirittura chi denunzia che la riforma è un inganno perché non “abolirebbe” il Senato, giungendo ad un vero monocameralismo. Potrei giurare che, nel caso in cui il Senato fosse stato realmente abolito, si sarebbe invece denunziato l’”attacco alla democrazia elettiva”. Così, non è bellissima la democrazia rappresentativa di secondo grado che prevede l’elezione dei senatori da parte dei Consigli Regionali (ma nel rispetto del voto popolare che ha eletto questi ultimi), però trasferire l’elettorato attivo ai cittadini avrebbe significato restituire al Senato, tramite l’investitura popolare diretta, quel peso politico che invece viene riservato alla Camera (come tutti i progetti sino ad ora presentati hanno contemplato). Analogamente, non è garantito che il nuovo sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni eviti contenziosi, anzi, direi il contrario. Ma comunque rimane largamente migliorativo del precedente, rimediando da un lato a moltissime sovrapposizioni e dall’altro operando una parziale centralizzazione, necessaria ai fini della governabilità politica ed economica della Nazione, secondo me nel rispetto del ruolo delle Regioni (rispetto persino eccessivo, a parere di chi scrive, che vede nelle Regioni e nei centri di spesa regionali uno dei veri tumori del nostro sistema statuale). Si devono poi tenere nel debito conto tutte quelle nuove garanzie democratiche introdotte e sopra elencate che non possono non essere riconosciute come migliorative da tutti. Quindi riforma imperfetta, certo, ma di gran lunga migliorativa dell’esistente.
E, d’altra parte, quali alternative? E’ pensabile che nel caso di bocciatura del presente progetto verranno nei prossimi lustri presentati altri progetti di riforma costituzionale con serie possibilità di riuscita? Molto probabilmente si tratterebbe della definitiva sepoltura di un percorso di semplificazione ed efficienza democratica per almeno venti anni. E quindi si ricadrebbe nelle medesime difficoltà di oggi: l’esistenza di un bicameralismo paritario non è negativa solo per l’aggravio costituito dalla “navetta” tra le due Camere, ma anche e soprattutto perché crea confusione politica. Due Camere eguali ma elette da corpi elettorali diversi e con leggi elettorali diverse danno luogo a maggioranze diverse nel peso e spesso nella composizione (nei due terzi delle elezioni dal 1994 ad oggi le maggioranze scaturite dalle elezioni delle due Camere hanno dato risultati diversi), ottenendo due gravissimi effetti negativi: in primo luogo, svuotamento del voto popolare che anziché essere posto in grado di determinare chi governerà, viene “mediato” e piegato da forze politiche spesso minuscole (o addirittura da pochi parlamentari, vedi governo Prodi), in secondo luogo, sottoposizione a continua, estenuante mediazione e potere di ricatto da parte delle medesime, con conseguente enorme complicazione dell’attività di governo.
Per concludere, evitando accenti divisivi, chi vi parla ha la netta impressione che chi invita a votare no (a parte chi è evidentemente in malafede per propri evidenti interessi politici e personali come D’Alema o Berlusconi) lo faccia per intenti di indifferenziata protesta, senza alcun vero interesse ai temi ed agli scopi della riforma, ma solo con fini anti-sistema ed in fin dei conti anch’essi politici e non di merito. Non che il governo Renzi sia alieno da tali interessi. Ma rimane il fatto che, a modesto avviso di chi vi parla – che da oltre vent’anni non è iscritto ad alcun partito o movimento politico, essendo profondamente deluso da tutti – dal punto di vista oggettivo la riforma merita di essere approvata nella sua imperfezione, perché costituisce comunque un grande tentativo di migliorare la democrazia e la governabilità del nostro Paese. Della governabilità si è già detto, quanto alla democrazia credo che la riforma consegua il risultato di consegnare con maggior chiarezza al mandato del voto popolare, fuori dalle mediazioni partitiche, il governo della Nazione e già questo da solo significherebbe da un lato valorizzare la democrazia ed i contenuti di questa, esplicati nella prima parte della Costituzione. Occorrerebbe poi fare qualche considerazione politica, come la presumibile crisi politica e lo stallo cui condurrebbe la prevalenza del no, la conseguente perdita di influenza in Europa, le conseguenze economiche e così via ma me ne astengo, in quanto, pur essendo questioni importantissime, non debbono essere dirimenti in un giudizio di merito sulla riforma costituzionale. Quindi, cari cittadini, a mio avviso non può esservi alcuna soluzione razionale differente dal votare sì.
*Alfonso Valori, avvocato del Foro di Macerata
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Ma quando mi dicesti
non ancora dai
aspetta ancora un po’ ti prego
io pensai
a questo punto Rosa
avrebbe detto Sì,
tra gemiti e lamenti
avrebbe detto Sì.
(da Diglielo tu Maria di Piero Marras)
Sono perfettamente d’accordo su tutta la linea con l’avvocato.
Ha con lucidita’ sottolineato tutte le problematiche al di fuori di posizioni di parte precostituite.
Il primo della classe
sale in cattedra
Dicesti mi fa male
dissi logico
Volevo pure dirti
poi ti piacerà
ma questo per fortuna
te lo risparmiai.
(da Diglielo tu Maria di Piero Marras)
Egregio avvocato è proprio nel merito che non si può essere d’ accordo.
Il voto confermativo se la riforma non passa, come non è passata, con una maggioranza qualificata è previsto dalla costituzione vigente, se lo chiedono un certo numero di parlamentari e più o meno lo hanno fatto tutti.
Sugli aspetti di deformità tecnica che vanno a incidere nel merito le consiglio un articolo pubblicato sulla rivista “osservatorio sulle fonti” a firma di De Siervo, presidente emerito della corte costituzionale. Leggerà che la clausola di supremazia appare uno strumento che da carta bianca al governo su qualsivoglia materia e che i procedimenti di approvazione delle leggi diventeranno 7 o 8, mentre ora ne esiste 1. Per non parlare del famoso articolo 70, in cui alla fine si dice che se su una data legge camera e senato non raggiungono un accordo, saranno i presidenti delle stesse a doverlo fare ( mi viene da pensare: e come? Magari al bar alla bouvette?). Detto solo questo mi pare che le cose si complichino invece di semplificarsi. Inoltre il senato non sarà un senato delle regioni, perché i senatori saranno chiamati a votare su proposte di legge già approvate dalla camera che presumibilmente nulla hanno a che vedere con i territori. Inoltre mi pare, sempre nel merito, che sia grave che i senatori non siano più votati dai cittadini, ma indicati dalle regioni con modalità,peraltro, non ancora definite. Insomma una serie di norme in bianco che il governo di turno scriverà a proprio piacimento. In calce l’ articolo sullodato.
http://www.osservatoriosullefonti.it/component/docman/doc_download/994-osf12016-de-siervo
Da oltre vent’anni deluso da tutti e si fida di Renzi e della sua incredibile proposta di cambiare la Costituzione con un pastrocchio inestricabile, incomprensibile e del tutto inutile.Troppi ne siete in malafede. Non si escluda avvocato.
Scusi avvocato Valori, lei che è un professionista serio e stimato, mi potrebbe spiegare l’art. 70 della riforma Boschi che, finora, nessuno, tra i tanti interpellati, è riuscito a semplificarmi?
Si è ormai diffusa ai quattro venti la notizia dell’interesse apertissimo del gruppo finanziario Jp Morgan per la riforma della Costituzione.
Già nel 2013, il gruppo finanziario l’aveva esplicitato: ci vogliono «riforme» delle Costituzioni in Europa, giacché ad oggi esse sono troppo socialiste (diritti dei lavoratori, welfare state, ecc.) e, di più, costituiscono un «ostacolo» per l’economia di mercato del capitalismo assoluto. Occorre rottamarle o, appunto, «riformarle».
La notizia s’è diffusa: e ora tutti sanno che la Riforma propugnata dal duciuccio vede quest’ultimo come servo e maggiordomo dell’interesse delle grandi banche internazionali.(Diego Fusaro)
Il duciuccio sarà sicuramente ben ricompensato senza considerare che a fine carriera, se si è comportato da bravo ragazzo con quella faccia da …( prego di scusarmi, la rima non era voluta )prenderà il posto di Blair che già lavora per 1200 sterline al mese,ah mi sto sbagliando, si parla di qualche milione all’anno, beh chiedo venia, comunque già suo amico e commensale a cene dove si parla di Fiorentina e di cavalli.
Il renzismo è tutto qui, in questa frase del sindaco di Firenze, tale Dario Nardella, che invece di assumersi la responsabilità dello sprofondamento del Lungarno, ha aggredito chi osava criticarlo: “Se ci fossero state vittime qualcuno avrebbe gioito”, ha detto. Che frase è? Non ci sono state vittime e nessuno ha gioito: come si fa a fare politica sul nulla, su ipotesi non solo indimostrabili ma già negate dai fatti?
“Se Pirro non fosse caduto ad Argo per mano di una vecchiaccia, o Giulio Cesare non fosse stato ucciso a coltellate”, pensa Stephen nell’Ulisse di Joyce; ma alla fine si arrende alla preminenza della storia, della realtà: “Cose che non si possono abolire con il pensiero. Il tempo le ha segnate con suo marchio, e in ceppi dimorano nel luogo delle infinite possibilità che esse hanno estromesso”. Ma non nel tempo del liberismo: per il quale gossip, sondaggi, promesse, apparenze, possibilità e supposizioni hanno lo stesso valore della realtà e della storia, anzi di più perché ai media e al loro pubblico interessa la virtualità, mica la verità. Infatti i giornali si sono affrettati a citare Nardella come se avesse detto qualcosa di concreto. “Tessi, tessitore del vento” conclude Stephen.
(fonte https://www.facebook.com/frerspamer/posts/947717445344812)
Una frase gemella di quella di Dario Nardella è ad esempio la seguente, dell’avvocato Alfonso Valori:
«Potrei giurare che, nel caso in cui il Senato fosse stato realmente abolito, si sarebbe invece denunziato l’”attacco alla democrazia elettiva”.»
Non capisco per quale motivo “Cronache Maceratesi” pubblichi un intervento a favore del Sì scritto da un qualunque avvocato, per di più pieno di inesattezze anche gravi e che taccia i fautori del No di essere portatori di un'”indifferenziata protesta” (ma non è stato Renzi, negli ultimi giorni, a cavalcare il malcontento degli elettori dicendo che il No è un voto “per la casta”?).
Sono sicuro che D’Alema potrebbe rispondere a tono ad Alfonso Valori sui meriti della sua proposta di riforma: in questa sede basterà ricordare che, all’epoca, non c’era alcuna legge elettorale truffa come l’Italicum, che permettesse a un partito con anche solo il 25 o il 30 per cento dei voti di arraffare addirittura il 54 per cento dei seggi alla Camera.
Questa riforma non semplifica un bel niente: sostituisce al bicameralismo perfetto un bicameralismo incasinato o confuso, che sarà fonte di innumerevoli conflitti di potere, da risolvere davanti alla Corte Costituzionale. Soprattutto se il diavolo non dovesse fare anche le pentole e il PD dovesse perdere le elezioni anche con l’Italicum: continuando a controllare il Senato (e lo controllerà per un bel pezzo, visto che il PD e i suoi fiancheggiatori governano in 17 regioni su 20 e l’approvazione della nuova legge elettorale per il senato potrebbe essere rinviata sine die), se proprio il PD dovesse perdere le elezioni della Camera nonostante l’Italicum, potrebbe impedire a un suo rivale di governare.
Nel 2006 il centrosinistra si oppose alla riforma Berlusconi: all’epoca l’argomento “o questo o niente” non valeva? Almeno Berlusconi manteneva il Senato elettivo e faceva eleggere il presidente del consiglio dai cittadini, non trasformava arbitrariamente una minoranza in maggioranza!
Il senato si occupera’ di pochissimo: costituzione, presidente. Non avra’ poteri legislativi per cui il pd o chi per lui non controllera’ un bel niente. Valori ha scritto un intervento lucidissimo
Sono d’accordo con Valori quando scrive che il voto per il NO esprimerà per lo più, attese le posizioni di chi lo sta propagandando, una “indifferenziata protesta” verso il governo e verso Renzi in prima persona, più che una scelta ponderata contro le modifiche costituzionali in se e per se.
A distanza di dieci anni esatti, c’è esattamente lo stesso scenario che si concretizzò in occasione del referendum costituzionale sulle modifiche alla Costituzione approvate durante la legislatura 2001-2006 dall’allora maggioranza di centrodestra, guidata da Berlusconi. Il referendum confermativo del giugno 2006, nel quale le modifiche costituzionali furono respinte 61 contro 38, con una bassissima affluenza alle urne del 52%, fu un referendum su Berlusconi (che due mesi prima, ad aprile, aveva fra l’altro anche perso le elezioni politiche contro Prodi), e non tanto sulle modifiche costituzionali.
A questo referendum io voterò SI, come SI votai dieci anni fa in occasione di quel referendum. Non concordo con Valori quando scrive che la proposta di modifica costituzionale di dieci anni fa fosse meno equilibrata di quella di ora. La proposta di modifica di ora, come quella di allora, come la Costituzione stessa, cosiddetta (e pensa un po’ …) “più bella del mondo …”, altro non sono, come spesso i testi delle Costituzioni, che compromessi fra visioni diverse che i vari soggetti politici hanno. Della proposta portata al referendum nel 2006 l’aspetto saliente era per me la definizione dei poteri del Presidente del Consiglio come figura “forte” sulla quale veniva fatto convergere il potere di indirizzo politico. Gli elettori eleggevano un capo di governo e costui poteva, al bisogno, se constatava lo sfarinarsi della maggioranza parlamentare che lo appoggiava, determinare con le sue dimissioni anche lo scioglimento delle Camere, restituendo la parola al corpo elettorale, o popolo che si preferisca dire.
In questa proposta che adesso si porta al referendum confermativo, così purtroppo non è, perché evidentemente sarebbe stata materia così controversa che Renzi, non potendo contare, nemmeno lui, su una maggioranza compatta, ha preferito provare a ottenere lo stesso scopo di attribuire al capo dell’esecutivo un potere forte, passando attraverso la strada degli effetti combinati disposti di attribuire a una sola delle due camere, la Camera appunto, il potere di dare la fiducia al governo, e di proporre una legge elettorale, l’Italicum, che consenta alla lista che vince il ballottaggio, e a essa sola senza apparentarsi con altre, di poter contare su una tranquilla maggioranza di seggi nella stessa Camera dei Deputati.
Comunque, la proposta di modifica che domenica andrà al referendum, avendo certo la caratteristica che ognuno di noi potrebbe dire che non è quella che avremmo scritto se l’avessimo potuta scrivere da soli, definisce un equilibrio dei poteri che è certo migliore dell’assemblearismo configurato dalla costituzione attuale, che per settant’anni ci ha fatto vedere che la stabilità delle maggioranze e dei governi non erano mai garantiti dal sistema, ma derivavano solo da particolari entusiasmi o contingenze del momento (per esempio l’emergere di figure politicamente carismatiche come De Gasperi o Craxi o Berlusconi o Prodi in abbinamento con particolari momenti di passaggio storici, come il dopoguerra, o la crisi della cosiddetta Prima Repubblica o i primi anni della attuale, altrettanto cosiddetta, Seconda Repubblica), sempre sovvertibili da giochi di palazzo e cambi di casacca di capetti di questo o quel partito o partitino.
Chissà se, vittoria del SI o del NO, verrà modificato l’Italicum e se quindi comunque cadrà l’altro piede su cui poggia il progetto di rafforzamento di esecutivo e maggioranza.
Intanto comunque domenica io voterò SI, individuando un altro motivo per votare SI nel fatto che, se passasse la riforma, sarebbe un segnale chiaro della fine della intoccabilità della, sempre cosiddetta, “Costituzione più bella del mondo”, finora modificata solo per parti non fondamentali, come ad esempio la riforma del Titolo V in materia di ordinamento degli enti territoriali fatta dalla sinistra nel 2001 (puerilmente per togliere alla Lega la bandiera del regionalismo), o con la vera e propria imbecillità codificata dell’inserimento, sotto dettatura della, sempre cosiddetta, “Europa”, del pareggio di bilancio in Costituzione.
Da elettore di destra come sono, sorrido pensando al simpaticissimo Berlusconi, che ora si sbraccia per il NO a una riforma che ripropone, pressappoco, le linee della sua riforma del 2001, e si agita perché sia modificato l’Italicum, dopo aver dato disposizioni alle sue truppe di votare SI a questa riforma per due o tre dei passaggi che essa ha avuto alle Camere, salvo poi dare il “Contrordine compagni!”, imponendo di votare NO, quando Renzi, per accontentare la sinistra, interna al suo partito e esterna, ha fatto eleggere come Presidente Mattarella, tirandolo fuori dal sarcofago nel quale riposava tranquillo oramai da anni.
Effettivamente per osteggiare il Renzi da “destra” ci vuole una fantasia che riescono ad eguagliare solo coloro che lo appoggiano da “sinistra”.
@Carlo Valentini ha scritto una cosa sbagliata in punto di fatto.
Il Senato resta titolare del potere legislativo insieme alla Camera.
Non vota più la fiducia, ma resta titolare del potere legislativo.
In questo modo potrà mettere una bella zeppa a un eventuale governo non PD nel caso in cui il PD non dovesse vincere le elezioni della Camera, neanche con quella legge elettorale truffa che è l’Italicum.