di Ugo Bellesi
In queste settimane di caldo torrido che ha tormentato le nostre città certamente in molti avranno pensato che ben peggiori erano le condizioni di vita dei nostri fratelli terremotati costretti a vivere in casette di 40 metri quadri, spesso esiliati in zone lontane da servizi essenziali e privati anche della presenza di un bar, di qualche punto di ristoro e addirittura di un salone riunioni dotato di aria condizionata. Più d’uno di quei terremotati ci ha inviato messaggi che dicevano quasi tutti le stesse cose: «A cinque anni dal terremoto ci troviamo a vivere come allora anzi forse peggio. Infatti ci hanno chiuso gli sportelli bancari, le farmacie come i negozi di generi alimentari sono lontani, vogliono chiudere anche le scuole perché ci sono pochi alunni, e non abbiamo neppure una chiesa vicina in cui pregare». La condizione peggiore è quella degli allevatori che non hanno l’acqua per i loro animali e i rifornimenti sono assicurati soltanto dalle autobotti. E questa situazione non può andare avanti all’infinito in quanto occorre risolvere il problema alla radice, una volta per tutte.
«Il problema acqua – ci aveva scritto a suo tempo l’ex sindaco di Ussita, Marco Rinaldi – purtroppo non viene risolto con visione d’insieme per trovare una soluzione definitiva dei problemi (cioè captazione, distribuzione, posizione degli abbeveratoi) ma con soluzione tampone di alto costo ed assolutamente temporanea». Poi aveva aggiunto: «La disoccupazione la fa da padrona e soprattutto aumenta la desertificazione non solo delle persone ma soprattutto del ‘pensiero’». La fuga dei giovani e l’allontanamento delle famiglie dall’area terremotata costituiscono problemi che appaiono irrisolvibili. E proprio Marco Rinaldi ci ricorda che a suo tempo l’Università di Macerata e il Comune di Ussita avevano dato il via ad un progetto finalizzato alla creazione di un territorio a fiscalità privilegiata riguardante tutti i Comuni terremotati del 2016. Si era parlato di una fiscalità “più umana” in grado non solo di rilanciare il sistema imprenditoriale del territorio ma capace anche di attrarre nuovi investimenti grazie alla detassazione da applicare al reddito prodotto in queste aree.
Il progetto, che venne chiamato “modello Ussita”, era stato presentato, nel corso di un convegno del gennaio 2017, da Giuseppe Rivetti, docente di diritto tributario all’Università di Macerata, ed ebbe i complimenti del Quirinale. Le linee guida erano finalizzate alla creazione di una “area a fiscalità agevolata” in cui concentrare programmi di defiscalizzazione e decontribuzione rivolti alle imprese, con la finalità di favorire la ripresa e lo sviluppo di territori colpiti da calamità naturali e quindi in situazioni di grave disagio sociale, economico e occupazionale. Il tutto per agevolare non solo le imprese presenti nella zona ma anche quelle che volessero investire sul territorio con detassazione limitata ai redditi prodotti.
Il criterio della fiscalità privilegiata nel frattempo è stato adottato nel vicino Abruzzo (e non va dimenticato che questa regione, sul tema della ripresa economica, è in diretta concorrenza con le Marche), ma anche in Ungheria e Polonia e i risultati sono positivi per loro come dimostra il fatto che molte aziende italiane vogliono trasferirsi in queste aree privilegiate o vi si sono già insediate. I vantaggi sono notevoli per gli imprenditori ma anche per chi fornisce queste agevolazioni, cioè lo Stato, perché avrà minori introiti fiscali ma in cambio il privato creerà lavoro e quindi diminuirà la disoccupazione dando una spinta notevole alla ripresa economica.
Infatti dobbiamo tener conto che dopo il terremoto abbiamo avuto (e l’abbiamo anche ora) la pandemia con conseguenze gravissime per il tessuto economico e sociale del nostro territorio. I dati Istat, elaborati dalla Cgil, ci dicono che nelle Marche le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 9,3% del totale, mentre nelle altre regioni del centro Italia la media è soltanto del 6,4%. Invece le persone che nelle Marche vivono in famiglie in condizioni di povertà rappresentano il 14,6% della popolazione totale, mentre nelle altre regioni del centro Italia la media è dell’8,9%. Tutto questo è la conseguenza dei posti di lavoro persi e del più frequente ricorso agli ammortizzatori sociali. I nostri lettori ricorderanno gli articoli dedicati alle occasioni perdute che hanno avuto le Marche e soprattutto i “treni persi” dalla provincia di Macerata, che ci hanno condannato ad una condizione di retroguardia non solo con l’Italia del Nord ma anche nei confronti delle altre regioni del Centro Italia. Ebbene, oggi a quelle “occasioni mancate” dobbiamo aggiungere anche il non essere riusciti a creare un’”Area a fiscalità agevolata”; o diciamo meglio «il non aver voluto realizzare una zona a fiscalità privilegiata» come ha fatto il vicino Abruzzo.
La Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria del mezzogiorno) ha fornito nei giorni scorsi le stime del nostro futuro economico per il 2021/2022 dalle quali si evidenzia che non solo aumentano le distanze tra il Nord e il Sud d’Italia, ma che anche tra le regioni del centro Italia si sta creando un vero e proprio “distacco”: da un lato Toscana e Lazio, dall’altro Marche e Umbria. Nel 2020 il Pil della Toscana era -10,1, quello del Lazio -7,8; per le Marche era -11,2 e per l’Umbria -8,5. Nel 2021 risulta 5,1 per la Toscana e 4,6 per il Lazio; mentre per le Marche 4,4 e per l’Umbria 4. Nel 2022 sarà 4,1 per la Toscana e 3,9 per il Lazio, mentre per le Marche e l’Umbria sarà 3,8.
Analoga la situazione per quanto riguarda l’occupazione. Nel 2020 in Toscana risultava -1,6 e nel Lazio -2,4; mentre nelle Marche era -2,9 e per l’Umbria -1,4. Nel 2021 risulta 1,7 in Toscana e 1,5 nel Lazio; mentre nelle Marche è pari a 1,2 e nell’Umbria 1,4. Nel 2022 sarà 3,2 in Toscana e 3 nel Lazio; mentre nelle Marche sarà 2,6 e in Umbria 2,5. Quindi mentre fino ad ora si parlava di una “questione meridionale” oggi è tempo di sollevare il problema della “questione Centro Italia” dal momento che anche autorevoli economisti sostengono che “quella del Centro Italia è un’area dalla quale Marche e Umbria sembrano staccarsi scivolando verso sud”.
Proprio su questo tema nei giorni scorsi è stata pubblicata l’analisi fatta da cinque studiosi della Banca d’Italia i quali insistono sui problemi collegati alla carenza di infrastrutture sostenendo che le aree collocate lungo le arterie stradali e ferroviarie sulla direttrice Est-Ovest nell’Italia settentrionale, come quelle site sia sul versante tirrenico che quello adriatico per i collegamenti Nord-Sud risultano favorite. Il che penalizza non soltanto il meridione ma in particolare le zone appenniniche interne dell’Italia centrale. Analogamente per quanto riguarda la rete in fibra ultraveloce, come anche la penetrazione della banda larga mobile con tecnologia 4G, ci sono ritardi per le aree appenniniche e anche per la Sardegna. Ma l’analisi si sofferma anche sulle perdite idriche in certe zone del Centro dovute a impianti vecchi e a lesioni nelle tubature. E si denunzia pure la “situazione di sofferenza delle aree appenniniche interne delle aree centrali” per quanto riguarda il fronte dell’elettricità. I cinque studiosi della Banca d’Italia si sono soffermati anche a denunziare il fatto che il livello complessivo degli interventi dello Stato si è ridotto di oltre il 30% (il che risulta superiore ad un punto e mezzo in rapporto al Pil) dal 2009 al 2019. Contrazione che ha colpito tutta l’Italia «ma in maniera maggiore proprio quelle aree in cui il ritardo era più marcato».
A questo punto ci corre l’obbligo di fare una considerazione terra terra. Se c’è una marcata differenza tra i progressi economici compiuti da alcune regioni dell’Italia centrale (Toscana e Lazio) sicuramente, facendo le opportune analisi, ci saranno delle province che, nell’ambito delle Marche, siano già in fase di rilancio economico, mentre altre sono in sofferenza. Così è logico pensare che dove l’industrializzazione è più avanzata (azzardiamo Ancona e Pesaro che hanno anche il vantaggio di più stretti collegamenti con la vicina regione Emila Romagna che è all’avanguardia in Italia) ci siano dati statistici molto più favorevoli rispetto a quelli che si riscontrano nelle altre province. Ad esempio anche nel settore dell’artigianato in provincia di Macerata si è registrata, al 30 giugno, l’iscrizione di 165 nuove imprese, ma poiché le cessazioni erano state 205 il risultato è che abbiamo oggi 40 aziende in meno. Al contrario l’Ascolano ha fatto registrare un incremento di 17 imprese e il Fermano addirittura un aumento di 43 nuove aziende.
Già questi semplici dati parziali ci fanno comprendere facilmente quanto sia erroneo pensare che se ci sono province “locomotiva” ciò farebbe da traino a quelle che rimangono indietro. Infatti lo sviluppo diseguale di una regione ne condiziona lo sviluppo complessivo. Mentre la riduzione dei divari contribuisce alla crescita regionale. Quindi bisogna che si affermi il concetto che «Nessuno deve rimanere indietro», tanto meno le aree terremotate dei Sibillini. Non per niente la cancelliera Angela Merkel ha espresso questi concetti: «L’economia tedesca va molto meglio se Italia e Francia ripartono…La crescita delle aree deboli è la vera locomotiva in una economia integrata».
In questo clima di incertezza sul futuro della nostra economia è da sottolineare che Confartigianato imprese di Macerata-Ascoli-Fermo ha evidenziato con rammarico «il mancato inserimento delle Marche tra le regioni che accederanno alla Decontribuzione del 30%». La conseguenza sarà che questo provvedimento di ausilio alle imprese, poiché sarà applicato a macchia di leopardo, creerà inevitabilmente una ulteriore disparità concorrenziale tra le aree d’Italia, in particolare «penalizzando il nostro Distretto della calzatura già in forte crisi».
Inutile essere ipocriti, tutti sappiamo che a chi detiene veramente il potere (e non mi riferisco alla politica, ma chi la politica la domina) interessa che la gente viva nei grandi centri urbani (per noi vuol dire lungo la costa) che faccia spesa nei grandi centri commerciali, che faccia acquisti nelle grandi catene di negozi lentroterra e le piccole realtà locali rimarranno come testimonianza storica, ma non avranno più uno sviluppo vitale.
che le Marche, e Macerata in particolare, contino poco a livello politico si poteva intuire considerando i decenni che ci sono voluti per completare la superstrada Civitanova-Foligno. Purtroppo, se si spera di ricevere gli aiuti da Roma, possiamo aspettare tutta la vita. Non vedo altre vie se non il cercare di aiutarsi all'interno della Regione, cosa che è senz'altro avvenuta nei primi mesi dopo il terremoto ma poi no, a cominciare da come si sono spesi male i soldi della Regione.
Basta con questo pessimismo. La cementificazione procede spedita come non mai. 100 metri di strada costano decine di milioni di euro, ci vogliono anni e anni per completarli e la quadrilatero è la nuova Salerno-Reggio Calabria. Sulla cementificazione delle Marche stanno mangiando alla grande non solo i soliti palazzinari maceratesi e anconitani ma anche l'Albania, la Puglia e la Sicilia. Il presente e il futuro è nell'edilizia di strade perfettamente inutili dove fra non molto non passerà più nessuno. Siamo all'80% di territorio catramato e presto, quando saremo al 100%, sarà il nuovo boom.
Certo se almeno il Presidente della Regione fosse di questa provincia ...
L' importante è ristrutturare l hotel house ... il resto è noia !!
E nessuno se ne interessa per sbloccare questa situazione
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Coraggio, le prossime dosi saranno arricchite con una proteina specifica per lo sviluppo delle zone depresse.
A parer mio,molto dipende dalla nuova dimensione del mercato,ormai largamente globalizzato,la qual cosa pone problemi che le nostre aziende,di piccole dimensioni e soprattutto artigianali,difficilmente possono affrontare da sole,con la conseguenza che la strada principale non può essere quella di qualche agevolazione fiscale o creditizia,tanto meno salariale.
Bellesi questo articolo è un minestrone insipido. Si rende conto che va dal modello Ussita che dovrebbe ricalcare la creazione di aree fiscalmente franche in aree orograficamente difficili al paragone con i benefici che la fiscalità agevolata crea in Polonia e Ungheria? Benefici che vanno direttamente a scapito, tra l’altro, di quelle stesse aree depresse che avevano goduto della defiscalizzazione del passato, vedasi mezzogiorno, ma per rimanere ad aree a noi vicine veda anche l’attuale situazione ad Angeli di Rosora ed il trasferimento delle attività produttive Elica proprio nella stessa Polonia che lei cita come miraggio con perdita diretta di 400 posti di lavoro e 1400 sull’indotto.
Questo di cui parla e di cui fa una analisi a margine a dir poco sbadata non è un modello di sviluppo è un furto compiuto ai danni di chi ha ancora meno. Fa un accenno al comparto calzaturiero che non esiste più, non serve la rianimazione serve cambiare rotta come serve capire cosa e a chi la montagna deve offrire qualcosa quale modello di sviluppo perseguire, a quale target rivolgere le proprie attenzioni. Parla di PIL in un momento in cui ci si interroga sempre più frequentemente se tale indice deve esser il filo conduttore della nostra identità, se la misura della ricchezza possa essere dato dalla quantità di soldi che movimentiamo. Faccia un giro ai magazzini Amazon in Ancona e vada a che prezzo i lavoratori incrementano il loro PIL …
Tutti quelli che sono andati in visita nelle zone terremotate facendo chiaramente promesse, dovrebbero passare, appena arriverà un’altra calda esotica ondata di calore africana, qualche giorno di vacanza in una stalla insieme a tori “infastiditi” dalla mancanza d’acqua.
“… Ricostruiremo tutto, meglio di prima…”
No Comment, se tutte le Regioni avessero subito, cio’ che ha leso Macerata e i Paesi della Provincia gli ultimi 5 anni, forse le statistiche sarebbero peggiori.
Considerando che le Marche sono 2 dietro alla Lombardia, come pagamento all’erario cio’ significa che contribuiamo a mantenere l’Italia.
Pensa se non ci fosse stato il terremoto…
Rispetto per una Regione di grandi Lavoratori e per una citta’ stupenda Macerata.
Io lo chiamo omicidio premeditato, non bisogna essere scienziati politici, per capire che fine facevamo. Prima il terremoto, ed hanno risposto picche, ora il covid, e c’ha messo mezza pezza l’Europa. Ed ora tranquillamente, si dice che rimarremo indietro. MA VA ? Che scoperta ?
in effetti e verissimo in effetti macerata adesso sta al 144 posto effettivo in quando i negozi sono chiusi per ben 2 o 3 giorni alla settimana per quando le ferie non tutti fanno sapere quando ci vanno facendo infuriare l’acquirente.
a me non mi pare giusto chiudere i negozi per 2 giorni o 3 alla settimana gia molto corta che in caso di guasto improvviso dell’elettrodomestico ti da il tempo 24 ore per la sostituzione sotto garanzia.
spero in futuro non molto lontano che possa migliorare la situazione garantendo anche per i cittadini liberta di acauistare