Il summit di Ance
di Alberto Bignami (foto di Giusy Marinelli)
Aumento dei prezzi, caro gasolio, difficile reperibilità delle materie prime e guerra. Ecco che si arriva al blocco dei cantieri. La prima regione d’Italia sono proprio le Marche che, «ad oggi, di cantieri fermi ne contano 150-200» ha detto il presidente Ance Marche, Stefano Violoni, durante un incontro al quale hanno preso parte anche i provinciali Fabio Fiori, Massimo Ubaldi, Massimiliano Celi, Carlo Resparambia e Rodolfo Brandi.
Stefano Violoni
«La settimana scorsa – prosegue Violoni – abbiamo deciso insieme a tutti gli altri presidenti territoriali, di avviare questo blocco cantieri che viene da un mese di continue grida d’allarme in merito al nostro settore che, vuoi per il caro materiali, vuoi per il caro energia – spiega -, sta soffrendo e soffre particolarmente anche con tutta questa mole di lavoro e di reperibilità di materiali, che vede pure l’assottigliarsi degli utili. Anzi – sottolinea -, questi sono proprio scomparsi, tanto che stiamo lavorando in deficit». Ad oggi, dunque si registrano circa 200 cantieri fermi nelle Marche, ma il numero è destinato «ad aumentare nei prossimi giorni, viste tutte le problematiche che tutti conosciamo. A breve – chiosa – non rivedremo più le nostre aziende». Ovviamente il numero maggiore di cantieri fermi si trova in provincia di Macerata dove c’è in corso la partita della ricostruzione. «Lì registriamo dei problemi ancor più gravi – commenta Violoni – perché abbiamo dei prezziari obsoleti, che risalgono al 2016 e revisionati nel 2018. Aspettiamo da un anno la revisione prezzi che il commissario Giovanni Legnini ci aveva garantito». Il futuro per i prossimi giorni sembra essere ancor più nero. Il presidente Ance dice infatti che «ho letto per la prima volta che c’è il 30% di numero delle imprese che rischia di chiudere da qui a poco».
Carlo Resparambia
La guerra in Ucraina, nella sua già tragicità, incide poi «negativamente perché oltre all’aumentare dei costi – analizza – ci dà una carenza di materiale che sono quelli che ci occorrono per portare avanti tutti quanti gli interventi: sia sisma, che bonus, con tutte le relative scadenze ormai alle porte. Auspichiamo dunque che il Governo avvii delle decisioni in merito, prorogando le scadenze». Inutile affrontare anche il tema del Pnrr. La guerra infatti incide sulla reperibilità dei materiali che provengono da Russia e Ucraina, consistenti in ferro, alluminio ed altro. Lo spettro poi di una mobilitazione da parte dei trasporti «ci porta ad avere ancora meno materiale per lavorare in cantiere».
A ciò si aggiungono gli aumenti generali che, seppur variabili, consistono in un «+500-600% di energia; +200% di ferro e acciaio da costruzione; +30% di calcestruzzi. In media – fa riassumendo – vi è un aumento del 70-80%».
Purtroppo c’è da rendersi conto che «per la quasi totalità dei materiali di cui abbiamo bisogno – dice ancora Violoni – siamo dipendenti, perché in Italia abbiamo fatto sempre politiche di esportazione della manodopera o esportazione delle lavorazioni. Abbiamo anche sempre seguito politiche, da un certo punto di vista anche giuste, di rispetto per l’ambiente e quindi ci sono determinate aziende che hanno chiuso e non possono più operare perché la legge non glielo permette. Di conseguenza però – spiega Violoni – la legge non trova una via di uscita per farle lavorare».
Si tratta dunque di un problema annoso, diventato ancor più grave in quest’ultimo periodo. «Sono 20 anni che l’edilizia somma problematiche e il Governo non ce ne risolve neanche una. Sono 20 anni – ribadisce – che siamo soppressi dalla burocrazia e oggi siamo arrivati al limite. E’ arrivato il giorno e il momento di premere il tasto ‘reset’ e riscrivere tutta quanta l’architettura che gira attorno all’edilizia, se la si vuol fare ripartire».
Ora, si attende l’incontro con Legnini anche perché «se non verremo ascoltati, ormai le cose da fare sono poche – conclude -. Abbiamo la possibilità di mettere in moto o meno le nostre aziende; ma questo significa lavorare in condizioni pessime e portare alla chiusura di tutto nel giro di breve, sperando che un giorno qualcuno capisca le nostre esigenze». Una prospettiva tetra, alla quale non si deve arrivare.
Fabio Fiori, Massimo Ubaldi, Rodolfo Brandi
Massimiliano Celi
Massimo Ubaldi
Fabrizio Fiori
Stefano Violoni
Rodolfo Brandi
Ora volete far credere che tutto quello che usiamo viene prodotto in Ucraina e in Russia, con il covid aumentati i prezzi perché la Cina non mandava più componenti, ricambi ecc, scrivete dappertutto Made in Italy ma poi si scopre che in Italia non si produce più nulla. Il problema è che i soldi li vogliono tutti prima all'ordine altrimenti non ti consegnano la merce e i lavori vengono pagati invece dopo ma molto dopo averli fatti e quindi alle imprese edili manca la liquidità e poi i soliti avvoltoi che giocano al rialzo delle materie prime per la ricostruzione. Non se ne esce più
Stefano Perucci la fretta ... governi di sx prima e di dx ora non riescono.a fare. Nel sisma del 1997 dopo 5 anni.avevamo praticamente completato.il grosso della ricostruzione
Valentino Lampa non eravamo nell'euro..... E se so magnati le vacche e anche lu vitellu ..... Poi governo di dx quale sarebbe dal2016?
Valentino Lampa Valentino non c'è voglia di ricostruzione..io ho avuto la casa frenata nel 82 dove è sparito un intero quartiere borghetto ai pressi di ancona e mezza posatora io ho sofferto 5 anni .. prima di avere na casa nuova ..mi consolo ciao
Allora si che si sbloccheranno
Povera italia
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